IL TEATRO CHE NON TRADISCE

A CURA DI ANGELO MORABITO

Traditori. Contro il ministro dei temporali è il secondo appuntamento della sesta edizione di Atto Unico. Scene di Vita. Vite di Scena, diretta da Auretta Sterrantino, che ha debuttato in prima nazionale il 27 gennaio nella Chiesa di Santa Maria Alemanna, a Messina.

Trattasi di uno spettacolo-concerto ideato da Vincenzo Quadarella che ne è al contempo interprete vocale, narratore e cantautore, accompagnato da Daniele Testa alla viola e al violino, l’allestimento è di Valeria Mendolia, la produzione di QA-QuasiAnonimaProduzioni.

È un viaggio, un percorso quello di Quadarella che sviscera copiosi temi e alimenta quelle riflessioni che dovrebbero accompagnare l’agire quotidiano di ogni “persona”, ed è proprio così che si definisce in occasione di un’intervista del critico teatrale Vincenza Di Vita:

«Io mi considero una persona. Sono una persona che legge e credo che oggi manchi l’abitudine alla lettura.
Mi considero anche qualcuno che ha la fortuna di dire delle cose in pubblico, grazie al teatro».

Quali sono queste “cose” di cui parla l’artista? Tante sicuramente, ma finemente collegate e intrecciate al concetto di “tradimento”, che rappresenta anche il filo conduttore dell’introspettiva che quest’anno QA-QuasiAnonimaProduzioni dedica alla rassegna. Un tradimento della storia perpetrato dall’uomo ai danni di se stesso.

In scena Quadarella si muove disinvolto con un rosario cattolico tra le mani mentre recita i cinque misteri dolorosi, sistema che gli permette di introdurre i temi scelti, accompagnati da intense performance musicali; alle spalle dell’artista, su carta da imballaggio si susseguono diversi quadri.

Nel primo si legge a caratteri cubitali:

«Tutti gli ideali sono pericolosi perché avviliscono e condannano il reale»

citazione del grande filosofo tedesco, più volte ripreso nel corso della serata, Friedrich Nietzsche e nucleo portante dell’intimo messaggio che anima le riflessioni del performer.

Attraverso l’espediente dell’invasione delle cavallette, il collegamento e l’analisi delle ondate migratorie africane è immediato e Quadarella ne individua le cause scatenanti, riscontrando nella Conferenza di Berlino del 1884-85 l’esordio di questa “piaga” che negli ultimi anni risulta essere come un fiume che esonda dal suo letto e che non si riesce (o forse non si vuole) arginare; complice e co-responsabile il rigido controllo operato dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale.

Si passa, non a caso, al ruolo degli intellettuali che nella storia contemporanea rappresentano, agli occhi di Quadarella, l’emblema del tradimento ai danni della società.
Incapaci di una corretta interpretazione della modernità, di un ampio e lucido sguardo verso il futuro e piegati alle contingenze dei propri interessi e bisogni non riescono a farsi portavoce di quei principi che più di tutti dovrebbero animare il loro agire, e indurli a prospettare vigorosamente nuove categorie assiologiche.
Ed ecco l’attuale catastrofe dei valori, la totale inabilità al discernimento, l’annichilimento di ogni pensiero critico che funga da “faro della società”.
Ma fortunatamente non è sempre stato così.  Quadarella richiama alla memoria collettiva quattro grandi figure del Novecento nell’ordine che segue.
Il primo è Friedrich Nietzesche, filosofo, non traditore, ma tradito dalla stessa storia, strumentalizzato dal regime nazista a seguito di una sconcertante manipolazione, post mortem, dei suoi scritti a opera della sorella.
Hannah Arendt, filosofa ebrea donna, ebbe la capacità e l’onere di evidenziare, nella Banalità del male e in Vita Activa, il contraddittorio logico dei regimi totalitari, e il contesto sociale nel quale questi ideali prosperarono.
I poeti albanesi Musine Kokalari e Visar Zhiti sono citati per la loro storia, i loro ideali difesi con ogni mezzo, rappresentano la giusta antitesi alla figura dell’intellettuale moderno.
Tutto converge nel brano di De André La domenica delle salme che attraverso la toccante interpretazione di Quadarella, sempre accompagnato da Daniele Testa, coagula ogni riflessione della serata.
Come di consueto, dopo lo spettacolo-concerto, inizia il dibattito veicolato da Vincenza Di Vita, docente di drammaturgia dell’Università degli studi di Messina, critico teatrale e direttore dell’Osservatorio Critico di QA-QuasiAnonimaProduzioni.
Intervengono, insieme agli stessi interpreti, Giovanni Raffaele, professore di Storia Moderna, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Messina, Pier Luca Marzo, ricercatore in Sociologia Generale, docente di sociologia generale e sociologia dello Spettacolo, Dipartimento di Scienze cognitive, psicologiche, pedagogiche e degli studi culturali, Università di Messina.
Si continua così a discutere ininterrottamente per qualche ora e ci si confronta su quanto emerso dalle coinvolgenti parole di Quadarella e dalla potenza vibrante dei suoi brani che fuor d’ogni dubbio sono riusciti a scuotere le coscienze dei presenti.
Dopo avere esaminato minuziosamente questi “tradimenti” ciò che affiora chiaramente è lo scopo necessario e indispensabile del teatro, che si concretizza nella ricerca continua e incessante, nell’impellente esigenza di rispondere a degli interrogativi, nella semplice (quanto rara) riflessione.