PER SEMPRE FANCIULLO

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2021
di Giulia C.

Il 30 e il 31 agosto al Cortile Calapaj – D’Alcontres è andato in scena lo spettacolo Le lettere a Theo che racconta la peculiare corrispondenza tra il celebre pittore Vincent Van Gogh e il fratello, gallerista, Theo. L’attore, Blas Roca Rey, unico e solo in scena, in seguito a una minuziosa selezione, ha riadattato le lettere, teneramente conservate, ritrovate dagli studiosi nell’abitazione di Theo.
Per Van Gogh, scrivere lunghe lettere al fratello, non era soltanto un’ossequiosa convenzione, ma per lui diventava una vera e propria confidenza, una raccolta di rivelazioni. Infatti il pittore in queste lettere si raccontava e dipingeva, a parole, il suo ritratto semplicemente «diverso dagli altri». Egli credeva che fosse penoso parlare alla gente e mescolarsi con essa, con la mediocrità avvolgente di chi si è ostinato a non capire la sua arte. Egli ci dice che l’Arte richiede un’attenta osservazione; capirla e prestare la giusta attenzione all’opera è di per sé una forma d’Arte. Tuttavia Van Gogh non si rassegnò all’indifferenza altrui, continuava a dipingere le sue tele «rozze ma splendide», andava alla ricerca di nuovi paesaggi, nuove sensazioni, nuovi colori, nuove tonalità più miti e serene, in modo che proiettassero la visione onirica di mondo, da lui tanto agognata. Però anche i dipinti più idilliaci hanno sfumature torve e cupe. Nel fiore dei suoi anni, come un corvo solitario, egli scendeva in picchiata verso il mondo degli Inferi, in cui lo perseguitarono terribili ombre che ben presto si impossessarono di lui. Nessun raggio di sole, solo tristezza infinita lo attendeva.
Blas Roca Rey, con voce tremula e con la fantasia febbrile di un fanciullo, ora seduto su una sedia, ora in piedi davanti a un leggio, ci invita per mano nella mente del giovane pittore, volgendo lo sguardo verso un frammento della sua vita: udiamo quasi il rumore della biro che accarezza la carta da lettere e il profumo di essa tra le dita tremanti, colme di eccitazione. Al fianco dell’attore si trova il Maestro Luciano Tristaino il quale accompagna il racconto con il dolce suono di un flauto che incentiva la tensione drammatica dello spettacolo e regala respiro alla drammaticità della storia. La musica talvolta dialoga con la voce dell’attore, talvolta impegna con la sua armonia le pause di riflessione o il silenzio pensieroso di Van Gogh. Le luci che bagnano le pareti e illuminano il volto dell’attore sono di colore giallo acceso, la cui intensità varia a seconda della tensione delle vicende. Il colore vivace e allegro potrebbe ricordare il giallo del celeberrimo dipinto I Girasoli oppure potrebbe rappresentare la luce, la quale diventa sempre più fioca e lugubre avvicinandosi al filo sottile che delinea il confine della vita del pittore. Sullo sfondo vi è un grande schermo sul quale appaiono le quattro tele più conosciute dipinte da Van Gogh: Autoritratto, I mangiatori di patate, I Girasoli e La notte stellata. Esse offrono la possibilità allo spettatore di immergersi nelle atmosfere narrate all’adorato fratello.
Al termine della pièce potremmo trovare una risposta alla domanda che potrebbe esserci sovvenuta sui libri di scuola, studiando la vita e le opere di questo artista: cosa possiamo imparare dalle scelte di Vincent Van Gogh? Possiamo sicuramente apprendere e ammirare la pervicacia di quest’uomo, che lo ha portato a non arrendersi dinanzi agli impervi percorsi e agli ardui ostacoli. Possiamo imparare anche a non essere indifferenti alle nostre sensazioni ed emozioni, ma esprimerle quando sentiamo l’urgenza di raccontarle; a non inibire le nostre abilità e la nostra immaginazione, ma usarle come leva per sconfiggere l’uggia e la noia quotidiana. «La pittura è il mio rimedio sovrano» scrive in una delle lettere a Theo. Possiamo imparare a non sedimentare le nostre menti, ma di essere sempre creativi e produttivi: «Al fannullone manca ciò che è necessario per produrre». Infine, possiamo imparare ad avere più fiducia in noi stessi e continuare a credere nella bellezza, sempre più carente nelle nostre vite.
«Io sono natura, arte e poesia. Se questo non è abbastanza, cos’è abbastanza?»

LE LETTERE A THEO
libero adattamento di Blas Roca Rey
con Blas Roca Rey
ai flauti il Maestro Luciano Tristaino
produzione Nutrimenti Terrestri
Visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio

 

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena