A CON-TATTO CON STAY HUNGRY

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2020 – MESSINA
di William Caruso

30 luglio 2020

Al Cortile Teatro Festival va in scena per il sesto incontro della rassegna, presso il Palazzo Calapaj D’Alcontres di Messina, Stay Hungry – Indagine di un affamato, spettacolo di e con Angelo Campolo, attore e regista messinese formatosi alla scuola del Piccolo di Milano con Luca Ronconi e finalista Premio Ubu 2016 nella categoria “migliore attore under 35”. Lo spettacolo è di produzione della Compagnia DAF – Teatro dell’esatta fantasia ed è stato vincitore del premio milanese Nolo Fringe Festival nel 2019 e del Premio In-Box nel 2020.

«Quando una persona smette di essere una persona e si trasforma in un concetto? Quando smettiamo di essere ciò che siamo e diventiamo un’astrazione?».

La parola uomo deriva dalla radice sanscrita bhu- che successivamente divenne hu-: uomo significa “creatura generata dalla terra”. L’uomo ha cambiato radicalmente il suo contatto con la vita nella società moderna: oggi, nell’era digitale, la vita reale si è spostata, ci ha intrappolati in un modo di essere assenti, asimmetrici. L’uomo si è denudato della sua identità e ha costruito il suo essere attorno all’astrazione. I social, i media sono protesi traslate di noi stessi, mezzi che frantumano l’identità dell’uomo, annullandolo in questa nostra società multidimensionale. Oggi è difficile identificare tutto questo, poiché essere nella nostra modernità significa, come diceva Bauman, «essere incapaci di fermarsi e ancor meno di restare fermi», quindi incapaci di riflettere. Questa incapacità di riflettere porta senza ombra di dubbio a non considerare tutti i diversi aspetti che stanno modificando la concezione della vita nella società. Dopo diversi mesi, anche lo stesso virus Covid-19 è stato risucchiato dal nostro sistema fagocitatore, diventando silenziosamente e inavvertitamente normalità, quotidianità agghiacciante. Per non parlare di tutti gli effetti collaterali che la pandemia ha creato nel mondo, come per esempio l’aumento del flusso migratorio dai paesi africani. Riguardo proprio alle migrazioni, secondo il blog collettivo Le Nius, nei primi sette mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 14.008 persone, con un incremento del 268% rispetto allo stesso periodo del 2019. Ma di tutto questo noi cosa vediamo? Numeri, statistiche? In tutto questo, riusciamo a vedere l’uomo, con le sue emozioni, fragilità, sogni, necessità?

Da queste basi, Angelo Campolo ha avviato una riflessione sull’identità dello straniero, che prende forma nel viaggio autobiografico di Stay Hungry – Indagine di un affamato.

Lo spettacolo ci proietta in un ambiente timido, uno studio illuminato da luci soffuse (la scenografia minimale è di Giulia Drogo): a una scrivania l’interprete è al suo computer e ci racconta della quotidiana attività di stesura di un progetto, facendo passare su un grande schermo diverse slides riguardanti un bando europeo di integrazione sociale. L’ennesimo bando sui migranti, l’ennesima opportunità per le associazioni culturali di usare l’idea dello straniero come un business.

«Non esiste giustizia per chi vive sulla stessa parte di terra»

Col microfono in mano, Campolo interpreta se stesso in un viaggio che di anno in anno smaschera questo mondo, dal generale al particolare, dal campo largo al dettaglio, da un sistema fatto di leggi e linguaggio burocratico al valore di una vita umana. L’esperienza dell’interprete è viva, sentita, fatta di ricordi e sudore. Quello che vedo è l’attore, messo a servizio di un racconto che appartiene al vissuto di Campolo uomo, carne da macello per un messaggio più grande. L’attore guida la storia di un uomo, ne restituisce la verità nel suo essere essenziale.

Campolo riattraversa col pubblico il suo lavoro degli ultimi cinque anni nell’ambito dell’immigrazione e ne mostra i paradossi, le corse di una società affamata del dio denaro, che arraffa con ingordigia tutto quello che è oro, anche i migranti, sì, anche loro affamati, ma di sogni, di possibilità.

A un certo punto sullo schermo viene proiettato uno sfondo a quadrati blu, un mosaico virtuale che rimanda al mare, al profondo Mediterraneo che inghiotte instancabile vite in cerca di speranza, di una ripartenza.

Lo spettacolo lascia mille domande nella testa: chi è oggi lo straniero? Chi è oggi l’affamato? Con Stay Hungry rivedo le fragilità umane del nostro tempo e soprattutto degli ultimi anni. Rivedo la crisi globale del Covid-19, che ha mostrato in realtà la totale interconnessione di tutti noi. La nostra società non è fatta di singoli individui, poiché oggi l’individualità è astrazione.  Noi siamo comunità in relazione, siamo tutti legati, in un con-tatto, uno stare insieme che dovrebbe avere la consapevolezza che la vita dell’altro dipende anche dalla mia di vita e dalle mie di azioni. Questo lascia Stay Hungry nella testa.

Il teatro non è altro che un raccontare e un raccontarsi, aiuta a capire gli altri e se stessi prima di tutto.  Si esce affamati da questa serata, sì, affamati di conoscere l’altro, di ritrovare le proprie radici umane, e forse, per questo, «bisognerebbe essere da un’altra parte, senza nessuno intorno, senza pensare ai soldi e a questa fottutissima pioggia, tranquilli, magari seduti sull’erba o qualcosa del genere, senza doversi muovere più, con un sacco di tempo davanti a sé…»*.

 

 

STAY HUNGRY
indagine di un affamato
di e con Angelo Campolo
ideazione scenica Giulia Drogo
assistente alla regia Antonio Previti
organizzazione generale Giuseppe Ministeri
segreteria Mariagrazia Coco
produzione Compagnia DAF Teatro dell’esatta fantasia
photo Paolo Galletta
visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena

 

 

*B.-M. Koltès, La notte poco prima della foresta, 1990 [traduzione di G. Crico, Gramese Editore, 2018]