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a cura di Ignoto Siciliano

Nella prima metà dell’Ottocento i neonati Stati Uniti d’America attraversavano uno dei momenti più felici della loro storia. La Seconda Guerra con la Gran Bretagna aveva definitivamente consacrato la libertà delle tredici colonie e, già a metà Ottocento, i territori si allargavano smisuratamente, dal bacino del Mississippi (fino al 1821) al Texas (1845). In quegli anni la popolazione passò dai circa 7 milioni del 1812 ai 23 milioni (in 31 Stati) del 1852. Dunque proprio in quel periodo gli States ponevano le basi del miracolo economico che li avrebbe coinvolti entro la fine del XIX sec. Per capire la politica americana di quel periodo dobbiamo analizzare due grandi problematiche: il concetto di frontiera e la schiavitù.

La frontiera americana, quel “West” che tanti film ci hanno narrato con traballante precisione storica, è stata uno degli elementi portanti della storia di quel Paese. L’espansione a Ovest da parte prima di cercatori d’oro, fuggitivi, e poveri contadini, seguiti poi dalla nuova borghesia rampante, creò dal nulla intere città e interi costrutti sociali sicuramente diversi da quelli europei. Il concetto di frontiera da parte dei coloni si scontrò però, com’è noto, con il concetto millenario di “territorio come casa” da parte degli indigeni. Intere popolazioni autoctone furono nei migliori dei casi deportate e depredate delle loro terre ma, più di frequente, furono semplicemente sterminate. Un particolare Presidente, Andrew Jackson, detto l’uomo dell’Ovest, fu fautore dell’esproprio legale delle terre ai nativi, già nel 1830 con il famoso Indian Removal Act votato dal congresso, che costrinse numerose tribù a spostarsi in una sorta di riserva che oggi corrisponde, più o meno, all’Oklahoma.

Altro elemento importante fu la schiavitù. È noto come già in quegli anni, le economie dei Paesi del nord America e quelle del sud, divergevano clamorosamente. Industrializzazione e modernizzazione, al nord; piantagioni infinite di tabacco, canna da zucchero e, soprattutto, cotone, al sud. Diverse erano anche le esigenze economiche: protezionismo per le merci, al nord; necessità di non avere dazi, al sud.  Ovviamente, l’economia del sud era fondata sulla schiavitù che nelle zone settentrionali era praticamente scomparsa già dagli inizi del secolo. La costituzione aveva formalmente abolito la tratta degli schiavi, ma nel sud del Paese l’economia, anzi la ricchezza delle grandi famiglie bianche, si reggeva tutta sulle spalle degli schiavi che lavoravano le terre. Questo tipo di impostazione porterà, com’è noto, alla Guerra di Secessione (1861-1865) vinta dal neonato Partito Repubblicano degli Stati del Nord, guidato da Lincoln che poté così abolire la schiavitù. È singolare notare come i concetti di libertà, migrazione e integrazione siano stati invece invertiti, oggi, nei due grandi partiti americani, Repubblicani e Democratici.

In quei primi anni dell’Ottocento, un altro Presidente passo alla storia con una delle primissime famose “dottrine” americane: James Monroe, che nel 1823 enunciò la “dottrina della non ingerenza”. Approfittando dell’indipendenza di ormai quasi tutta l’America del Sud, Monroe sentì la necessità di dovere negare l’ingerenza dei Paesi europei nelle vicende dell’America, di tutto il continente americano. Dunque l’America agli americani o, parafrasando malignamente, l’America del Sud sia dipendente solo dall’America del Nord. Ahimè la storia dei secoli successivi ha ampiamente dimostrato lo strano concetto d’indipendenza degli USA. Dunque in quegli anni, la prima metà dell’Ottocento, gli Stati Uniti formavano la propria economia rampante, costruivano letteralmente le proprie basi culturali e sociali, non dimenticando la dipendenza quasi vitale di ogni singolo nuovo costrutto sociale dal fortissimo sentimento religioso che, tutt’oggi, è alla base del “sentire comune” americano.

 

18 giugno 1812
Gli Stati Uniti dichiarano guerra all’Inghilterra

1821
La zona nota con il nome Le Fleur’s Buff – coltivata e colonizzata dal franco-canadese da cui prende il nome – viene compresa e identificata con la prima capitale del nuovo Stato del Mississipi

28 maggio 1830
Andrew Jackson, settimo presidente degli Stati Uniti d’America, firma l’Atto di rimozione degli Indiani

29 dicembre 1845
Lo stato schiavista del Texas diviene americano