NAVIGANDO COME SPAZIOTEMPONAUTI #2

Diario delle prove di “QUARANTENA“, QA-QuasiAnonimaProduzioni

a cura di Elena ZETA

 

GIORNO 14

lunedì 14 maggio 2018

C’è il rock. Il jazz. C’è la musica classica. Il liscio. C’è il valzer, il metal, l’hip-hop, lo swing, c’è il blues, la breakbeat, il funk, c’è la musica country, la latino-americana, il raggae, il rhythm and blues, il punk, c’è la musica sacra, quella popolare, la tekno, la techno, l’opera…

…e poi c’è la musica componibile.

Ricordo ancora la prima volta che lessi sulla copertina di un cd “musica componibile”: andai da nonricordochì del gruppo a chiedere spiegazioni. La spiegazione è più o meno che la musica componibile è “musica che si può comporre”. Ognuno la fa a modo suo, ognuno trova la sua formula.

La formula della Quarantena è abbastanza semplice:

{[( ??? ??? )]+?? ]−??} : ????

 

SVOLGIMENTO

1) Dato uno spazio spz  moltiplicarlo per il corpo crp, come mostrato in precedenza.
È ugualmente possibile moltiplicare il corpo per lo spazio, in quanto l’ordine dei fattori non cambia il risultato: l’intenzione.
Intenzione: orientamento della coscienza verso il compimento di un’azione, direzione della volontà verso un determinato fine.

2) All’intenzione sommare un’emissione vocale vc.
Il risultato ottenuto con questa operazione è l’intento.
Intento: il fine che ci si propone raggiungere e a cui tende l’azione e il desiderio.

3) Sottrarre la luce lc.
(…nel caso di prova. In caso di spettacolo la luce va aggiunta, ma di questo parleremo più avanti)
Alla fine dei calcoli avremo ottenuto l’ambiente.
Ambiente: complesso di condizioni sociali, culturali e morali nel quale una persona si trova e sviluppa la propria personalità, o in cui, più genericamente, si trova a vivere.

4) Dividere l’ambiente nella relazione rlzn.
Il risultato dell’equazione sarà l’agire della nostra Quarantena.
Dal latino agĕre, “spingere”, e poi “fare, compiere un’azione”.
Determinato da complemento (es. “sullo spettatore”), esercitare un’azione, influire su persona o cosa.

Ma di questo parleremo nell’ultima puntata, quando la partitura sarà completa, con i suoi complementi alle poltrone.

 

GIORNO 15

martedì 15 maggio 2018

Sentivo la mancanza del mio fedele compagno, assistente dell’assistente, il puntuale e discreto scotch carta, inseparabile scudiero e portalance di ogni cavaliere dell’arte.
E quelle linee così bianche, così dritte, così reali nel loro reticolare lo spazio, come se alzassero muri che sfondano i soffitti fino al cielo, è una pena doverle staccare ogni volta. Ma è un piacere ritirarle ferme e nette, incorporee eppure così tangibili.

«Abbiamo come un trittico, su questo palco» dice Auretta.

Un trittico piano, che a proiezione ortogonale si rifletterà nella scena di Valeria. Ma intanto abbiamo un trittico di palco. Tre sezioni, tre spazi, tre intenzioni, tre pale, tre corridoi, tre campi.

In quello centrale sistemiamo accuratamente delle panche, per rialzarlo, per creare un prototipo di pedana.

Bisogna accettare la pedana. Bisogna usarla. Ma come? Calpestarla no, scavalcarla. Ma come?

«Dobbiamo fare uscire un senso dalla rampa, evitare di farci fagocitare da questo ostacolo.
− la rampa è un interstizio, un’incidentale, che separa e unisce −
Bisogna dare un senso alla rampa. Trovare un motivo per salire e scendere».

Un’intenzione. La formula è sempre la stessa: il corpo moltiplicato lo spazio [ndr. vedi sopra. GIORNO 14].

Il difficile, ora, è trovare le giuste proporzioni. E per farlo non c’è altro modo che tentare, sperimentare, bruciare molte torte prima di assaggiare quella perfetta.
E così partiamo con una pulizia/incremento del montato, pagine 3-20.
Ripetiamo tutto, in modo che la conoscente pedana diventi amica, entri a fare parte del gruppo, dello spazio, dell’ambiente.

Oggi a quanto pare è la festa della regione. Per i minorenni e relativi lavoratori è festa. Forse anche per i dipendenti della regione. Comunque noi siamo soli, qua dentro. Possiamo concederci una pausa un po’ più lunga del solito, dopo e prima di un po’ più lungo del solito lavoro.

Dopo la pausa, facciamo il montaggio 22-32, tutti insieme, anche la pedana.

Pedana come campo e come altare, altare sacro, connesso all’esperienza di una realtà diversa, rispetto alla quale l’uomo si sente radicalmente inferiore, restandone atterrito e insieme affascinato; altare sacrificale, che comporta la sottomissione attraverso l’offerta a Qualcuno (e quindi la rinuncia per sé) di un dono, una cerimonia, un’invocazione, una preghiera. Scontare, riparare una colpa, fare ammenda o accettare con rassegnazione la punizione, per placare la Divinità.

Tutto sommato cavalchiamo. Sarà pure un ronzino, ma trotta. E sotto di noi si trasforma in un fantastico destriero, che impavido ci lancia verso i nemici, trenta, quaranta, cinquanta giganti smisurati, da sconfiggere in battaglia con legno aguzzo, un palo da conficcare a lancia nell’occhio del guardiano.

E poi?