SAREBBE BELLO SE LA FOLLIA APPARTENESSE SOLAMENTE A NOI

INTERVISTA A F. LUNA PER IL  CORTILE TEATRO FESTIVAL 2021
a cura di Giulia C. ed Elena Russo

Il 26 luglio al Museo Regionale di Messina, abbiamo avuto modo di intervistare Filippo Luna in occasione della replica per Il Cortile Teatro Festival di Astolfo sulla luna, spettacolo diretto e interpretato da Filippo Luna, con musiche eseguite dal vivo alla fisarmonica dal Maestro Virginia Maiorana e prodotto da Nutrimenti Terrestri.

Lei ha frequentato l’Accademia del Dramma Antico della Fondazione Inda, diretta da Giusto Monaco. Da cosa è nata questa scelta?
Non è stata una vera e propria scelta ma un bisogno personale che si è concretizzato durante la mia adolescenza. Ho chiesto alla mia famiglia, a mio padre in particolare, di darmi il permesso di fare danza, lui non mi ha risposto e qualche anno dopo ho cominciato a recitare, un po’ per ripicca, non pensando che il teatro fosse la mia strada. La recitazione mi ha appassionato così tanto che a un certo punto è venuto tutto naturale, non mi sono più domandato che cosa era che volevo fare.
Io sono originario di San Giuseppe Jato e lì non c’era un teatro, non arrivavano neanche le compagnie di giro, quindi guardavo la televisione e a quei tempi era una televisione diversa da quella di oggi: potevi vedere sceneggiati in cui c’erano Nina Morelli, Paolo Stoppa, Alice Valori, c’era una scuola di attori straordinaria.
Dopo il diploma, parallelamente, ho continuato per lungo tempo a fare attività teatrale da dilettante. L’ultimo anno a scuola venne Giusto Monaco, che allora era commissario straordinario dell’INDA e disse che a Siracusa c’era una scuola di teatro, così gli chiesi informazioni e da lì in poi è iniziata l’avventura.

Quali sono stati gli incontri e i maestri che più l’hanno segnata nel suo percorso artistico?
Ce ne sono tantissimi. Ho avuto la fortuna di avere, a livello scolastico, insegnanti come Anita Laurenzi, Armando Bandini, Walter Pagliaro, Cristina Noce, Luca Biagini.
La carriera mi ha regalato collaborazioni bellissime, ad esempio quella con Giulio Brogi per tanti anni, ultimamente con Renato Carpentieri. Non si finisce mai di imparare; questo è un mestiere anche di trasmissione orale, spesso guardare i propri colleghi a teatro o guardare un film è un modo per trarre ispirazione. Io spesso prendo ispirazione non solamente da interpreti più grandi di me, ma anche da giovani attori che vedo a teatro e li trovo straordinari perché mi piace il loro modo di affrontare la scena, quindi ci sono tante persone a cui sicuramente devo tanto per la cura che hanno avuto nei miei confronti, la pazienza. Anche il mio incontro con Virginia Maiorana, con cui abbiamo stabilito questa collaborazione, è un darsi continuo anche durante le prove dello spettacolo.

In che modo ha lavorato con il Maestro Virginia Maiorana alle musiche dello spettacolo?
Innanzitutto, questo è uno spettacolo che ha già una sua vita precedente e che, per questioni anche produttive, si è fermato per un lungo periodo, rendendo difficile riconfermare il musicista. Io e Virginia Maiorana abbiamo lavorato insieme su una tessitura musicale, seguendo il testo, non integrale, che io ho confezionato, tratto dall’Orlando furioso. Ho fatto delle sezioni affinché snellissero la narrazione e fossero congeniali a quello che volevo fare. Abbiamo lavorato molto di fantasia, ispirandoci al cinema: ci sono due colonne sonore, una di 2001: Odissea nello spazio, l’altra di Interstellar; ci piaceva quest’idea che avesse anche legami con il cinema. Abbiamo lavorato anche molto di precisione perché un musicista che ti accompagna deve essere in ascolto delle parole che dici; questo è uno spettacolo di parola, in cui la musica diventa una seconda voce. Prima abbiamo studiato il testo, perché per me era più chiaro, per Virginia Maiorana lo era di meno: abbiamo letto il testo, in cui le ho spiegato la costruzione sintattica di alcune frasi affinché entrasse nella narrazione. Poi, abbiamo cominciato a lavorare insieme, stabilendo un ascolto e cercando di capire dove la musica potesse crescere, dove potesse diminuire, dove, invece, era più importante che venisse una tensione drammatica. È un lavoro che si costruisce piano piano, momento per momento, in cui tutto fila liscio come l’olio.

Che parallelismo c’è tra la pazzia di Orlando e la pazzia dell’uomo moderno?
Secondo me, non si tratta proprio di un parallelismo, perché la pazzia dell’uomo moderno ha poco di fantasioso, al contrario di quella d’Orlando. La pazzia di Orlando è personale e fa male solo a lui stesso, invece, la pazzia dell’uomo moderno fa male al suo simile, fa male al pianeta e fa male alle generazioni future. Forse questo è un modo per riflettere sul concetto della pazzia e per capire quale potrebbe essere il modo per riprenderci il nostro senno attraverso il contatto con un classico. Sarebbe bello se la follia di oggi appartenesse solamente a noi, senza che si riversasse sugli altri, tuttavia questo non è possibile.

 

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena