UN FORTUITO INCONTRO

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022 (PROMONTORIO NORD) – MESSINA
di Giulia C.

Due prostitute, un musicante e un aspirante suicida. Questi sono i protagonisti del nuovo spettacolo di Giovanni Gionni Boncoddo andato in scena il 18 agosto alla Tenuta Rasocolmo per la rassegna Promontorio Nord diretta da Roberto Bonaventura.
«Macchine, treni, parcheggi. Questo è il mondo per due come noi. Fare quello che ti viene chiesto di fare». Dalle prime battute che vengono pronunciate dalle due giovani donne (Marica Auletta, Maria Chiara Basso) si legge tutto il loro odio verso una vita che le ha disprezzate per poi gettarle in mezzo a una strada, aprendo ben presto l’unica porta che si prospettava ai loro occhi, la prostituzione. Sfoggiando un abbigliamento provocante, un trucco eccessivo e imitando pose seducenti da rivista, aspettano al centro del palco lo sguardo ammiccante di un uomo che le faccia accomodare nella propria autovettura. La routine è sempre la stessa da anni tanto che, rivolte al pubblico, la rammentano con noia: «Fingere di godere; non temere nulla; soddisfare i loro ‘bisogni’». Non sanno però che gli uomini che incontreranno a breve non sono come quelli con cui sono abituate a intrattenersi. Seduti inizialmente tra il pubblico, entrano in scena gli altri due protagonisti dello spettacolo (Emanuele Bono, Damiano Boncoddo); si presentano come due uomini bizzarri, sopra le righe: spaesati, indossano abiti trasandati e si accasciano proprio al centro del palco poco distanti dalle due donne. Uno di loro aveva tentato qualche minuto prima il suicidio, l’altro l’’angelo custode’, di mestiere musicante, che lo aveva salvato. Tra risate spontanee e frasi che a tratti sfiorano il non sense, le due coppie fanno la loro conoscenza.
La loro presentazione, abbastanza fugace e repentina, non permette di conoscere bene i quattro protagonisti, rendendoli distanti e poco familiari. In più, seguire i loro dialoghi, specialmente quando i personaggi sono girati di spalle, risulta ostico a causa della scelta di non utilizzare i microfoni in scena. A rendere piatto il ritmo della pièce è lo scadere in continue citazioni di scrittori, musicisti e registi celebri (Beckett, Scorsese, Blake, Morrison, Charlie Parker sono solo un esempio) che non aggiungono nulla alla narrazione, ma la rendono monotona e poco avvincente fin dalle prime battute, dando più l’idea di ‘lista della spesa’. Molti dei dialoghi si animano intorno alla musica, in un repertorio vario, da Sergio Endrigo si arriva sul finale a Vinicio Capossela (la cui canzone Ovunque Proteggi dà il titolo allo spettacolo): Boncoddo sceglie di inserire per ragioni puramente pratiche, come spiegherà lui stesso nell’intervista, una tastiera, collegata alla cassa dal musicante proprio sul palco. Infine, le due paia di stivali neri – unico oggetto in scena insieme a una sedia in legno – che verranno indossate in seguito dalle due donne, non sembra abbiano uno scopo specifico, fatta eccezione di quello estetico e vien difficile suggerirne un significato preciso.
Si può leggere Ovunque Proteggi come la testimonianza di quattro giovani che si abbandonano alla vita o che forse tentano di cercare in essa un senso, come mostrano perfettamente i racconti delle due prostituite e dell’uomo che aveva deciso di porre fine alla sua vita: questi infatti si alienano ai cliché che la società ha ben confezionato per loro non lottando in alcun modo per liberarsene. Tuttavia questa premessa, seppur interessante, risulta presto essere solo una piccola parentesi che non trova sviluppo nel corso della narrazione.

 

LA NECESSITÀ DI SCRIVERE E RAPPRESENTARE.
Intervista a Giovanni Gionni Boncoddo  a cura di Giulia C. e Maria Cristina Cannavò

Perché ha deciso di affrontare nel suo spettacolo la dissolutezza che coinvolge molti giovani?
Perché credo che i giovani d’oggi siano molto insicuri e alquanto male guidati. Ho pertanto pensato che fosse un testo necessario da scrivere e da rappresentare. Spero di aver lasciato qualcosa.

Perché ha scelto tra i personaggi del suo spettacolo come protagonista proprio un aspirante suicida?
È una domanda un po’ difficile. Sono stato in coma un mese. Dopo un anno di ospedale ho pensato che fosse opportuno togliersi la vita. Questo testo è stato scritto appositamente per questo motivo. Adesso ovviamente amo la vita, ma quando ho pensato a questa mia nuova scrittura ho fatto memoria dei momenti in cui mi svegliavo in un letto d’ospedale e non potevo fare niente, essendo completamente paralizzato. È normale pensare al suicidio in momenti delicati come quelli. Poi mi ha risvegliato da quell’oscurità mia moglie. È soprattutto grazie a lei e ai miei figli se sono qui.

I personaggi che vedremo in scena all’inizio sono seduti tra il pubblico. Da cosa nasce questa precisa scelta?
Odio gli attori che stanno in camerino. Odio questo distacco. Proprio come Peter Brook, io li faccio partire sempre dal pubblico, in tutti gli spettacoli.

Perché ha scelto proprio una tastiera da portare in scena? E come mai ha deciso di chiudere lo spettacolo con la canzone Ovunque Proteggi di Vinicio Capossela?
Abbiamo scelto la tastiera perché non potevamo portare in scena un pianoforte. Inoltre ho scelto Vinicio Capossela perché la sua canzone, Ovunque Proteggi, è universale; è una delle canzoni che ascolto più spesso quando non mi sento bene. Mi serve come incoraggiamento.

Nello spettacolo viene citata una celebre frase di Martin Scorsese: «Non c’è una cosa al mondo che sia semplice». Cosa l’ha colpita maggiormente di questa citazione?
Ho scelto questa frase perché credo che si superficializzi tutto e non si studi abbastanza. Inoltre devo ammettere la mia grande ammirazione per Scorsese, ho letto e visto tutto del regista. È stato fondamentale per la mia formazione. Io ho tratto ispirazione da Toro Scatenato per il mio spettacolo. Oltre a Scorsese, per me sono stati importanti  Lynch e Fellini.

 

OVUNQUE PROTEGGI
adattamento, drammaturgia e messa in scena: Giovanni Gionni Boncoddo
con: Marica Auletta, Maria Chiara Basso, Damiano Boncoddo, Emanuele Bono, Enzo Cambria

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL di Messina
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho