#APPROFONDIMENTIUNICI: RICCARDO III. SUITE D’UN MARIAGE

DEBUTTO: 18 NOVEMBRE 2018, CHIESA DI SANTA MARIA ALEMANNA, MESSINA, ORE 18.00
REPLICHE: 7 DICEMBRE 2018, TEATRO TINA DI LORENZO DI NOTO, ORE 20.45

Interviste a cura di Vincenza Di Vita

INTERVISTA AD AURETTA STERRANTINO, autore e regista per Riccardo III

 Dopo un fitto lavoro di tessitura testuale, drammaturgica e regista, attraverso tre tappe in luoghi estremamente differenti tra loro e affatto teatrali, come è cambiata quest’opera?
Lavorare su un lungo periodo ha consentito, anche grazie ai momenti di pausa, di metabolizzare il lavoro e immergerci nell’opera senza esserne sommersi, potendo così maturare le acquisizioni fatte ed evitando di cadere nel compiacimento o nell’ossessione. La prima tappa è servita a mettere in cantiere l’architettura dello spettacolo attraverso la sua scrittura scenica, necessaria per chiarirne la drammaturgia. La seconda tappa è servita a spogliarsi di ogni orpello per cercare una dimensione più giusta e incisiva del gesto. La terza tappa è stata utile a definire il ritmo ascensionale e discensionale dello spettacolo.

 Il luogo del teatro è un ambiente interiore o una vera e propria necessità artistica?
Il luogo del teatro è innanzitutto un’urgenza. Il luogo del teatro è lo spazio sacro del rito e per questo è ambiente interiore: basta il segno a restituirne il sema. Ma il luogo del teatro, inteso nella sua forma architettonica preposta, è anche necessità artistica: grazie a una serie di supporti e opportunità tecniche può aiutare tanto la direzione artistica di uno spettacolo. Se è vero che la privazione è un mezzo per esercitare immaginazione e inventiva, è pur vero che certe limitazioni sono insuperabili. La sfida è non farne un limite.

 In quale dei due personaggi da te di-scritti t’identifichi maggiormente e perché?
Non mi identifico in nessuno dei due personaggi e in generale quasi mai metto in scena personaggi a cui affidare me stessa. Tento sempre di portare in scena altro da me e forse è più probabile intravedermi nelle pieghe della scrittura e nelle scelte registiche. Sono dettagli o impressioni che finiranno forse nel tempo col dipingere il mio viso, direi evocando Borges. Certo ho di entrambi i personaggi la determinazione, ma spero non cieca. E porto, come loro, come tutti, la responsabilità dell’essere con il suo carico di dolore.

Perché Riccardo III è ancora attuale? Perché adoperarsi per una sua riscrittura?
Riccardo III è l’incarnazione degli imperativi assoluti “possedere”, “dominare”, “essere come”, “essere più di”. È la negazione dell’esistenza come manifestazione di grandezza di per se stessa ed è in tal senso la totale negazione dell’altro: “io sono non in quanto altro da te ma in quanto tu non sei e io ho fatto sì che tu non fossi”. Una ricerca di onnipotenza che non trova le sue fondamenta nel superomismo, un uomo non semplicemente indiato, ma così fragile e spezzato da cercare di affermare se stesso sopra ogni cosa, quasi per tentare di tornare un intero. Credo che stia qui il dramma di questo nostro secolo, il dramma di una super-esistenza in cui nessuno può diventare sé perché rifiutato in quanto Tu, bloccato pertanto nel dominio dell’esteriore senza possibilità di accesso ai recessi interiori.

 

INTERVISTA A FILIPPO LA MARCA, musiche di Riccardo III

 Cosa differenzia i due personaggi nella diversità strumentale?
Le diversità dei personaggi e le complessità temporali sono state le principali fonti di inspirazione per me e per Vincenzo Quadarella. La scelta di affrontare a quattro mani questa enorme sfida ci ha aiutato a sviscerare la duplice complementarietà dei personaggi, e quindi della musica. Da una parte le scenografie e gli ambienti, come ci piace chiamarli, dall’altra le melodie e le armonie. L’unione dei lavori è avvenuta tramite Auretta Sterrantino, che lavorando tecnicamente con programmi di editing audio ha unito e ricamato questi due mondi che oggi formano le musiche di Riccardo III.

Se Riccardo III fosse una danza a quale stile musicale sarebbe assimilabile?
Da subito questo spettacolo ha tirato fuori da noi sonorità e costruzioni tipiche della musica techno, quindi probabilmente se fosse una danza sarebbe la danza di questo tempo, di chi danza come se non lo stesse guardando nessuno.

 

INTERVISTA A VINCENZO QUADARELLA, musiche di Riccardo III

 Qual è l’attualità musicale di questo lavoro?
Non saprei identificare un elemento “attuale”. Forse la presenza costante di suoni elettronici e spesso dissonanti potrebbe indurre a credere che ci sia una certa attualità musicale. In realtà quei suoni sono chiamati dal testo e poi incastrati perfettamente nei movimenti dalla regia.

 Quanto e come lo studio sul lavoro ha influenzato la scelta definitiva che accompagna il debutto?
Lo studio ci ha dato modo di perfezionare quello che credo sia il punto di forza dello spettacolo e in generale delle nostre messinscena. L’armonia tra parola musica e movimento. Dunque dopo il primo step di studio è stato ancora più facile incastrare i tre elementi, soprattutto grazie l’abilità di Auretta e la duttilità artistica di Michele e Giulia.

 

INTERVISTA A VALERIA MENDOLIA, allestimento di Riccardo III

Come è mutato l’allestimento nei diversi luoghi in cui è stato ambientato?
L’allestimento secondo gli ambienti è mutato sempre a volte rinunciando a qualunque elemento di scena e servendoci solo di gesti e parole. Riccardo è stato strutturato e allestito in modo da essere adattato a tutte le situazioni, scarno, minimalista essenziale ma d’impatto.

Se questo spettacolo fosse una sfilata di moda quale sarebbe lo stilista illustre a cui s’ispira?
La stilista illustre a cui si ispirerebbe Riccardo secondo me è Madeleine Vionnet. Mi è venuta in mente perché lei adotta un metodo nuovo che libera la donna dagli schemi e da busti corpetti e gabbie. Si tratta di un innovativo modo di tagliare il tessuto in diagonale rispetto al verso della trama e dell’ordito. È grazie a quel taglio che i vestiti iniziano a fasciare il corpo della donna, gettando le basi dell’alta moda del futuro. Perché per indossare i suoi capi senza bustino le donne iniziano a mettersi a dieta e a fare attività fisica. Di lei si scriveva che voleva produrre abiti «che si muovono come l’acqua». Una donna che per affermare il proprio stile va contro tutti e tutto.

 

INTERVISTA A MICHELE CARVELLO, Riccardo III in Riccardo III 

 Cosa è cambiato durante lo studio del personaggio e la restituzione al pubblico?
Tutto. Abbiamo cominciato con un’idea dello spettacolo che si è trasformata, si è evoluta nel corso delle varie tappe che hanno segnato in maniera considerevole la messa in scena. Riccardo III e Lady Anna hanno vissuto il loro dramma in luoghi e situazioni molto differenti. E ogni luogo ha arricchito il percorso dei personaggi (lo strapiombo sul mare di Capo Rasocolmo, il tappeto di Capo Peloro e la meravigliosa scalinata della Chiesa del Carmelo di Delia). La risposta del pubblico (eterogeneo) è stata fondamentale e mi ha (personalmente) reso più consapevole di quello che questo spettacolo restituisce agli spettatori. Riccardo III, bramoso di potere e pieno d’odio all’inizio del percorso  si è ora reso conto della sua sofferenza e del suo dolore e ha deciso di fare di queste le sue armi.

 In che modo è cambiato il tuo approccio all’esperienza teatrale?
Sono partito dalla voglia di sperimentare, di mettermi in gioco vestendo i panni di un personaggio dalle caratteristiche molto lontane dalle mie. Scavando tra i pensieri di Riccardo ho trovato una profonda umanità che sono riuscito a ricondurre alla mia entrando spesso in un sentimento di “compassione” con il mio personaggio. Da questo tentativo di assimilazione sono arrivato a percepire nuovi sentimenti ed emozioni che, probabilmente, non mi appartenevano oppure erano nascosti e sopiti dalla mia personalità. È questa la grande possibilità che offre il teatro: mettersi nei panni di qualcuno per scoprirne l’umanità e realizzare che quella stessa umanità appartiene a ognuno di noi.

 Come definiresti la direzione di Auretta Sterrantino (indica tre aggettivi)?
Chiara: è una caratteristica che non si finisce mai di sottovalutare. La chiarezza della visione generale delle spettacolo e la precisione delle indicazioni offrono all’attore la possibilità di costruire un personaggio che vada nella direzione dello spettacolo in maniera fluida e coerente. Ricettiva: Auretta è capace di cogliere il meglio delle proposte dei suoi attori per metterle a servizio dello spettacolo senza mai porsi come regista demagogo ma lavorando in armonia con tutta la compagnia pur percorrendo una “Chiara” e coerente linea registica. Piacevole: Sicuramente una attore che si trova in un clima piacevole di lavoro sarà molto più propositivo e disponibile. Ed è dalla creatività di tutti gli elementi della macchina scenica che viene fuori un vero prodotto artistico.

 

INTERVISTA A GIULIA MESSINA, Lady Anne in Riccardo III

Cosa è cambiato durante lo studio del personaggio e la restituzione al pubblico?
Lo studio sul Riccardo III e, nello specifico, su Lady Anna è iniziato nell’ultima settimana di agosto, dunque sono circa tre mesi di duro lavoro. Nell’arco di questi mesi ho trovato e sperimentato tante e sempre nuove chiavi di lettura, le infinite sfaccettature che danno corpo al personaggio. Ad un certo punto del lavoro mi sono detta: “Il punto non è ciò che io posso fare grazie a Lady Anna, ma ciò che lei può fare grazie a me”, e in quell’istante molte cose sono cambiate, nuove prospettive si sono rivelate. Durante il periodo di studio le restituzioni pubbliche del nostro lavoro sono state rivelatrici, solo grazie al “dialogo” con il pubblico la carica emotiva cresce, viene continuamente alimentata.

In che modo è cambiato il tuo approccio all’esperienza teatrale?
Ogni fase di prova si è rivelata utile per tirare fuori qualcosa. Non sono mancate le difficoltà, gli scoraggiamenti, le cadute. Ma la fortuna di questa compagnia sta proprio nell’essere davvero una compagnia, ci si aiuta, il dialogo è sempre aperto e disponibile, si va avanti insieme. Grazie a questa opportunità, diventata poi una ricca esperienza, porto a casa il rispetto del lavoro della compagnia, l’aderenza a una direzione registica è sicuramente l’occasione di restituire tutti gli sforzi compiuti ad un pubblico.

Come definiresti la direzione di Auretta Sterrantino (indica tre aggettivi)?
Scrupolosa, empatica, generosa (anche un po’ pugliese, so che cancellerai questa cosa ma dovevo scriverla).

 

Foto di Giuseppe Contarini