AMLETO – DA SHAKESPEARE A SINISI
L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2020 – MESSINA
13 Luglio 2020
di William Caruso
Torna a Messina, con la sua quarta edizione, il Cortile Teatro Festival, organizzato dalla compagnia Il castello di Sancio Panza di Roberto Zorn Bonaventura in collaborazione con Giuseppe Giamboi e con il sostegno della Rete Latitudini, presso il cortile settecentesco Calapaj D’Alcontres.
Per il debutto della rassegna teatrale, Michele Sinisi, attore-autore-regista di Andria, ha decostruito l’Amleto, portandolo in scena in forma di monologo. Lo spettacolo, prodotto nel 2006 da Elsinor – Centro di Produzione Teatrale, nasce da diversi laboratori sull’opera shakespeariana.
Nonostante le restrizioni per l’emergenza Covid-19, che hanno portato a una riduzione dei già pochi posti disponibili e alla necessità di avere spettacoli con una sola o un solo interprete in scena, il Cortile ha voluto sfidare il vuoto culturale post pandemia ripartendo dalla necessità del fare teatro, del creare comunità attorno all’atto teatrale.
Un frinire di cicale apre lo spettacolo, in un silenzio che sa di sospensione del tempo, di attesa. Con abito del 1600 tipicamente shakespeariano e con il viso truccato da clown, in un lungo soliloquio, Amleto attraversa un mondo che conosce e che ha già vissuto, rievocando le sue parole e quelle dei personaggi della sua storia. Egli è regista e attore di un qualcosa che non c’è più.
Amleto interroga, attacca, urla, si confessa con i personaggi assenti della sua vita, presenti nel suo spazio scenico solo come sedie rosse, su cui sono poggiati dei cartelli con scritti i loro nomi. Ogni sedia apre un mondo in cui Amleto si riscopre e riporta in vita l’altro, denudandosi in un flusso dell’opera frammentata e rimescolata che restituisce senso nuovo alla tragedia del principe danese. Sinisi si stacca dall’interpretazione classica e assume su di sé il senso del gioco teatrale, in cui le parole esplose e vomitate si spogliano della canonicità shakespeariana, restituendo sprazzi di vita, frammenti di un Amleto che rinasce a singhiozzi, in una danza sincopata ed essenziale, in cui si riconosce il lavoro di destrutturazione che l’artista andriese porta avanti sul materiale che Shakespeare ci ha consegnato.
Lo spettacolo si fonda su un linguaggio fatto di gesti e di azioni che, come dice lo stesso Sinisi, sono segni in grado di «dare al pubblico un giusto equilibrio di approssimazione, quell’aiuto nel costruire l’immaginario comune».
I personaggi, in questo gioco teatrale vengono evocati in varie forme: tra gli altri il fantasma padre, rievocato con una voce gutturale e con parole spezzate, frantumate, scomposte, proiettate all’interno di un vaso di fiori; Polonio, rappresentato con un gesticolare affettato; Ofelia, quasi del tutto assente, se non nel reiterato «Vattene in convento!» di Amleto a rappresentare la follia di quest’ultimo, e nel gesto poetico dello svuotamento del vaso colmo d’acqua sulla sedia di Ofelia, rimandando al famoso annegamento del finale dell’atto IV.
Sinisi scompone la parola, che diventa atto scenico nel suo formarsi e sgretolarsi costante. La parola del fantasma non è più parola ma suono, rottura del significato che diventa significante, come gli stessi monologhi di Amleto.
Nelle parole del famoso monologo «Essere o non essere», nasce un momento di intimità tra Amleto e il pubblico, dove la voce si spoglia di tutti i suoi orpelli, dove il gioco teatrale è corpo nudo, essenziale. Togliendosi il cappello, Amleto/attore parla al pubblico, in un momento di verità che supera il teatro.
Nella sua rabbia contro tutti i personaggi, Amleto duella a colpi di piuma con le sedie, contro i suoi fantasmi, rimandando il suo brindisi finale poiché ossessionato da una recita che non ha mai fine.
Amleto non morirà, poiché poggerà il capo su un cuscino rosso, dormendo. Infatti Amleto chiude gli occhi per sognare, per ricominciare la sua storia, il suo gioco. «Morire per dormire. Dormire, forse sognare». Sognare per dimenticare (o ricordare?) la fragilità dell’essere umano, la fragilità di una vita che lascia in tutti noi una domanda, la stessa che Amleto forse si fece con il teschio dell’amato Yorick tra le mani: che cosa rimane?
AMLETO
di e con Michele Sinisi
costume Luigi Spezzacatene
visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio
Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena