«MENO QUATTRO ALL’INFERNO»

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022 – MESSINA

«Meno quattro all’inferno di Auschwitz.
Meno sei alla fine di tutto.»

«Lei conosce Arpad Weisz?» è la domanda che ha accompagnato per mesi Matteo Marani, autore del romanzo Dallo scudetto ad Auschwitz da cui è stato tratto il reading a cura della compagnia Menoventi, andato in scena il 18 luglio presso il Cortile Calapaj-D’Alcontres per il Cortile Teatro Festival.
Era il 1938 quando l’ungherese Arpad Weisz, l’«allenatore ebreo» che aveva permesso al Bologna di vincere due scudetti consecutivi dopo gli anni dello storico dominio juventino, cadde vittima delle leggi razziali e dovette rinunciare alla sua carriera da allenatore del Bologna. Quattro anni dopo, nel 1942, lui e la famiglia vennero arrestati e separati: moglie e figli furono mandati ad Auschwitz, lui nei campi di lavoro dell’Alta Slesia, dove morì nel 1944 nelle camere a gas dopo due anni di lavori forzati. Già dopo la sua fuga dall’Italia, Arpad Weisz era stato dimenticato da tutti.
In scena le due attrici, Consuelo Battiston e Beatrice Cevolani, stanno dietro ai microfoni dalle cui aste pendono due sciarpe del Bologna – a cui se ne aggiunge una terza appesa al palco – con su scritto il nome del protagonista della storia: Arpad Weisz. Le loro voci sono accompagnate da musiche e rumori: si alternano momenti più intensi con veri e propri climax sonori, interrotti poi bruscamente da un silenzio improvviso. Ad esempio, nel momento in cui Arpad viene acclamato per le sue imprese calcistiche, dopo l’intensificazione di applausi e acclamazioni del pubblico, cala il silenzio e subito dopo iniziano a essere elencati gli eventi che precedettero l’inizio della seconda guerra mondiale.
Accanto alla figura di Arpad, prendono forma anche quella della moglie Elena e dei figli Roberto e Clara, che faranno anche loro una triste fine nelle camere a gas. In particolare lo spazio dedicato al figlio Roberto è realizzato tramite una scelta che spezza il ritmo dato dalle due attrici, catturando l’attenzione degli spettatori: la voce registrata di un bambino, il piccolo Roberto Weisz, legge le cartoline scritte al suo migliore amico delle elementari a Bologna. Sono proprio queste cartoline che aiutarono Marani nella ricostruzione della vita della famiglia Weisz, utilizzata come mezzo per raccontare uno dei periodi più neri della Storia: non si fa riferimento soltanto alla vita di Weisz, dentro e fuori dai campi (da calcio e di concentramento), ma si parla di fatti storici ben precisi, ad esempio dei “medici della morte”, (tra cui Mengele, che faceva esperimenti sui gemelli), oppure del criterio utilizzato per scegliere chi moriva, chi doveva essere sfruttato per lavorare e chi diventava cavia per gli esperimenti scientifici. Il reading a tratti si dilunga sulle notizie di cronaca di un periodo vastissimo per essere contenuto in un solo lavoro, ma dando voce alle sensazioni di uomini o bambini, ad esempio Roberto, che hanno vissuto quegli anni, ricostruisce anche la storia di un’epoca.
«La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace». Scrive così Primo Levi nel suo saggio I sommersi e i salvati. Migliaia di vite umane cadono nel dimenticatoio, nonostante spesso abbiano qualcosa da raccontare… E tu? Ora conosci Arpad Weisz?

Giulia Cavallaro

 

INTERVISTA A GIANNI FARINA (COMPAGNIA MENOVENTI) PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022
a cura di Sara C. e Francisca M.

Che origine ha il nome Menoventi e da dove nasce l’idea di chiamarvi proprio così?
Ci sono due risposte: il motivo poetico e quello vero e proprio. C’è un autore tedesco che abbiamo sempre amato molto e che ci ha accompagnato nei primissimi anni di tentativi, che si chiama Hans Magnus Enzensberger. Ha scritto una poesia che ci piace moltissimo «In realtà sta a capo all’ingiù la realtà» e  cercavamo di vedere la realtà capo all’ingiù in qualsiasi occasione. L’abbiamo trovata in un termometro: lo abbiamo guardato al contrario e ci siamo detti «questi venti gradi del tiepido salotto in tutte le stagioni forse nascondono una realtà glaciale». La realtà del nome viene invece dal fatto di aver provato il primo spettacolo in montagna senza il riscaldamento né a teatro né nella casa dove stavamo. Era gennaio, ci trovavamo a milleduecento metri di altitudine e abbiamo patito un freddo immenso per tre mesi. Abbiamo cercato un nome che richiamasse il freddo e così abbiamo scelto Menoventi perché è una temperatura glaciale ma anche perché ci sembra un conto alla rovescia verso qualcosa che ancora non sappiamo cos’è, siamo a quindici anni, circa sedici, dalla fondazione della compagnia, magari tra quattro anni cambieremo nome.

Com’è nata l’idea di realizzare un reading partendo dal testo di Marani, che parla di un tema così delicato come la deportazione e l’olocausto?
L’idea non è stata nostra, ma di Elena Di Gioia – allora curatrice del festival Agorà, che tocca vari paesi della città metropolitana di Bologna – che ci suggerì l’anno scorso questo testo, in occasione della Giornata della memoria di Castel Maggiore, il quale aveva da poco intitolato lo stadio a Clara Weisz, la figlia più piccola di Arpad Weisz. Ci ha suggerito di leggere il testo chiedendoci se fosse possibile fare qualcosa e noi abbiamo detto che saremmo riusciti a farne una riduzione, dal momento che era molto lungo. Abbiamo fatto questa riduzione e l’abbiamo letta con l’aggiunta di ciò che la distingue da un reading puro e crudo: un paesaggio sonoro in quadrifonia, attraverso il quale si sentono venire voci diverse dai quattro angoli della stanza.

L’anno scorso avete già partecipato al Teatro Cortile Festival con Majakovskij Bpm. Ci sono state differenze sul modo in cui avete lavorato al reading e al radiodramma?
In realtà sono due percorsi molto diversi, anche se il formato finale non è così distante. Il radiodramma dell’anno scorso è figlio di uno spettacolo: abbiamo creato prima uno spettacolo e poi ne abbiamo fatto una versione radiofonica, lo abbiamo modificato togliendo tutte le azioni e trasformandolo in un altro linguaggio. Invece questa è nata subito come lettura, quindi sapevamo fin dall’inizio di fare un progetto fondamentalmente sonoro, da ascoltare, come la versione radiofonica di Majakovskij. La nostra intenzione è quella di fare un radiodramma anche di questa lettura in modo molto più semplice, in quanto non c’è bisogno di tradurla e non c’è nulla da vedere, ma è solo da ascoltare.

 

LEI CONOSCE ARPAD WEISZ?
Menoventi
reading tratto da Dallo scudetto ad Auschwitz di Matteo Marani
con Consuelo Battiston e Beatrice Cevolani
riduzione del testo e regia di Gianni Farina
produzione E production
in collaborazione con Liberty / Stagione Agorà

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL di Messina
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena