O IO O TU

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2021
di Francisca M.

«Io e te.»
«No. O io o tu.»
da In tacito Quadrante, di Auretta Sterrantino

Buio. Una rotonda bianca e due figure al centro.
È così che inizia lo spettacolo In tacito quadrante, scritto e diretto da Auretta Sterrantino, andato in scena l’8 settembre 2021 nello spazio dell’Area Iris. Risvegliatisi da un sonno profondo i due, un uomo e una donna, si ritrovano imprigionati in una gabbia, fuori il nulla. O almeno così sembra; l’immaginazione pare morta eppure lui fuori dal cerchio bianco e desolato vede il mare e montagne diradanti in vegetazione. Lei vede il bianco, lo schermo di una tv senza segnale. Risvegliatasi dal sogno cede alla disperazione, prova a seguire l’uomo che, spostandosi nei quattro quadranti del cerchio, cerca di mostrarle le meraviglie che ci sono all’esterno. Costantemente accompagnati dalle musiche di Vincenzo Quadarella, nate da alcune note di pianoforte, i due personaggi dialogano e a ogni parola associano un movimento. Il pubblico, posizionato intorno al palco di forma circolare, non ha nessuna possibilità di distrazione, tutto è stato studiato nel minimo dettaglio e, pur senza volerlo, ci si ritrova coinvolti in una storia che si pensava non appartenesse a nessuno, della quale si vive tutto dall’esterno.
Già dalla preparazione iniziale dei due attori lo spettatore è catapultato in una dimensione apocalittica e nel dolore. Tutto appare doloroso poiché quelle che sembrano due persone diverse, sono in realtà due parti della stessa persona. Due parti arrabbiate fra loro, in continuo litigio, che non si comprendono e non riescono ad ascoltarsi e, seppur confuse, armoniose e combacianti.
Lo spettacolo si scatena in un susseguirsi di luci, sia quelle disegnate da Stefano Barbagallo, che spaziano nelle tonalità del blu e del viola, sia rappresentate dai due personaggi: una luce per illuminare intorno, una luce per illuminare i volti, una luce per illuminare dentro.  All’evocazione di esse, seguono diverse parole, parole incrociate che servono a risolvere delle parole crociate. Nel frattempo la disperazione di lei lascia spazio alla rassegnazione di lui che non vede nessun destino, non vede più le montagne e la vegetazione.
Lei crede ancora nel sogno, crede nell’immaginazione, e se pur cosciente di trovarsi in uno spazio senza passato né presente né futuro, cerca una soluzione allo sconforto del compagno.
Rimane il buio, un buio gelido che porta con sé il caldo e il freddo, porta l’inverno e l’estate. I due non sanno come sopravvivere. Lui cede accasciandosi moribondo a terra. In lontananza un rumore di chiavi. Tocca scegliere e la responsabilità cade su di lei. Addolorata e chiusa egoisticamente nella sua solitudine sceglie se stessa abbandonandolo al suo destino.
Passi.
Nelle orecchie degli spettatori risuona il dolore di chi ha subito una perdita, di chi ha dovuto lasciar andare qualcuno anche quando non era pronto ma bisogna andare avanti perché nel cerchio non c’è spazio per il dolore. Lo spettacolo continua e in maniera del tutto inaspettata. L’immaginazione non è ancora morta, l’immaginazione c’è e li aiuta ad ambientarsi. Ora il cerchio, loro nemico in principio, diventa un posto sicuro dove potersi riscattare. I due personaggi ritornano in posizione fetale e nel rumore di un battito cardiaco le luci si spengono. Il sangue rimbomba nelle orecchie, fra il pubblico brillano delle lacrime, le facce sono attonite e in parte sconvolte perché i personaggi non erano soli dentro quella rotonda.
Con loro ha sofferto ognuno di noi.

 

IN TACITO QUADRANTE
per una poetica dell’impossibile [parte II]

con Giulia Messina e William Caruso
regia e drammaturgia Auretta Sterrantino
musiche originali Vincenzo Quadarella
disegno luci Stefano Barbagallo
assistente alla regiElena Zeta
osservatorio critico e ufficio stampa Vincenza di Vita
QA-QuasiAnonimaProduzioni/NutrimentiTerrestri
Visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena