RIFLESSIONI SU “WUNDERKAMMER”

di Maria Adelaide Morabito

Per chi come me aveva già seguito diverse filate dello spettacolo durante le prove è stata un’ulteriore scoperta, arrivare a teatro, vedere uno spettacolo che già “si conosce” e uscire comunque, a sipario chiuso, con una nuova sensazione dentro.
I quattro attori sulla scena (William, Wilson, Ulalume, Ligeia) incarnano quattro dei personaggi più famosi della poetica di Poe.
Ognuno di loro è alter ego del Maestro e per questo ne diventa anche rivale. Nello sviluppo della rappresentazione, William diverrà voce assoluta di Poe e cercherà i suoi personaggi/spettri per dialogarci e ricordare qual è la sua stessa natura o scoprire degli aspetti nuovi del suo essere umano che spesso per timore della verità, ognuno di noi fa fatica a riconoscere come suoi.
Sulla scena vi è la (ri)scoperta e la ribellione dell’uomo contro quelle che sono le tante sfaccettature dell’io e come ciò porti poi alla “follia”, che a differenza di qualunque interpretazione in chiave medica, consiste nel puro sentire dell’essere.

È stato intrigante, una continua unione e divisione di stati d’animo.

La band con i suoi pezzi spezza il ritmo e allo stesso modo lo accompagna, facendo da sottofondo agli attori che, in coro, creano un gioco di voci e parole.

In questo chiaroscuro della scena, nei testi cantati e nei testi parlati, nel forte pathos si ritrova un richiamo alla tragicità e liricità del teatro greco.

 

Foto di Stefania Mazzara