L’AZIONE SCATURISCE DALLA REAZIONE

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2021
di Giulia C.

Un tempo inesorabile senza giorni e senza ore. Un luogo che sembra essere un circuito del Tutto che all’improvviso si aliena nel Nulla. Dalle pianure brulle agli ameni e fertili spazi, dall’indomabile e gelido buio alla soffocante luce. Nessuna traccia di vita. Nessuno spiraglio. Nuda e cruda desolazione. Solo due figure, Lui e Lei, senza nome, senza età, senza vissuto, che cercano e si cercano, affidandosi solo al rumore insicuro dei loro passi. Soli, circondati da ombre, tenebre, timori e spaventi sussurrati. Azioni e gesti che si ripetono ciclicamente. Sguardi che non si ritrovano e si perdono nell’oscurità della parola. Questo è il quadro dipinto dal regista, autore e drammaturgo Auretta Sterrantino, l’8 agosto all’Area Iris di Ganzirri.
La pièce parte dallo studio della prosa breve Imagination Dead Imagine di Samuel Beckett e continua il percorso intrapreso con lo spettacolo Cenere. Sono solo due i personaggi, interpretati da Giulia Messina e William Caruso, vestiti completamente di bianco, che si muovono, ondeggiano, dialogano, soffrono e sognano su una piattaforma circolare di colore bianco candido divisa in quattro esatti quadranti che simboleggia la circonferenza di un orologio. I loro passi, i loro gesti e i loro movimenti, studiati al minimo dettaglio, sembrano essere spesso il mezzo per comunicare ciò di cui è impossibile parlare. Le loro parole dipingono gli aspetti e spettri più reconditi di una realtà che ha perso la sua legittima immaginazione. Una realtà persa in un frigido schermo grigio. Le loro emozioni sembrano non avere più voce, perse nell’ombra della notte. Sono opposti: l’uno il contrario dell’altro. Sono necessari: l’uno la salvezza dell’altro. Si rincorrono e si respingono seguendo una rotonda che non trova limiti. Ad accompagnare ogni gesto, ogni parola e ogni afflato sono le travolgenti musiche di Vincenzo Quadarella, veementi, strazianti, potenti, talvolta estremamente frenetiche, talvolta intensamente soffocanti, le quali ondeggiano perfettamente con la corrente poetica dello spettacolo. Rumori acuti e suoni grevi si sovrappongono e si impongono sulla scena. Le luci, come le musiche, riprendono e richiamano le atmosfere e le sensazioni che rivestono come un involucro la pièce. Bagnano dal basso verso l’alto, con la loro vivacità e potenza, i corpi degli attori e l’intera scena. Lo spettatore, attraverso un attento cambio di luci, può viaggiare nei luoghi idealizzati dai due protagonisti e immergersi nelle acque torbide della loro reale esistenza, priva di immaginazione. Ciò che riceve lo spettatore è un susseguirsi di immagini (o forse dipinti), spiattellati in tutta la loro schietta brutalità e la loro inopinabile ferocia.
Risulta fondamentale la dualità che intercorre tra i due protagonisti, estremamente abissale. Può ricordare la dicotomia tra Hypnos e Thanatos, Sonno e Morte, spesso citati nel testo. Per quanto queste figure sembrino differenti, hanno in comune lo stato di infermità del soggetto coinvolto. Un uomo dormiente e un uomo morto sono fermi nella loro posizione. Rimangono indisturbati e inerti di fronte a tutto. Sono proprio il non agire e il non reagire i peggiori nemici dell’immaginazione.
Le situazioni descritte da Auretta Sterrantino, che ricordano per alcuni aspetti quelle baudelaireiane e proustiane, seppur distopiche, non sembrano essere lontane dalle nostre esistenze. Una cloaca sempre più ampia di persone si adagia sulle proprie certezze, sui propri limiti, evitando così di mettersi alla prova. Porsi domande, sperimentare, spostare l’asticella del nostro limite e delle nostre certezze in un percorso impervio è immaginare. Uscire dai nostri parametri e mettere in discussione i nostri dogmi è immaginare. Abbattere il muro che delimita la nostra comfort zone. Morire per poi rinascere. Scavare sempre più a fondo nel nostro subconscio vuol dire immaginazione. Abbandonare il sonno infermo per seguire il sogno non è semplicemente importante, ma vitale. È il nostro unico spiraglio di vita per liberarci dal cosmo del nulla soppiantato dal niente che avvolge le nostre vite, riducendole a un pungo di cenere. Risvegliamoci da questo incubo perché solo dall’agire scaturisce la nostra ispirazione. Se attendiamo una Musa dal cielo che ci invii un invito in carta da bollo con su scritto “immaginazione” resteremo sempre al punto di partenza, poiché quest’ultima nasce dal nostro animo indomito. Apriamo gli occhi, risvegliamo la creatività non ancora morta e corriamo.

 

IN TACITO QUADRANTE
per una poetica dell’impossibile [parte II]

con Giulia Messina e William Caruso
regia e drammaturgia Auretta Sterrantino
musiche originali Vincenzo Quadarella
disegno luci Stefano Barbagallo
assistente alla regia Elena Zeta
osservatorio critico e ufficio stampa Vincenza di Vita
QA-QuasiAnonimaProduzioni/NutrimentiTerrestri
Visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio

 

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena