L’INNOCENZA, IL POTERE E LE SUE VITTIME

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2021 – MESSINA
di Andrea Ansaldo

Nell’ambito della rassegna del Cortile Teatro Festival è andato in scena, la sera del 30 luglio all’Area Iris, Piccola Patria di Lucia Franchi e Luca Ricci, spettacolo prodotto da CapoTrave, interpretata da Simone Faloppa, Gabriele Paolocà e Gioia Salvatori. La scena si apre su un luminoso seggio elettorale, sistemato in un corridoio che divide in due il pubblico. L’arredamento è composto da un tavolo e alcune sedie poste in un ambiente anonimo, a ricreare la classe di una piccola scuola adibita all’accoglienza degli elettori. C’è persino una LIM, come ci tiene a sottolineare uno dei personaggi. Sin dai primi dialoghi inizia ad aleggiare un senso di catastrofe, nonostante i tratti grotteschi della vicenda: San Verdiano, un piccolo comune rurale, vuole staccarsi dal resto d’Italia e rendersi indipendente tramite un referendum portato avanti da un politico locale, Corrado (Simone Faloppa). La storia abbraccia tre giorni, il prima, il durante e il dopo votazione e si sviluppa attorno ad altri due personaggi: Caterina (Gioia Salvatori), sorella di Corrado, e Lorenzo (Gabriele Paolocà), l’elemento destabilizzante della vicenda, colui che riporta a galla ricordi che è meglio dimenticare. Il primo giorno ci mostra il rapporto tra i due fratelli e apprendiamo del sogno di Corrado di diventare un leader nazionale e dividersi dal resto del mondo per non mischiarsi, una visione contrapposta alla tensione verso l’esterno che invece anima Caterina, protagonista di una fuga verso un’isola lontana tanti anni prima, una fuga necessaria a troncare i legami con San Verdiano e con Lorenzo, il pericoloso sovversivo dal passato criminale. La natura del rapporto tra loro due non viene mai esplicitata, ma comprendiamo che a unirli ci fosse un legame stretto e pericoloso. Il primo giorno semina i germi del sospetto e della diffidenza, rendendoci chiaro come ogni personaggio abbia qualcosa da nascondere. Il non detto diventa sempre più l’esplicitazione d’una oscurità latente che aleggia come una tetra presenza, che si fa sempre più concreta fino al disvelamento della verità su ciò che unisce i personaggi e sul loro legame con San Verdiano. Lo spettacolo sembra muoversi costantemente sull’orlo di un precipizio mentre porta avanti una storia che parla di potere, apertura e tribalismo. Corrado è delineato come un politico machiavellico: sorridente e rassicurante, capace di esercitare soft power e un certo ascendente sull’elettorato, nonché abile a mentire. Caterina invece è fuggita, ha lasciato il paese per costruire qualcosa di nuovo lontano da casa e lontano da Lorenzo, il violento, l’emarginato, ma anche colui che è rimasto. Lucia Franchi e Luca Ricci, autori del testo, sono stati in grado di creare un intreccio duro e amaro, similmente a quanto accadeva nel secolo scorso con il cosiddetto cinema d’impegno civile. La recitazione, i costumi e l’illuminazione urlano verosimiglianza, vogliosi di comunicare una realtà plausibile, fortemente ancorata alla nostra. Sarebbe molto facile vederci soltanto l’ispirazione storica o politica, o il dualismo apertura-chiusura. Ma Piccola Patria è più complesso di così: è una parabola sull’esercizio del potere di uomini, luoghi e simboli, e sul valore che diamo loro. L’ambiguità di fondo che caratterizza i personaggi rende la vicenda una bilancia i cui piatti pendono da una parte o dall’altra in base all’insieme di influenza e potere che i tre protagonisti esercitano l’uno sull’altro. Colpe, delitti e menzogne s’intrecciano intessendo una rete di cause e conseguenze che rende impossibile, e volendo anche inutile, trovare da che parte stia il torto e da quale stia la ragione. È pur sempre possibile lasciarsi trascinare dal sentimento rivoluzionario, dalla voglia di abbattere lo status quo che anima Lorenzo; è possibile comprendere il desiderio di fuga la nostalgia che muovono Caterina, ed è possibile lasciarsi irretire dal fascino di Corrado, ma nessuno viene risparmiato dal peso delle proprie colpe. L’ombra di un passato doloroso che accomuna i personaggi si fa sempre più scura e densa sino all’amaro finale. San Verdiano, più che un paese, è quasi un’entità da assecondare e dalla memoria di ferro, e l’evento che la sta scuotendo sembra riuscire a risvegliare l’aspetto più distruttivo della natura dei personaggi, capaci solo di ferirsi vicendevolmente. Piccola Patria declina a suo modo la provincia italiana, che tanta inquietudine ha generato nei vari linguaggi della narrazione, e la rende universalmente umana, rendendoci testimoni di inganni, desideri e relazioni che non lasciano mai sperare troppo in un lieto fine, come a volerci comunicare che non c’è innocenza nel potere.

 

PICCOLA PATRIA
ideazione e drammaturgia
Lucia Franchi e Luca Ricci
con Simone Faloppa, Gabriele Paolocà, Gioia Salvatori
e con la partecipazione in video di Alessandro Marini
scene e costumi Alessandra Muschella
disegno luci Pierfrancesco Pisani
regia Luca Ricci
produzione CapoTrave – Infinito
con il sostegno di Comune di Sansepolcro, Regione Toscana, Mibac
residenze creative Teatro dell’Orologio (Roma), Teatro alla Misericordia di Sansepolcro (Ar)
Visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
Diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio

 

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena