UN VIAGGIO ALL’INFERNO PER RISCOPRIRSI ESSERI UMANI
L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2021 – MESSINA
di Andrea Ansaldo
Il Cortile Teatro Festival ha presentato, giovedì primo giugno, L’inferno e la fanciulla, una produzione della Piccola Compagnia Dammacco. Nato dalla penna di Mariano Dammacco e Serena Balivo, i quali figurano rispettivamente anche nei ruoli di regista e interprete, L’inferno e la fanciulla è un monologo pieno di contrasti, d’umorismo e di domande scomode. Protagonista è la suddetta Fanciulla, un personaggio esplosivo e paradossale che si trova a dover affrontare il proprio debutto in società: il primo giorno di scuola. Serena Balivo dà vita a una bambina assurda, geniale e, di conseguenza, sola.
Il monologo della Fanciulla mischia tenerezza e umorismo mostrandoci momenti di gioco e prime pene d’amore, il tutto sorretto da un ritmo azzeccato, capace di accelerare e acquietarsi, dando sempre il giusto valore alla parola.
A un tratto però, accade qualcosa: le luci cambiano, l’ombra che la Fanciulla proietta si fa più scura, i tratti che caratterizzano la bambina diventano quelli di una donna consapevole. La Fanciulla improvvisamente perde la sua parlata dalla lingua arrotolata, abbandona i suoi timori infantili e frena i suoi movimenti bambineschi. Questi episodi vedono una Fanciulla quasi funebre nel raccontarsi, nell’esprimere l’Inferno che alberga dentro di lei. Il suo viaggio, mostrandola determinata a scoprire il male assoluto che infesta la scuola, è un percorso verso il cuore dell’inferno stesso, un luogo d’eterno e irrisolvibile conflitto.
Il monologo discute e si pone spesso domande sul dualismo che caratterizza l’essere umano, sulle sue paure, sull’angoscia che lo erode. Non a caso la protagonista è una bambina in procinto d’affrontare un rito di passaggio, ma è anche una donna dalla voce ferma e dotata della serenità di chi ha compreso che l’essere umani comporta il conflitto, l’inferno. La tana di Lucifero, però, non è un luogo di fiamme e demoni danteschi, bensì una dimensione fatta di domande scomode a cui non c’è risposta. Quesiti sulla solitudine, sul senso d’inadeguatezza, sul futuro. L’inferno e la fanciulla non indaga i massimi sistemi, preferisce dar voce ad ansie comuni, che emergono dalle pieghe grottesche e paradossali che prendono alcune scene. Il pubblico ride, ma le risate sono le stesse che provocano le vecchie commedie all’italiana, come Amici miei ad esempio. Nella fortunata pellicola i protagonisti sono dei bambinoni che rifiutano di porsi certe domande, mentre noi ridiamo delle loro zingarate fino all’amaro finale, in cui non si sa bene che sentimento si dovrebbe provare. È una sensazione conflittuale, in cui sia le risate che il pianto sono fuori luogo e al contempo adatte. Grazie alla forza del suo discorso, L’inferno e la fanciulla sa dare questo tipo di emozioni complesse, alle quali è difficile dare un nome che le definisca in modo sfaccettato. Serena Balivo ci accompagna in un viaggio che non necessita di scenografie elaborate, bastano la sua interpretazione e pochi props per restituire la verità del suo percorso alla scoperta di quel che abita dentro di noi. Al termine del monologo, dopo l’amarezza e le risate, c’è spazio per un senso di serenità. È come se acquisissimo un po’ più di consapevolezza sulla nostra condizione di creature dalle molteplici anime, impegnate in un costante ed equilibrato conflitto.
L’inferno e la fanciulla
con Serena Balivo
ideazione e drammaturgia Mariano Dammacco, Serena Balivo
regia Mariano Dammacco
immagine di locandina Stella Monesi
Produzione Piccola Compagnia Dammacco
con il sostegno di Campsirago Residenza
visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio
Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena