#ATUPERTU CON IL COMPOSITORE DI INSOMNIUM
INTERVISTA A FILIPPO LA MARCA
In questi anni, soprattutto grazie all’amicizia e alle collaborazioni che mi hanno visto impegnato con Auretta Sterrantino, ho approfondito esponenzialmente il rapporto tra musica e testo, che definirei simbiotico. Non ho scritto musica per delle parole ma ho scritto la musica che io ed Auretta sentivamo in testa quando leggevamo insieme il copione. Non è mai, quindi, musica per riempire un silenzio, ma viene pensata e scritta per un determinato momento. Credo di non essere mai andato in scena, con la Sterrantino, con una musica che non ci convincesse a pieno, così come un movimento o un taglio di luci.
Più volte con Auretta avremmo voluto registrare una nostra lunga telefonata o pubblicare le nostre infinite mail durante i periodi di lavoro. Se ci sentiste parlare non capireste se stiamo parlando di una poesia, di un movimento o di una musica. Abbiamo deciso di abbattere il muro dei tecnicismi e di parlare dello spettacolo come concetto unico, verso cui tutto tende, anche la nostra salute mentale a volte. Da quando, per motivi personali, mi sono dovuto trasferire a Bologna, abbiamo preso quest’avvenimento come uno spunto per cambiare le cose. Non potendo più eseguire le musiche dal vivo, abbiamo avuto la possibilità di sperimentare di più sui suoni, sulle orchestrazione e gli arrangiamenti. Diciamo che a lungo andare è diventata una scelta piuttosto che un impedimento. Ogni progetto che si inizia con la QA produzioni ha l’obiettivo minimo di migliorare se stessi quantomeno. Ogni spettacolo è l’opportunità di poter sperimentare qualcosa di nuovo (nel senso più puro: fare esperienza). Soprattutto quando ci si autoproduce credo sia inutile e ridondante fare cose che già sono state viste e riviste. Anche in questo caso uno svantaggio (per molti) è diventato il nostro vantaggio: siamo noi a scegliere cosa portare in scena, senza vincoli e restrezioni.