LA RESPONSABILITÀ DELL’OGGI

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2021 – MESSINA
di Giulia C.

Il 27 luglio al cortile Calapaj-D’Alcontres è andato in scena Liberamente ispirato a La maschera della morte rossa di E. A. Poe di Simone Corso. L’attore (Carmelo Crisafulli), posto davanti al pubblico, vestendo un completo elegante tutto bianco, si presenta come il principe Prospero, protagonista del racconto dello scrittore americano. La pièce cerca di esaminare l’animo tormentato di Prospero, il supplizio e la sofferenza interiore che ogni giorno deve affrontare. La storia narra di un paese devastato da una pestilenza fatale, la Morte Rossa. Il principe Prospero, giovane impavido e felice, si rifugia in una delle sue roccaforti per sfuggire alla malattia e chiama a sé la sua corte, composta da vecchie amicizie, uomini di fiducia, ballerini e musicisti. Tutto tranquillo e pacifico, tranne che nel cuore di Prospero. Egli nasconde, dietro la sua maschera di festosità e letizia, un volto malvagio, crudele e occhi dardeggianti di odio; si serve degli ospiti per svagarsi, seviziandoli, facendogli bere intrugli procurati da Laumone, il suo più fedele servo, che portano le vittime a un completo stato di trance e indebolimento fisico. Prospero, per via del suo atteggiamento borioso, è ostile a tutti; l’unica dimostrazione di affetto proviene da una donna, Diana, la sua amante, salvata da un destino infelice e oscuro al pubblico. Di lei il pubblico ode solamente la voce (di Giuditta Pascucci) attraverso una grande cassa, alla quale Prospero confessa i suoi misfatti e le sue calunnie. Diana cerca con la sua voce calma e profonda di salvare l’amato dalle grinfie della sua cattiva sorte e dalle pene che porterà il futuro.

Alle spalle dell’attore si trova un grande schermo di color violetto, come la sesta stanza dell’appartamento del principe nel racconto, sul quale appare l’immagine di Edgar Allan Poe e, successivamente, diverse mail di Simone Corso che spiegano i motivi per cui ha deciso di riprendere questo spettacolo: un motivo fra tutti, la pandemia. Sotto lo schermo c’è un tavolo bianco di media proporzione, sul quale è riposto un pc e vicino un cavalletto con un cellulare, gli unici oggetti che permettono a Prospero di comunicare con l’esterno. Lo spettacolo è quasi privo di musica, gli unici suoni sono gli accordi di una chitarra che il protagonista suona quando è triste.

La pièce apre una grande parentesi sul futuro e sulle vane speranze di cui auspichiamo l’avvenuta. Quante volte anche noi confidiamo nel domani, ci ripetiamo: «Domani andrà meglio», «Domani cambierò», «Domani è un altro giorno». Tenere ai sogni e alle speranze è importante ma, come dice Delmore Schwartz, «nei sogni cominciano le responsabilità». Prospero non riesce ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, credendo che gli artefici della sua sofferenza siano gli altri e che lui sia giustificato a farli soffrire per colmare la sua mancanza di affetto. Anche noi oggi tendiamo spesso ad attribuire le nostre colpe agli altri, ingannando noi stessi; come il principe siamo presuntuosi, perché sbagliamo e continuiamo a perseverare, vivendo nelle nostre convinzioni. Inoltre, anche noi ci sentiamo meglio a far soffrire gli altri perché siamo convinti che aiuti a sfogarci. Prospero, come molti uomini, costruisce intorno a sé un castello di illusioni e velleità. Affida il suo cambiamento sempre al domani: crede di poter cambiare, di fuggire dalla gabbia senza sbarre che lo imprigiona, dal manto nero che lo avvolge, spera di pulire le sue mani scarlatte di assassino. Però non ci riesce: nonostante speri e confidi nel futuro, rimane ancorato al passato, non è in grado di dire addio ai ricordi spiacevoli. Tuttavia, caro Prospero, il vero cambiamento inizia da noi, oggi.

 

LIBERARAMENTE ISPIRATO A LA MASCHERA DELLA MORTE ROSSA DI E.A POE
di Simone Corso
con Carmelo Crisafulli
su un vecchio testo di Simone Corso
dramaturg Jovana Malinaric’
da qualche parte Giuditta Pascucci
produzione Nutrimenti Terrestri
visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio

 

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena