MOTI DI REGGIO: UNA VISIONE POETICA E POLITICA

INTERVISTA A GIUSEPPE CARULLO E CRISTIANA MINASI PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022 – MESSINA
a cura di Andrea Ansaldo, Sara C. e Francisca M.

Dopo la visione dello spettacolo Umanità Nova, presso l’Area Iris di Messina, abbiamo avuto modo di intervistare Cristiana Minasi, regista dello spettacolo, e Giuseppe Carullo, unico attore sulla scena.

Da dove nasce il suo desiderio di affrontare la tematica dei Moti di Reggio?
G.C.: L’idea è nata circa vent’anni fa, io sono cresciuto a Reggio e a scuola c’era un professore, Fabio Cuzzola, che ha scritto un libro sui cinque anarchici del Sud. Siccome noi due eravamo amici e lui mi aveva parlato di questo libro, ho deciso di leggerlo e mi sono appassionato alla storia. Questi ragazzi sono morti in un incidente a vent’anni e questa cosa mi ha colpito soprattutto perché è avvenuta nella ricerca di una verità nascosta.
Ho pensato di fare uno spettacolo su questo però non ho avuto mai l’occasione di approfondire l’argomento e di mettere in scena qualcosa. Così, quest’inverno, dopo vent’anni, ho cominciato a studiare.

Che tipo di studio ha condotto?
G.C.: Non ho studiato solo i Moti di Reggio, ho studiato anche l’anarchismo perché, essendo anarchici quei cinque ragazzi, ho dovuto affrontare anche le loro ideologie.
Ogni anarchico ha il proprio pensiero riguardo alla società e a come contestarla, riguardo il movimento. I cinque ragazzi facevano parte degli anarchici collettivisti, il cui pensiero era quello di entrare nella società per cambiarla dall’interno.
Studiando ho capito che i Moti di Reggio, prima di essere strumentalizzati dall’estrema destra, erano una rivolta popolare. Di conseguenza si ripetevano, in piccolo, dei meccanismi che in quegli anni erano stati sviluppati dai vari partiti politici: prendere un moto popolare e capeggiarlo in qualche modo a fini prettamente politici ed elettorali.

Com’è nata la collaborazione con il drammaturgo Fabio Pisano?
G.C.:
C’è stata un’osmosi tra noi e Fabio Pisano: concretamente abbiamo creato un lavoro di concerto. Non c’è mai stata un’imposizione da parte nostra né sua con la sua drammaturgia quindi il lavoro è molto migliorato. Quest’inverno l’ho contattato per proporgli di scrivere la drammaturgia di questo spettacolo; lui conosceva benissimo i Moti, la storia dei cinque anarchici, perché ha studiato l’anarchismo dal ‘900 in poi, di conseguenza conosceva i vari episodi che hanno dovuto subire gli anarchici: gli anni Cinquanta e Sessanta furono gli anni in cui le idee anarchiche vennero un po’ accantonate e gli esponenti più famosi ammutoliti.

Solitamente scrivete, dirigete e interpretate i vostri spettacoli. Stavolta vi siete divisi i ruoli per dirigere e interpretare un testo di Fabio Pisano. Com’è è cambiata la vostra modalità di lavoro?
C.M.: La collaborazione tra me e Giuseppe è cambiata nel momento in cui ho avuto l’occasione di essere uno sguardo esterno, uno sguardo di cura e di sottrazione e di evidenziazione di alcuni simboli, che chiaramente qui all’aperto è difficile evidenziare. Abbiamo lavorato proprio su questo spazio come un quadro, che diventa la metafora di mille altre cose, cioè un luogo d’incontro, lo spazio che non c’è, il teatro, la possibilità di ritrovarsi, una libertà di espressione di quella che è l’anima di Casile, che era anche un pittore.

Nelle note di regia parlate di uno spettacolo che si fa portatore di una «corretta trasmissione» della Storia. In che modo avete lavorato sulla narrazione degli eventi?
C.M.: Abbiamo raccolto moltissime informazioni. Però, rispetto al concetto di corretta trasmissione, noi non vogliamo ricostruire la verità dei fatti, noi vogliamo mettere a confronto le varie voci perché si veda un pluralismo di visioni, senza etichettare nessuno e facendo comprendere come la comunicazione venga veicolata.

Scrivete nelle note di regia di nuove generazioni che non possono proseguire sulla strada del sogno. Come entrano nel vostro spettacolo i problemi dei giovani d’oggi?
C.M.: È un discorso a cui teneva molto Carullo in ordine al conflitto generazionale, che speriamo ci sia sempre. Abbiamo deciso di utilizzare i Moti di Reggio come uno strumento per raccontare una generazione che fortemente aspirava a modificare le sorti dell’Italia e a cui non si è dato spazio, così come probabilmente non si è dato spazio a un’altra generazione e poi a un’altra ancora. Il problema di oggi è che non sappiamo cosa i giovani debbano sperare, quando sembra che tutto sia omologato e uguale. Ma in realtà è nella natura dell’uomo opporsi ai padri e cercare di rivoluzionare le circostanze. Questo è uno spettacolo che parla di anni addietro ma che in realtà è tremendamente odierno, quindi speriamo che i giovani di oggi siano in grado di rivoluzionare.

UMANITÀ NOVA
cronaca di una mancata rivoluzione
con
Giuseppe Carullo
regia Cristiana Minasi
drammaturgia Fabio Pisano
assistente alla regia Sergio Runci
collaborazione Fabio Cuzzola, Giovanna La Maestra, Massimo Ortalli
consulenza musicale Alessandro Calzavara
produzione Sciara Progetti Teatro e Carullo-Minasi

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL di Messina
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho