FACCIA A FACCIA CON L’ECCEZIONE, ORMAI DIVENUTA REGOLA
INTERVISTA A LUCA D’ARRIGO PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022 – MESSINA
a cura di Maria Cristina Cannavò
Giovedì 4 agosto abbiamo assistito, presso il Cortile Calapaj-D’Alcontres, allo spettacolo Che l’A. pace sia con voi, diretto e interpretato da Luca D’Arrigo. Prima dell’inizio della pièce abbiamo avuto la possibilità di rivolgere alcune domande all’attore e drammaturgo, formatosi a Messina e a Modena.
Come nasce Che l’A. pace sia con voi?
Che l’a pace sia con voi nasce l’estate scorsa come corto teatrale, uno tra i quattro selezionati in seno al Festival Storie interdette, ideato dalla compagnia Chille de la balanza, che produce attualmente lo spettacolo. Il bando per corti teatrali in oggetto gravitava intorno a un tema caro alla suddetta compagnia teatrale (nonché commissione giudicatrice), quello dell’emarginazione – intesa a tutto tondo – e dell’attenzione verso gli esclusi, gli emarginati. Il progetto che ho presentato è risultato ben accetto ed è stato pertanto sostenuto dalla compagnia affinché diventasse uno spettacolo completo. Il debutto risale allo scorso febbraio e adesso siamo qua.
Come ha lavorato sulle tematiche portanti dello spettacolo?
Quando lavoro a un testo tendenzialmente procedo a una fase di studio, sulle fonti o sui fatti, che in questo caso si applica alla seconda parte dello spettacolo, in cui è centrale la serie di denunce rivolte a storture statali, a eccezioni fin troppo frequenti. Sono andato a documentarmi circa situazioni per le quali non è possibile andare fieri dello Stato italiano, nostra patria: dalla gestione del gioco d’azzardo a quella dei femminicidi, passando per la vendita di armi e non solo. Sono tutte questioni che oltrepassano i singoli casi sporadici, rappresentando delle storture di sistema.
La quasi cecità della protagonista entra in contatto con i temi del monologo?
Sì. La prima parte dello spettacolo ripercorre la storia di cui sono protagonisti il ragazzo soccorritore e la ragazza soccorsa, quasi cieca. Quella della cecità è una tematica fondamentale perché si accompagna alla contrapposizione tra la luce apparente della società civile, della società statale, e il buio dello stato di natura, che secondo la filosofia politica è quella condizione nella quale vivono gli esseri umani prima di riunirsi in società. La condizione della cecità e del buio ritorna man mano anche nella seconda parte dello spettacolo, in cui si esamina quanto all’interno della nostra società apparentemente luminosa ci siano in realtà queste storture di buio e quanto noi siamo ciechi rispetto a queste eccezioni strutturali.
Questo spettacolo vuole essere un atto di protesta?
Sì, vuole essere un atto di protesta e di denuncia volto a piantare delle piccole spine – permettetemi l’espressione – nel pubblico che assiste allo spettacolo. Ci si domanda sempre se il teatro abbia concretamente il potere di cambiare il mondo o meno… Al di là di retoriche anche un po’ banali, credo che il teatro possa riuscire a influenzare il pubblico che partecipa all’evento teatrale, conficcandovi delle piccole spine di pensiero attivo, di pensiero critico, tramite cui si potrà assistere al cambiamento dei comportamenti nella nostra società.
Secondo lei, per cosa vale ancora la pena di lottare?
A volte c’è una tendenza da parte di certe frange del teatro italiano contemporaneo a fuggire dalla realtà, dalla tematica politica, perché ci si rende conto che giocoforza l’impegno politico in senso lato (non consistente, cioè, nell’iscrizione a un determinato partito, bensì nell’essere cittadini consapevoli) è qualcosa che allontana il pubblico, lo spaventa. Il mondo è così tanto complicato, c’è talmente tanta sofferenza che risulta improponibile pensare di dover lottare ulteriormente nel proprio piccolo, affaticarsi per un mondo migliore. Si dice di voler estraniarsi da tutto almeno nella sala teatrale… Io non penso che non ci debbano essere spettacoli di questo genere: il teatro è bello perché è vario! Trovo, invece, giusto che una parte degli spettacoli debba fungere da pungolo, da mezzo per aprire gli occhi sul mondo al pubblico della sala. Il teatro non deve chiudersi dentro sé stesso, ma deve aprirsi alla realtà, dal momento che solo così è possibile cambiare il mondo.
CHE L’A. PACE SIA CON VOI
di e con Luca D’Arrigo
luci e suoni Teresa Palminiello Francesco Lascialfari
video e foto Cristina Giaquinta
produzione Chille de la balanza
Il primo studio risultò vincitore dell’edizione 2021 di Storie Interdette
visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho
Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena