«UNA E PIÙ DI UNA ALLO STESSO TEMPO»

#MMB – DAL TESTO ALLA SCENA: INTERVISTA A ELENA ZETA, ASSISTENTE ALLA REGIA DI MINIMA MENTE BLU
a cura di Sara C.

In occasione del debutto di Minima Mente Blu. Accordi sintetici per una nudità d’essenza, spettacolo andato in scena il 17 settembre presso l’Area Iris di Messina, abbiamo avuto il piacere di intervistare Elena Zeta, assistente alla regia.

Minima Mente Blu è l’ultimo di una serie di spettacoli a cui ha lavorato con Auretta Sterrantino. Come crede che il lavoro della regista sia cambiato?
Sicuramente la prima cosa che si nota è come sia cambiata la concezione e l’importanza del movimento nei suoi spettacoli, nonostante io non lavori con lei dall’inizio. Per esempio, mi raccontava che fino all’anno prima che facessimo il primo spettacolo insieme, Wunderkammer, riservava alcuni giorni di prova in cui faceva fare agli attori degli esercizi che cominciassero ad abituarli a determinata qualità di movimento che voleva per lo spettacolo, perché sia per la qualità di movimento sia per il modo in cui viene utilizzato lo spazio scenico si tratta sempre di una scrittura codificata.
Se penso a Wunderkammer − che era uno spettacolo un po’ particolare, di Auretta e de La Casa delle Candele di Carta, quindi era già di per sé un ibrido −, ricordo che Auretta aveva un’idea molto precisa di quelle che erano le parti di movimento − quasi coreografiche − dello spettacolo, che contava quattro personaggi (escludendo la band) di cui tre si muovevano quasi sempre insieme, poiché erano le ombre di Edgar Allan Poe: dovendo fare, per esempio, quattro movimenti, era necessario sapere come passare dal primo al secondo, dal secondo al terzo e così via, e lei arrivava in teatro avendo già studiato una possibilità di farlo. Andando avanti con il tempo questa cosa è cambiata e ora c’è molto più dialogo con gli attori; ovviamente, questo dipende anche dal fatto di aver trovato un determinato tipo di attori − sia in quanto persone sia in quanto professionisti − con cui ci si è trovati più in linea e si è lavorato tanto, con cui si è abituati a dialogare e a fidarsi, anche perché si sa che si è sulla stessa linea d’onda: quindi il processo è molto più dialogico. Ovviamente il regista dice qual è l’effetto che vuole ottenere, capiamo insieme come ottenerlo e alla fine si sistema, perché questo processo dialogico in teatro si può realizzare davvero fino a un certo punto: tu attore, che sei dentro al personaggio, dentro la scena, puoi renderti conto di quello che succede dentro di te, di quello che succede dentro la scena, ma non ti puoi rendere conto di come quello che sta succedendo dentro viene visto da fuori. Ci vuole sempre qualcuno che ti dice se vista da fuori quella cosa è effettivamente ciò che tu stavi cercando di fare; questa è una cosa molto importante. A parte questo, da Wunderkammer a Minima Mente Blu, ho notato che tutti gli elementi dello spettacolo si sono andati a mescolare, a perdere i confini, a diventare sempre più un ‘uno’. Anche i testi sono diventati sempre più tendenti alla poesia – meno parole, più significato −. L’apice è stato In Tacito Quadrante, l’anno scorso, che era chiaramente teso verso la scarnificazione e, allo stesso tempo, l’estremizzazione degli elementi dello spettacolo, parola e gesto in primis.
Però devo dire che da questo punto di vista sono rimasta piacevolmente sorpresa del fatto che in Minima Mente Blu queste due cose si bilanciano molto, perché a fronte di pezzi (come per esempio l’inizio) in cui la parola e l’andamento della parola sono estremamente poetici, ci sono dei pezzi (come quello in cui Sibilla si scontra con i due Maestri) in cui invece la parola, seppur il testo resti sempre un monologo, diventa molto più dialogica, va più verso la prosa, sempre però mantenendo quello che è lo stile di Auretta.

