STAY HUNGRY: QUELL’ISTANTE IN CUI L’INDIVIDUO DIVENTA CONCETTO

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2020 – MESSINA
di Andrea Ansaldo

Il sesto incontro de Il Cortile Teatro Festival si è tenuto lo scorso 30 luglio e ha visto in scena Angelo Campolo e il suo Stay Hungry, produzione della Compagnia DAF – Teatro dell’esatta fantasia.

A un primo sguardo, la scena sembra più simile a un ufficio che ad altro: Campolo interpreta se stesso e siede sul lato sinistro della scenografia, è messo di profilo e guarda lo schermo di un computer. Proseguendo nella nostra carrellata visiva, l’occhio si accentra e trova un telo su cui vengono proiettati parole, volti e, di conseguenza, storie.
La narrazione è interamente affidata al corpo e alla voce di Angelo Campolo, il quale tenta di condurci in un torbido mare fatto di macchinazioni burocratiche, cinismo e stanca umanità. L’intreccio raccontato dal testo narra dei laboratori teatrali fatti dall’attore e regista messinese insieme a un gruppo di migranti, per poi aprirsi in un ulteriore racconto flashback dei fatti che hanno condotto uno di loro in Italia.
Nel tempo che Campolo passa sul palco veniamo a scoprire il sottobosco burocratico che regolamenta i bandi europei destinati alle attività d’integrazione, tra cui rientrano anche quelle teatrali. È come se le carte bollate tornassero alla loro origine vegetale per costruire un’impenetrabile labirinto di siepi, soffocante e noncurante dell’individualità di chi lo percorre. Eppure, sarebbe da incoscienti aspettarsi che la macchina burocratica conosca ogni singola storia personale e che l’abbia a cuore.
Max Weber rintracciava proprio nell’impersonalità dei rapporti interni ed esterni una caratteristica fondamentale della burocrazia, una macchina sorda a ogni supplica, idealmente equa e inesorabile nelle sue funzioni. L’essere umano contemporaneo è quindi nell’atroce posizione di dover convivere con e contro questo potere invisibile, scavando per trovarne le debolezze e le opportunità di guadagno. Weber stesso si accorse di come il nascente modello capitalistico occidentale si fondasse sui paletti imposti dagli apparati burocratici, i veri poteri forti che oggi va tanto di moda tirare in ballo.  In questo contesto, le spiagge e i centri d’accoglienza si affollano di uomini e donne da integrare, nel tentativo di allargare le strette maglie della macchina amministrativa. Nel racconto, Campolo si pone come un individuo affamato di teatro, di storie e di persone, ma al contempo presenta delle figure che non riescono a vedere oltre il lato opportunistico delle attività d’integrazione. Ma affamato non è il solo protagonista, lo sono anche i suoi allievi.
Se un viaggio nel deserto e nel Mediterraneo ti affama fisicamente, è anche vero che lo si percorre per una fame ben più intima. Che sia per benessere, per sicurezza personale e familiare o che sia in nome del principio di autodeterminazione, gli arrivi che affollano i notiziari e i media d’informazione hanno come unica motivazione la fame, ma intesa in senso più ampio: un ansioso ambire a qualcosa di più. Per molti, questi viaggi rappresentano un ventaglio di possibilità pronto ad aprirsi, la cui chiusura è rappresentata dall’approdo in un Paese che ha criminalizzato il diverso per escluderlo. Stay Hungry riflette anche sull’istante in cui l’individuo diventa concetto, in cui la persona diventa un immigrato, un disgraziato, un estraneo.
È molto semplice ignorare la specificità di un essere umano per contenerlo all’interno di una descrizione generica ed è proprio così che funziona l’apparato burocratico. Il meccanismo che muove le città e le nazioni non conosce nessuno di noi, ma sa il nostro nome, dove abitiamo, cosa facciamo e quando, lo stretto necessario per poter monitorarci. Siamo nati in questo mondo, purtroppo o per fortuna, quindi siamo figli di esso e ci comportiamo, chi più chi meno, alla sua stessa maniera. Se la burocrazia ci vede come delle figure astratte, perché noi, tra simili, non dovremmo comportarci alla stessa maniera? Cosa ci impedisce di burocratizzarci? L’empatia forse è l’arma più efficace contro la generalizzazione della massa, ma non tutti sono disposti a usarla. Dopotutto, la mela non cade mai troppo lontano dall’albero.
Stay Hungry sembra possedere l’amara consapevolezza del funzionamento di certi meccanismi e non sembra nemmeno illudersi dell’esistenza di un lieto fine, non per tutti. All’illusione preferisce attimi di sincera umanità, brevi momenti d’empatia tra simili che possono alleggerire la permanenza tra i bivi e gli incroci di questo labirinto.

 

STAY HUNGRY
indagine di un affamato
di e con Angelo Campolo
ideazione scenica Giulia Drogo
assistente alla regia Antonio Previti
organizzazione generale Giuseppe Ministeri
segreteria Mariagrazia Coco
produzione Compagnia DAF Teatro dell’esatta fantasia
photo Paolo Galletta
visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena