POST-PUNK MUSIC HALL TRAGEDY

UN GENERE TEATRALE PER MUSICA DA CAMERA

di Vincenza Di Vita

Intervista ai CCC – La Casa delle Candele di Carta: Umberto Ferro (chitarre), Filippo La Marca (piano, moog e arrangiamenti), Vincenzo Quadarella (musica, testi e voce) e Daniele Testa (viola e violino) raccontano la creazione delle musiche di Wunderkammer e la loro ragione politica nel fare musicale

Una wunderkammer musicale, la vostra, a quale spazio sonoro ambisce? In particolare considerando che il vostro suono, unitamente allo spettacolo di Sterrantino, può essere coralmente definito come una sorta di “post-punk music hall tragedy”? Ascoltando lo spettacolo a occhi chiusi esso infatti restituisce una sua compiutezza, quasi fosse un radiodramma, o quella sonorità tipica di una camera da concerto senza spazio e senza tempo.

Filippo La Marca: Generalmente chi fa musica non si autodefinisce.

Vincenzo Quadarella: Questo accade perché gli arrangiamenti di Filippo (La Marca, ndr) sono incastrati in maniera efficace. Abbiamo raggiunto ciò a cui ambivamo, attraverso un coinvolgimento reciproco tra musica e testo e recitazione.

Filippo La Marca: A proposito dell’ambiente sonoro, se c’è qualcosa a cui adesso stiamo puntando con attenzione è proprio il cambio della sonorità. È un aspetto che abbiamo approfondito la scorsa estate grazie ad alcune date siciliane, sperimentando per una settimana lavori su tale aspetto legato alla sonorità, alle integrazioni tra gli strumenti e tra musicisti con storie di formazione e di genere completamente differenti tra loro, eppure in armonia.

Daniele Testa: Vorrei dire che i brani cominciano soltanto adesso, con gli attori, ad assumere una forma compiuta quindi, grazie allo spettacolo, da cui partire per poi pensare alla registrazione di un album con le voci degli attori.

Come avete lavorato tecnicamente allo spettacolo e in quanto tempo?

FLM: La scorsa estate abbiamo pensato a questo spettacolo che avrebbe inaugurato la nuova stagione di Atto Unico, ci siamo confrontati, abbiamo provato e da questi studi, insieme con Auretta (Sterrantino, ndr), abbiamo lavorato ai contenuti musicali che poi hanno condotto lei alla scrittura del testo drammaturgico, su temi come la “wunderkammer” e la poetica di Edgar Allan Poe.

VQ: Noi lavoriamo “a tema”, ciò crea una struttura musicale, più difficile da costruire ma dà una coerenza a tutto. Affrontare il discorso della ribellione e l’Otello di Verdi, rivisitato nel nostro contemporaneo, sarà infatti il nostro prossimo lavoro.

Nel testo di Sterrantino c’è un omaggio, tra i tanti, all’Orlando furioso, ma il verso s’interrompe, negando la enunciazione del “canto”. Ora, sebbene voi quattro vivete in quattro città diverse, non tutte siciliane nella loro quotidianità, ma comunque italiane, come condividete il fare esperienza di un “canto negato”?

VQ: È chiaro che gli spazi fisici sono quelli che sono, si è abbassata la qualità non solo tecnica, ma anche artistica. Chi ha vissuto un altro periodo si rende conto della differenza, noi proviamo a fare nel vecchio modo. Riguardo al “canto negato” in Italia, si tratta di una intera “cultura negata”.

FLM: Anche a Bologna, dove vivo, le cose non vanno bene, il teatro ha gravissimi problemi di ordine amministrativo, sia quello sinfonico sia quello lirico. Musicisti dai nomi autorevoli hanno difficoltà lavorative. Secondo me sta cambiando il mercato e non siamo pronti.

E dove stanno andando?

FLM: Secondo me non si può più vivere solo vendendo un disco e facendo serate di promozione al disco, ed è sempre più evidente che è stato modificato il carattere commerciale della distribuzione. Ci si può adattare ma rinunciando un po’ alla qualità.

VQ: Il vantaggio della diffusione web è la possibilità per chiunque di arrivarci. Il problema è però l’assenza di un controllo qualitativo.

DT: L’autentico contenuto musicale si sta sempre più perdendo, da un punto di vista commerciale, nessuno compra più. Manca la possibilità di scelta, tutto è dettato dal mercato della visibilità e quindi dall’economia.

A parte i talent show, che soluzione ci sarebbe, se c’è?

FLM: Come abbiamo tentato di dire già più volte l’unica soluzione è fare gli asini. Continuare a fare, nonostante tutto, non arrendersi. Noi facciamo tutti molti lavori differenti in città diverse. Ma si può fare, anche perché non è detto che aggregarsi al gregge comporti dei vantaggi economici. Inoltre mettersi insieme e fare squadra, avvicinare i linguaggi delle arti è una soluzione che noi abbiamo già intrapreso.

DT: Se si crede davvero in qualcosa bisogna fare di tutto per essa, a prescindere da tutto e da tutti.

Umberto Ferro: La soluzione è quella che noi abbiamo già intrapreso e nella quale insistiamo. Oggi se vuoi suonare, non puoi soltanto fare l’artista, devi anche lavorare con la musica.

VQ: Intanto noi ci divertiamo, avendo la fortuna di condividere questa realtà insieme.