TUTTO È ABISSO

#INTACITOQUADRANTE: RIFLESSIONI SULLE PROVE A CURA DELL’OSSERVATORIO CRITICO
di Giulia C.

«La vita dopo avermi coi suoi miraggi illuso
mi serra intorno il suo cerchio monotono
e il mio sogno sentendo il suo orizzonte chiuso
stupito si ripiega […]».
Marcel Proust

Finalmente l’immagine di uno spartito, che sembrava incompleto e apparentemente privo di senso, diventa nitida, tersa, seppur perennemente avvolta in una nube di torpore singhiozzante e ansimante.
Qualcosa di indecifrabile mi turba. Tutto è buio. Tutto è abisso.

Vedo solo uno sguardo assente che si affida a un altro sguardo ancora troppo frastornato per scindere la realtà dalla finzione.
Vedo due corpi tremanti che si cercano e si allontanano; si abbracciano e si respingono; si amano e si odiano.
Vedo le loro membra, contorte e straziate. In essi si nasconde il nemico interiore, il doppio intransigente che va alienato all’instante.

Il tepore della notte acuisce le ferite dei due, lui e lei, soli, uno di fronte all’altro, uno in contrasto e in unione con l’altro. In perfetto ritmo serrato, vengono inabissati prima da un vento gelido, poi da una calda luce soffocante. Non respirano, non vivono. Per loro non resta che il tormento.  Le mani delle potenti Moire disegnano l’immaginabile sogno (o incubo) in cui mi perdo.

Mi perdo in un vortice di sensazioni, emozioni, vibrazioni, brividi, spaventi. Il numinoso tempio della mia immaginazione viene colorato da pingui sfumature. Sono invasa dal tutto e dal nulla. Poi dal nulla e di nuovo dal tutto. Ciclicamente.
All’improvviso mi manca il respiro. Ho la gola secca. Le gote arse. Solo la vista non avverte alcun disturbo per osservare tutto, anche quello che è difficile osservare.

Mani che spingono, respingono, spingono. Ma cosa? Il dolore. La prigionia. La consapevolezza della più inopinabile desolazione. L’inaccettabile solitudine. Pura e semplice vacuità che si confonde con l’irrefrenabile voluttà. Ameno il giorno, torbida la notte. Ridente il sole, sofferente la luna.

Vengo riarsa dal riverbero del sole. All’improvviso scorgo l’infinito. Tutto è abisso.

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena