LA BIOMECCANICA PER GUARIRE DAL “MORBO DI ČECHOV”
Vincenza Di Vita
«L’intero sistema biomeccanico, l’intero processo dei nostri movimenti viene dettato da un principio fondamentale: il pensiero, il cervello umano, l’apparato intellettivo. Questa è la colonna portante dell’intero sistema biomeccanico. Per questo in palcoscenico ogni movimento deve essere guidato dal pensiero contenuto nella scena (Mejerchol’d, 1912)». Sincopi Deliqui Infarti e Altri Mancamenti (Cechov fa male!) di e con Sergio Basile, da lui anche diretto e interpretato insieme con Claudia Natale, costituisce il sesto degli appuntamenti teatrali di “Atto Unico. Scene di Vita, Vite di Scena”, prodotto da QA-QuasiAnonimaProduzioni. Lo spettacolo è in parte dedicato a Vsevolod Ėmil’evič Mejerchol’d, teorico e pedagogo della biomeccanica, il fondatore di un nuovo teatro a Mosca nel 1920, è assassinato il 2 febbraio 1940 in seguito alla condanna per trotskismo e “antirivoluzionarismo”, a cui dichiara di aderire dopo prigionia e torture protrattesi dal 20 giugno 1939 fino al giorno della condanna, che precede quello della sua fucilazione.
La disperata esclamazione del personaggio di Irina Sergèevič «A Mosca! A Mosca! A Mosca!», tratta dalle Sorelle di Čechov, diviene pretesto per chiarire immediatamente il contesto storico economico e sociale dei due protagonisti, attori e coniugi Serghiej Kozinkov e Varvara Ozolin. In questo spettacolo, che come gli altri della stagione diretta da Auretta Sterrantino, si distingue per la dedica ai maestri, i coniugi rappresentano rispettivamente un’allieva di Stanislavskij e un fedele discepolo di Mejerchol’d, come già anticipato qualche riga più su, in questa sede. A unire le loro differenti modalità di approccio alla recitazione è Čechov. Si citano non solo i testi teatrali ma anche il film Aelita tratto dall’omonima opera di fantascienza di Tolstoj. Il lungometraggio datato 1924, del regista Aleksandrovič Protanov, è fruibile gratuitamente in varie lingue e versioni restaurate, su numerosi canali di piattaforme online.
Come il suo maestro anche il personaggio di Sergieij muore da innocente, ma ben radicato alle ragioni che lo hanno spinto a essere «operativo nello scacchiere dell’Unione Sovietica». Varvara invece si recherà negli Stati Uniti per istruire al training russo attrici “troppo poco russe”, ma senza il marito che preferirà rimanere nella patria ostile e matrigna. Majakovsij è noto in Italia per il suo Mistero Buffo nella più recente versione di Dario Fo e per quel naso rosso da clown che caratterizza più spesso i saltimbanchi, almeno in quello che si configura essere come l’immaginario grande attore del Novecento, bardato di comicità ed eleganza simmetrica in Basile. Con quest’ultima definizione è proprio una cinica e disperata smorfia di dolore e rabbia quella che viene esibita, neanche il teatro sembra recare una salvezza alla cecità dei regimi sterili e nemici dei loro stessi cittadini.
Le musiche di Šostakovič, compositore che prende parte ai momenti salienti del Novecento artistico e politico della Unione Sovietica, fanno da variazioni temporali e lasciano danzare svenimenti e ritmi comici nel riuscito allestimento con le illustrazioni di Spartaco Ripa, il video di Yuri Napoli. La scenografia composta da una scrivania e da una panca suggerisce di attendere che una nuova storia, altrettanto documentaria – sebbene nella finzione dei personaggi – sia nuovamente scritta e allestita, perché lo spettatore viaggiante ne prenda parte. Calorosi applausi accolgono i due attori alla fine della pièce, silenzio e riflessione all’uscita dal ridotto dello Stabile messinese riflettono una trasformazione attuata e (si spera) realizzata (?).
Foto di Stefania Mazzara