VEDERE O NON VEDERE? FORSE VOLARE

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2021 – MESSINA
di Francisca M.

Il 9 luglio 2021, per il Cortile Teatro Festival, la compagnia Berardi-Casolari ha portato in scena, sul palco allestito nel cortile del Museo Regionale di Messina, lo spettacolo Io provo a volare. Omaggio a Domenico Modugno, considerato dai due autori come «il primo figlio, quello che dai genitori ha preso le botte e l’insicurezza».

Protagonista è il fantasma di un giovane (interpretato da Gianfranco Berardi) che ogni notte, a mezzanotte, in compagnia di un chitarrista (Davide Berardi) e di un tastierista (Bruno Galeone), torna in scena nel piccolo cinema di cui si occupava da ragazzo. Accompagnato dalle luci di Gabriella Casolari e dalle canzoni di Modugno, i cui cd gli sono stati regalati da quello che definiva ‘lo scemo del villaggio’, il fantasma rivive il periodo della sua adolescenza e in particolar modo il suo grande sogno di diventare attore, sogno che ha inseguito per tutta la vita senza tenere conto delle delusioni, degli sfruttamenti e dei sacrifici necessari, anzi spingendosi sempre più lontano, inseguendo il miraggio della grande città. Di essa ama subito il movimento: anche lui vuole farne parte, «assaporare le donnine, con le scarpettine, con le fibiettine, con le gonnelline, tutte truccatine, con le borsettine della spesa» perché quel veloce ritmo lo affascina, lo invita. Ma l’entusiasmo lascia subito posto al timore e al sudore: per potersi permettere l’accademia, infatti, deve svolgere qualsiasi tipo di lavoro e finalmente, dopo qualche anno, il giovane otterrà il tanto agognato diploma d’attore che si rivelerà assolutamente inutile.

All’inizio e alla fine dello spettacolo, il personaggio, che indossa un frac over size, si muove sul palco con un unico lumicino, suscitando la compassione ma ancor più il compatimento da parte del pubblico nei confronti di quel giovane ragazzo a cui tutto sembra andare male. Il sentimento che pervade lo spettatore è così forte che, come a voler dire «te lo avevo detto!», desidererebbe entrare in scena e aiutare il giovane a risollevarsi. Per il giovane infatti tutto appare difficile, ogni porta gli viene sbattuta in faccia: cinema, radio, televisione, cabaret, non riesce a trovare lavoro neanche alla stazione. Finirà a lavorare per un circo, facendo la scimmia che cammina su un filo sospeso sulle gabbie dei leoni: un altro disastro. Il ritorno a casa sarà inevitabile, ma anche lì si scontrerà con un mondo che chiude le porte ai sogni e all’arte: il teatro che vorrebbe gestire è stato ristrutturato e ora ha un palco in marmo, perché le assi di legno non servono (non è una palestra!). Deluso su tutta la linea, la frustrazione del ragazzo esplode in rabbia e decide di distruggere tutto, di far cadere le pietre di quel teatro l’una dopo l’altra, «prima che chiunque altro possa vantarsi di quello scempio come di un capolavoro».

Lo spettacolo si apre con Amara terra mia, canzone di Domenico Modugno, e prosegue con un monologo sul personaggio di Amleto: «Amleto cosa voleva davvero»?  Desiderava essere tutto ciò che non era, desiderava gioire e ridere, amare ed essere felice. Il tema della domanda intorno alla figura di Amleto continua ad aleggiare per un paio di scene e trova la sua conclusione quasi alla fine dello spettacolo, quando il giovane, ormai stanco e sopraffatto dalle mille delusioni e dai mille impedimenti, si interroga amleticamente sul da farsi: vedere l’insuccesso del sogno (quindi ammetterlo) e soffrire oppure non vedere mai per paura di morirne?

Colpisce e fa riflettere il fatto che la strada per il perseguimento di un sogno spesso è attraversata dal dolore, prima ancora che dalla felicità. Ma l’amore che anima un sogno a volte porta alla cecità e spesso siamo noi stessi a non voler vedere nient’altro, neanche l’impossibilità di trasformare quel sogno in realtà. La strada per perseguire un sogno è lastricata di coraggio, di audacia e di spirito di iniziativa ma troppe volte il risultato è solo un grande, enorme frac, un abito che non è stato cucito su misura per noi.

Il fantasma del ragazzo, però, non si abbandona alla rassegnazione di un mondo ormai perduto: ogni notte infatti prova a volare. Esiste solo il caso e lui, prigioniero del buio, spinge, cade e lotta. Nessuno riesce a frenarlo e, finché la vista non gli dirà che è salvo dal mondo da cui per anni ha cercato di fuggire, lui proverà a volare. E proprio quando si è ormai giunti alla fine, il fantasma si avvicina ai musicisti, che come burattini sono accasciati sui loro strumenti – con i quali ha interloquito e che ha addirittura picchiato -, per porgere loro un ultimo saluto e così, intonando un’ultima poesia, il fantasma torna alla luce lasciando il cuore dello spettatore pesante come un macigno.

  

IO PROVO A VOLARE
Omaggio a Domenico Modugno

di e con Gianfranco Berardi
con la partecipazione di
Davide Berardi, voce solista e chitarra; Bruno Galeone, fisarmonica
regia e luci
Gabriella Casolari
costumi
Pasqualina Ignomeriello
produzione Compagnia Berardi Casolari
con il sostegno di Festival Internazionale Castel dei Mondi
visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio

Ph. Giuseppe Contarini –  Fotoinscena