Com’è stato per lei lavorare alla realizzazione di Minima Mente Blu?
Divertente. È stato un po’ diverso dalle altre volte, perché penso sia stata l’unica volta in cui non ho seguito il lavoro a tavolino e in cui non mi sono preparata prima (di solito leggiamo molti testi paralleli che possono aiutare a sviluppare le tematiche del testo), non ho letto il testo di Nudità né ho visto lo spettacolo. Questo perché dover fare un nuovo spettacolo sulla stessa storia non è mai facile e quindi serviva ancora di più che io fossi quell’occhio il più oggettivo possibile, senza avere la coscienza di quello che è lo studio precedente. Conoscendo Nudità, sarebbe potuto capitare che alcune cose in Minima Mente Blu venissero date per scontate perché si erano interiorizzate alcune linee tematiche o narrative che in Minima Mente Blu, essendo un altro spettacolo, non c’erano; questo avrebbe reso questo secondo studio in qualche modo incompleto, non autonomo. Quindi, da questo punto di vista, sono dovuta rimanere non con un solo piede fuori, come faccio di solito, ma con tutti e due.

Come abbiamo notato durante le prove, il suo occhio critico è stato prezioso. Come avete lavorato in sala per portare a galla e mostrare agli occhi del pubblico l’interiorità della protagonista?
Questo è più un lavoro che è stato fatto a tavolino, a cui io non ho partecipato, però quello che posso dire è che immagino si sia svolto come le altre volte. Poiché la scrittura di Auretta tende molto al poetico, capita che ci siano dei concetti condensati in un’unica parola ed è nel momento in cui si è a tavolino che si deve capire che quell’unica parola c’è tutto un portato, non solo concettuale ma di pensiero del personaggio, quello che banalmente si chiama il ‘non detto’. Poi si deve anche riflettere su quali sono i passaggi di una storia, perché in ogni storia c’è un arco di trasformazione che vive principalmente il protagonista, ma che tecnicamente vivono tutti i personaggi, e quando la parola è molto poetica e i concetti e le emozioni sono condensati in poche parole bisogna essere attenti a non fraintendere dove sta andando l’arco emotivo − e, di conseguenza, narrativo − del personaggio e della storia.
Si fa più o meno il lavoro che si esegue analizzando ogni drammaturgia: ci si chiede perché il personaggio sta dicendo questa cosa, quali potrebbero essere le sue emozioni in un determinato momento, perché prima è in un modo e poi cambia… quindi si cerca di ricostruire l’arco narrativo.

Qual è stato il suo approccio alla lettura di questo nuovo testo?
Il mio primo approccio, come al solito, è stata una lettura molto veloce, perché mi sono accorta che preferisco fare la prima lettura molto velocemente. Il che non vuol dire ‘di volata’, ma vuol dire soffermandomi poco sul lavoro di cesellatura, perché facendo una lettura molto veloce riesco immediatamente a capire quali secondo me sono i punti importanti. Quindi comincio a capire cosa il testo trasmette alla mia sensibilità. Stavolta, diversamente dalle altre, non ho fatto, dopo questa più veloce, delle letture più approfondite, ma sono arrivata a rileggere il testo subito prima di andare in sala e poi di volta in volta insieme ad Auretta e Giulia, scandagliandolo nel momento in cui dovevamo montare lo spettacolo.

Quale ha pensato potesse essere in un primo momento il suo punto di forza?
Il fatto che fosse una cosa veramente molto interiore in cui vediamo una storia che è totalmente evocata dalla protagonista: lo spettacolo è un monologo ma ci sono anche altri personaggi che Sibilla sta vivendo, intorno a lei e con lei, non sono personaggi di cui sta semplicemente parlando o raccontando. Questo mi affascina molto: nelle parti in cui si crea un vero e proprio dialogo, Sibilla è una e più di una allo stesso tempo, contemporaneamente, riesce a essere Kappa ed Esse senza mai essere altro da sé, senza mai diventare loro o interpretarli, ma evocandoli, quindi facendoceli vedere coi suoi occhi, come lei li percepisce. È una cosa che mi è sembrata subito molto affascinante e su cui, a posteriori, confermo che ci sarebbe tanto da perdersi in pensieri speculativi, che sono la mia specialità.

 

MINIMA MENTE BLU
Accordi sintetici per una nudità d’essenza
II studio su V. Kandinskij e A. Schönberg
I capitolo della Trilogia sull’Arte
con Giulia Messina
regia e drammaturgia Auretta Sterrantino
musiche e progetto audio Vincenzo Quadarella
disegno luci Stefano Barbagallo
assistente alla regia Elena Zeta
ufficio stampa e comunicazione Marta Cutugno
produzione QA-QuasiAnonimaProduzioni / Nutrimenti Terrestri

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL di Messina
Diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena