APPUNTI DALLA TERRA DELLE CENERI #28

Diario delle prove di “Prometheus“, QA-QuasiAnonimaProduzioni
a cura di ELENA ZETA

lunedì 15 maggio 2017

GIORNO VENTOTTO

“Sold out e lunghi applausi” [1], per la “sfida teatrale della giovane drammaturga e regista messinese Auretta Sterrantino”[2]. “Una prima assoluta per una riscrittura” [1] di Prometeo, “che nei secoli ha affascinato autori antichi e moderni” [3], con “il suo mito ancestrale e la tensione verso il divino che diventano metafora del contemporaneo” [2].

“Alla Sala Laudamo della città dello Stretto”[2] “si è conclusa la stagione della rassegna Atto Unico, che ha proposto spettacoli innovativi e di nuova drammaturgia” [2], “dedicata quest’anno ai grandi maestri della formazione teatrale” [3], con Prometheus-O del fuoco, maestro di ogni arte, “concepito come omaggio a Fernando Balestra, ex sovrintendente dell’INDA, Istituto Nazionale del Dramma Antico, scomparso prematuramente lo scorso 3 giugno” [1], con cui “i fondatori di QA” [5], “impegnati in questi ultimi anni, tra rivisitazione delle tragedie classiche , miti e fabule bibliche”[2], “hanno a lungo collaborato”[5].

 

“Sipario aperto: si aggirano guardinghi, respirando un’aria sospesa tra semioscurità e sonorità inquiete”[4] delle “musiche composte da Filippo La Marca”[4]. “Un’azione ripetuta ossessivamente” [1]. “Rumori postindustriali di fabbriche”1. “Efesto sposta legna” [1] tra “sonorità ferrose e lucenti a testimonianza di una più che accurata ricerca sonora che determini la giusta trepidazione in un panorama post-apocalittico” [4]. “Compare e scompare dallo spazio scenico nei meandri della sua fucina” [1].

“Si avverte come parentesi catartica e di preparazione ai fatti che seguiranno” [4]:
“i versi ungarettiani, Si sta come/d’autunno/sugli alberi/le foglie [4].

“Prometeo, liberatosi dalle catene” [2], “trascorsi i trentamila anni della sua pena, raggiunge Efesto per chiedergli delucidazioni su quanto ha visto: il nulla, il deserto, la morte” [1]. Suo obiettivo “svegliare la coscienza del dio del fuoco e recuperare una situazione che sembra compromessa” [3], “arso da un impeto che lo porta a cercare di ottenere quel che vuole, in qualsiasi modo [1].

“Oreste De Pasquale traccia i contorni di un ottimo Prometeo, presente e tumultuoso” [4], “chiamato a un’interpretazione totalmente irriverente del titanico Prometeo” [1].

“Sergio Basile –Efesto davvero potente e vivido, calato pienamente nel ruolo, che mostra la sua lunga abilità attoriale” [2] “di sublime intensità. Sguardo spento ed anima accesa dalla volontà ferma e dal rispetto dell’armonia. Trascina il suo passo, con energia lieve ma decisa, padrone di un’espressività interpretativa che rapisce” [4], “regala un’interpretazione profonda che squarcia il dolore per dare corpo a ogni parola, ogni silenzio, ogni respiro” [1].

“Sommo cardine dell’intero testo drammaturgico, lotta tra potere e libertà, tra morte e vita. È la vita stessa il fine ultimo e non il mezzo[4]. “Partendo da Eschilo e riprendendo diverse scritture sinestetiche” [2], “un faccia a faccia tra il dio titano dal temperamento ribelle e impetuoso, che rubò il fuoco per donarlo agli uomini, ed Efesto, dio del fuoco debole nel fisico e martoriato nell’animo, che per ordine di Zeus lo incatenò ad una rupe” [3].

“Due divinità, interpreti di un percorso che utilizza la maieutica e la sofistica” [3],  “che vive e si consuma nella dialettica del pensiero” [1], “un dialogo apocalittico che diventa scontro tra punti di vista, tra l’idea stessa di potere, libertà, paura, vendetta” [2], e “che è, in fin dei conti, una lente puntata sulle conseguenze: perché ogni gesto, anche il più piccolo porta con sé conseguenze che trascendono il singolo e finiscono spesso per interessare la collettività” [1]. “Due divinità dai sentimenti umani” [3], “alla ricerca del proprio fuoco vitale” [2], “accomunati dall’essere entrambi soggiogati dallo stesso potere: la tirannia di Zeus, padre degli dei, che aleggia in scena” [3].

“Dal condotto del cratere si fa strada una figura di donna, è Bios, Vita, Madre e Fuoco, cuore della Terra, nero e spento, sofferente e combattiva” [4].  “Presenza muta ma intensa” [3] “e forte nel gesto” [1],  “Loredana Bruno che, nell’eloquenza del movimento, in un vortice di ansimi e potente gestualità” [4], è “protagonista di una scena scarna ma potente” [1].

“Un’istallazione, che sembra un vulcano sciolto in una colata di piombo fuso” [1], “è elemento scenico dominante, scelta minimale ma esaustiva” [4]. “L’incudine e pochi elementi simbolici e funzionali” [1] e i “costumi, curati da Valeria Mendolia, si sposano eccellentemente con le atmosfere” [4] di uno spettacolo “onirico, eppure plasticamente materico grazie anche alle luci” [1], “di Stefano Barbagallo raccontano suggestioni fortissime” [4].

 

“Uno spettacolo in cui tutto si scarnifica per cercare di attraversare il tempo e approdare oltre il contemporaneo” [1]. “Mantenendo radici nella tragedia antica si apre, di converso, a riflessioni e letture moderne” [4]. “Una lettura che sembra direttamente riferirsi al panorama dei tempi moderni, facendo leva sull’attualità del mito” [1], “rendendolo attuale e, lontano da invadenze e forzature, più vicino alla realtà del nostro tempo” [4].

“Inconsueta ed originale l’angolazione” [4], “un punto di vista insolito per analizzare il mito” [1], “un sud drammaturgico capace di parlare d’avanguardia con uno sguardo intelligente alle proprie radici e alla classicità” [2]. “Ma anche, semplicemente, rassegna di sentimenti perfettamente riconoscibili” [3].

 P.S.

“Completa il cast Elena Zeta, assistente alla regia” [1].

 

[1] L’Eco del Sud, 17 maggio 2017
[2]  Sergio Di Giacomo, Avvenire, 06 giugno 2017
[3]  Marco Bonardelli, La Gazzetta del Sud, 17 maggio 2017
[4]  Marta Cutugno, Carteggi Letterari, 16 maggio 2017
[5] L’Eco del Sud, 9 maggio 2017