MENZU OMU E MENZU PISCI

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022 (PROMONTORIO NORD) – MESSINA
di Giulia Cavallaro

«Colapisci ci nn’è unu
unu sulu ntuttu u munnu».
Inizia così il Colapesce di Ignazio Buttitta, da cui è stato tratto l’omonimo spettacolo andato in scena il 30 agosto presso la Tenuta Rasocolmo per l’ultimo appuntamento del Festival Promontorio Nord, parte del Cortile Teatro Festival.
In scena Filippo Luna, responsabile anche della regia e dell’adattamento. Già presente nel programma del Festival con il suo Le mille bolle blu, stavolta non è da solo e non è il protagonista della pièce: interpreta infatti il cuntastorie, il padre di Colapesce e il re di Sicilia. Al suo fianco si alternano Manuela Ventura, nei panni del giovane menzu omu e menzu pisci, Alessandra Fazzino, nel ruolo della povera madre del ragazzo, sempre in pensiero per un figlio che ormai le è stato rubato dal mare, e Rita Abela, la ninfa fidanzata col ragazzo che verrà tristemente abbandonata. Un’altra figura quasi sempre presente è Virginia Maiorana, che si è occupata dell’accompagnamento musicale, alternando le percussioni e la fisarmonica, supportata a tratti da suoni e musiche, come una ripetuta melodia fischiata che apre lo spettacolo e torna durante tutta la sua durata.
Lo scenario in cui si è svolto lo spettacolo aiutava a ricreare l’atmosfera giusta: una storia che vede il mare come protagonista viene recitata di fronte a esso, con il sole alle spalle, all’ora del tramonto, godendo così dell’illuminazione naturale.
Sulla scena, un grande telo di plastica blu con su due secchi pieni d’acqua e una bacinella; il centro della storia è il mare e viene spesso ricreato in scena, ad esempio quando madre Sofia versa l’acqua sul figlio, beato in mare a nuotare, ma anche quando il ragazzo si immerge per affrontare le prove del re.
Il mito di Colapesce non viene intaccato: innamorato del mare, abbandona tutto e tutti, capendo che il suo posto è altrove; arriva però il re di Sicilia che, intimorito dall’eccessivo potere del ragazzo, lo mette alla prova. Getta di volta in volta una coppa, la sua corona e un anello in fondo al mare e gli chiede di recuperarli, sperando così di farlo affondare negli abissi. Ecco che però il giovane si accorge che una delle tre colonne che regge la Sicilia è incrinata e non può ignorarlo: abbandona completamente la sua famiglia e la sua amata ninfa, da cui aspetta un figlio, e capisce che il suo compito è sostenere la sua terra.
Rispetto al testo di Buttitta nello spettacolo di Luna vengono eliminati alcuni personaggi secondari, tra cui la regina e il popolo (nel testo originale ci sono i pescatori, la folla e il gruppo folcloristico). Nonostante però la mancanza di questi elementi, la pièce è molto fedele al testo di Buttitta, di cui rispetta la lingua, senza modificarla, e riprende alcuni dialoghi, mantenendo la forma originale.
Un elemento chiave della messinscena di Luna è l’inserimento di una vera e propria scrittura fisica, curata da Alessandra Fazzino: ad esempio, all’inizio della storia, quando Colapesce tenta di fuggire via dalla madre, tra i due si svolge un’intensa lotta, una danza in cui i loro corpi si incastrano accompagnati dalla musicista, creando un momento di forte tensione.
Uno dei momenti più toccanti di tutta la storia è l’addio tra la ninfa e Colapesce, momento conclusivo dello spettacolo. La giovane entra in scena intonando un canto di dolore per la mancanza dell’amato, che aspetta da tre anni. Entra allora il protagonista e Virginia Maiorana si fa da parte, facendo in modo che si crei un’atmosfera intima e sincera tra i due, che si diranno addio per sempre. Nonostante le preghiere della ninfa, infatti, il giovane ha già deciso: il suo posto è sott’acqua.
La giovane si fa da parte e sulla scena resta solo il protagonista che, recitando un monologo di denuncia sulla mafia, svela il vero volto della società e della piaga che da anni si insinua nella sua Sicilia.
«Ogni milli siciliani, c’è un porcu mafiusu».
Così dice, riprendendo l’opera di Buttitta che si chiude con un dialogo tra Colapesce e dei pescatori e che, nell’adattamento di Luna, viene trasformato in un monologo. Il ragazzo, sacrificando il proprio interesse, è andato contro questo sistema ormai individualista e corrotto, in cui si è perso il senso del bene comune e si pensa soltanto al proprio tornaconto.
Il protagonista esce di scena ed entra il cuntastorie che, a chiusura, continua la denuncia e si rivolge al pubblico: va tra le prime file, tiene viva l’attenzione degli spettatori, che non lo perdono un attimo di vista, e parla di omertà. È il popolo a detenere il potere e ad affidarlo a chi compie e ha compiuto certi scempi. Ecco allora che stare dalla parte di Colapesce non è più soltanto simpatizzare per l’eroe della storia, ma assumere un atteggiamento di consapevolezza, essere disposti a sacrificare anche ciò che di più caro si ha per non fare affondare tutti.
Uno spettacolo che, nonostante le modifiche apportate rispetto al testo originale, resta fedele all’opera di Buttitta, divenendo una dedica a un grande poeta e riuscendo a emozionare il pubblico, tutto in piedi per l’applauso finale.

COLAPESCE
di Ignazio Buttitta
con Manuela Ventura, Alessandra Fazzino, Rita Abela, Virginia Maiorana, Filippo Luna
scene e costumi Dora Argento
scrittura fisica Alessandra Fazzino
musiche Virginia Maiorana
suono e luci Vittorio Di Matteo
adattamento e regia Filippo Luna
ufficio stampa e comunicazione Marta Cutugno
prodotto da Maurizio Puglisi – NutrimentiTerrestri
locandina: bozzetto Dora Argento | design Angie Russo

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL – Messina
Diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho