COMUNICARE L’INVEROSIMILE
#INTACITOQUADRANTE: RIFLESSIONI SULLE PROVE A CURA DELL’OSSERVATORIO CRITICO
di Giulia C.
Domenica 22 agosto al Castello Sancio ho avuto il privilegio di assistere alle prove dello spettacolo In tacito quadrante, regia e drammaturgia di Auretta Sterrantino, con William Caruso e Giulia Messina, assistente alla regia Elena Zeta, prodotto da QA-QuasiAnonimaProduzioni e Nutrimenti Terrestri, che andrà in scena l’8 settembre all’Area Iris di Ganzirri.
Sensazioni, rumori e sussurri di una coppia della quale restano solo lunghi sguardi e profonde timidezze. Parole e afflati che si mescolano per cercare di comunicare l’inverosimile. Volti che si scrutano nel buio. Braccia che ondeggiano in modo sinusoidale nell’infermità dello spazio. Corpi caduchi e flessuosi che si muovono su uno spazio brullo, alla ricerca di uno spiraglio di luce languida, morente. Arriva un suono acuto che li stordisce, li scompone in piccoli cocci.
E all’improvviso …
«Dietro nere cime il sole improvvisamente risfolgora: i suoi raggi si frangono sulla scheggiatura del crinale e se ne diffondono, scesi a dorare le brume della terra».
Carlo Emilio Gadda
Vedo un’alta torre ambita ergersi fin su il cielo terso, infiammato dai raggi. Fende l’aria, cresce; si allunga; si smonta. Di punto in bianco si percepisce un manto leggero scendere dal cielo pian piano – qui si nasconde il segreto – avvolge i due corpi e si estende come un filo sulle loro braccia, facilitando i movimenti. I nervi accesi risvegliano lo spirito. Qualcuno dall’alto li guida, li aiuta a rialzarsi, a ricomporsi, aliena le loro insicurezze e l’immenso vuoto che si cela tra i loro sguardi. In un movimento ritmico qualcuno cade e si rialza; cade e si rialza; cade e si rialza…
«Tu vai, spirito mio, vai con agilità e come un nuotatore che s’inebria dell’onda lietamente attraversi l’immensità profonda preso da un’indicibile e forte voluttà».
Charles Baudelaire
Mi risveglio dalla mia immagine pervicace e rivedo quei corpi, che prima sembravano solo ombre, prendere forma, modellarsi sul proprio asse di esperienza. Abbracciati, affannati, formano una cuspide su una base oblunga. Si osservano come se uno fosse lo specchio dell’altro. Torna alla mente – come dice Pavese – quel vivere assorto, nella luce stupita. Si riconoscono.
Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena