L’ACCUMULO, EMBLEMA DI SOLITUDINE

INTERVISTA AD ANNA PISCOPO PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022 – MESSINA
a cura di Francisca M.

 L’8 agosto ha debuttato, presso lo spazio dell’Area Iris, lo spettacolo Vivere! di e con Anna Piscopo che abbiamo avuto l’occasione di intervistare e alla quale rivolgiamo i nostri ringraziamenti per la disponibilità concessa.

 In un’intervista dice che per lei è più importante essere autrice che attrice dei suoi lavori. Com’è cominciata la sua carriera da autrice e perché la preferisce a quella di attrice?
Per me è più importante essere autrice perché preferisco esprimere un mio punto di vista sulle cose, non solo interpretarlo. Sono partita come attrice scritturata e poi a un certo punto, siccome la mia carriera non decollava, ho deciso di iniziare a scrivere realizzando il mio primo spettacolo che si chiama Mangia!.
Trovo la dimensione della scrittura una dimensione più rilassante, di totale espressione di quello che sono e che vedo. Inoltre credo che sia una professione che potrebbe durare per sempre, non solo in termini di profitto ma anche rispetto a quello che mi piace e mi rende più felice.

Il testo di Vivere! è stato scritto a quattro mani con Lamberto Carrozzi. Com’è cominciata la vostra collaborazione e come avete lavorato per la costruzione dello spettacolo?
È nata in maniera istintiva, non ci conoscevamo bene, lui non faceva teatro da tanti anni ed era già in pensione quando ci siamo conosciuti. Io mi sono fidata di lui e gli ho chiesto di poter rivedere con me Mangia! perché sentivo che aveva bisogno di un upgrade. Abbiamo iniziato a lavorare su quello, poi gli ho proposto un altro testo mio che si chiama Vai a rubare a San Nicola e per il terzo abbiamo iniziato a lavorare insieme. Vivere! è stato veramente scritto a quattro mani, seduti a un tavolino per due anni: io ho strutturato lo spettacolo e poi abbiamo scritto scena per scena insieme.

Com’è nata la protagonista, Calimba Di Luna?
Ci siamo ispirati a un nostro amico che è un accumulatore seriale. La sua situazione durante il covid si è acuita e ci è sembrato fosse completamente andato fuori di testa. Al tempo stesso, però, il suo mondo ci attirava e così abbiamo iniziato a scrivere di questo personaggio. Ci sembrava un personaggio simbolo di un periodo che abbiamo vissuto tutti, per il covid e non solo.

Perché avete scelto questo titolo per la pièce?
Il titolo l’ho scelto io. Volevo creare un’antitesi con quello di cui parla perché in realtà è la storia di una prigionia autoimposta e il tema dello spettacolo è di scegliere tra la vita e la morte. Calimba, in qualche modo, sceglie la morte e proprio per questo in antitesi ho voluto mettere un titolo che creasse un contrasto con la sua scelta. Inoltre, in qualche modo la vita di Calimba Di Luna, che è sicuramente un estremo, non è normale, è patologica, ma quanto è diversa dal vivere di tutti noi? Noi non accumuliamo, non ci richiudiamo in casa, ma qual è l’alternativa a questo rinchiudersi, non ci sono forse altre gabbie, altre prigioni, altre forme di accumulo affettivo, materiale eccetera?

Perché ha deciso di utilizzare il problema dell’accumulo compulsivo come pretesto per affrontare il tema della solitudine sociale?
Razionalizzare questa scelta è difficile perché sinceramente è una cosa che è nata istintivamente, sicuramente c’è un grosso influsso del covid per quel che mi riguarda. Il tema della reclusione nasce da quello che abbiamo vissuto: io personalmente sono stata sola durante il lockdown. Sicuramente c’è quell’ispirazione a cui si è unita la storia del nostro amico e ci siamo accorti che la condizione dell’accumulatore è una condizione estrema, iconica di solitudine.

Durante lo spettacolo l’unico mezzo di contatto col mondo per Calimba erano i social. Come crede che i social in questo periodo influiscano sull’isolamento sociale?
Io penso che i social influiscano altamente, ma non solo sull’isolamento sociale, anche sulla creazione di obbiettivi quasi irraggiungibili per cui arriviamo a sminuire quello che siamo, quello che possediamo, la nostra vita, il nostro potenziale. Questo lo viviamo tutti, è inutile prendersi in giro; tutti noi siamo in un continuo rapporto con i corpi degli altri, le vite degli altri, coi successi degli altri, quindi sicuramente il social per me non è un luogo d’incontro ma di solitudine, di rivalità, di competizione, di sofferenza e di dolore. Questo ho voluto raccontare, non per giudicare perché è una condizione che vivo anche io, ma come atto di presa di coscienza. E sicuramente non sono i social la risposta alla solitudine. La risposta alla solitudine è l’incontro fisico con l’altro, che questo possa avvenire o no, è difficile, auspicabile ed è ancora possibile perché tutto sommato finché viviamo, esistiamo anche fuori da uno schermo.

VIVERE!
di Piscopo/Carrozzi
con Anna Piscopo
co-produzione Bam Teatro e Nutrimenti Terrestri
in collaborazione con Beat 72

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL di Messina
Diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena