ETEOCLE E POLINICE: «RE CONTRO RE»

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER SETTE
di Maria Francesca Visalli

Quasi un anno fa, il 28 novembre 2023, ha debuttato presso la Sala Laudamo di Messina lo spettacolo SETTE, prodotto da QA-QuasiAnonimaProduzioni e Nutrimenti Terrestri, in collaborazione con il Teatro Vittorio Emanuele. Lo spettacolo, allestito tra Messina e Malaga, è poi andato in scena a Reggio Calabria, Osoppo (Udine), Palermo (Italia); Valencia, Barcelona, Malaga (Spagna); Coimbra (Portogallo); Rio de Janeiro (Brasile).
SETTE è nato da un sapiente studio svolto dalla regista e drammaturga Auretta Sterrantino a partire dalla tragedia di Eschilo Sette contro Tebe, tenendo conto di tutte le altre tragedie che sfiorano o affrontano la vicenda di Eteocle e Polinice (Antigone, Edipo re, Edipo a Colono di Sofocle e anche Le Fenicie di Euripide, dove è presente l’unico dialogo tra i due fratelli). Il mito a cui si lega lo spettacolo è quello dei due fratelli tebani figli di Edipo i quali, dopo la morte del padre, si accordano sulla gestione del regno, decidendo che avrebbero governato la città un anno ciascuno. Passato l’anno Eteocle però non sembra avere intenzione di abbandonare il potere ed è così che Polinice decide di muovere guerra alla sua terra.
La messinscena inizia con, al centro dello spazio scenico, le due attrici (Giulia Messina e Carlotta Maria Messina, interpreti rispettivamente di Eteocle e Polinice) che si muovono come se stessero fluttuando nello spazio, accompagnate da suoni cupi e misteriosi a cui si sovrappongono le loro voci registrate e, illuminate da luci blu posizionate ai lati dello spazio scenico, sembrano proiettarci in un mondo ultraterreno.
Una volta terminata questa parte, veniamo catapultati con il rintocco delle campane in un’altra dimensione, quella del qui e dell’ora, in cui i personaggi ci stanno informando rispetto alle vicende che si stanno svolgendo. Eteocle e Polinice parlano della maledizione che ha colpito la loro famiglia, dell’incesto del padre e della loro condanna. Si stanno preparando per una guerra: Polinice, alla testa dell’esercito degli Argivi, si sta muovendo contro Tebe per prendere con la forza il potere che suo fratello Eteocle non vuole cedergli secondo gli accordi stabiliti. Nello spettacolo ci viene mostrato non solo il conflitto tra due fratelli, ma tra due modi completamente diversi di pensare e di agire: da una parte vi è il personaggio riflessivo, pacato e composto di Eteocle, dall’altro il suo opposto Polinice, personaggio ribelle, sfrontato, impulsivo; entrambi però vogliono uscire da questa guerra o vincitori o sconfitti ma mai vigliacchi, anche a costo di uccidere l’altro.  Nelle loro parole e anche nei loro movimenti assomigliano a dei robot, sembra che non provino alcun sentimento l’uno nei confronti dell’altro ma successivamente si vedrà come in realtà non sia così: i due fratelli, anzi, vorrebbero evitare questa guerra imminente ma ormai è troppo tardi e non possono più tirarsi indietro. Eteocle e Polinice chiamano a raccolta i cittadini di Tebe e di Argo, invitandoli a prendere le armi e a combattere per liberare la città dai nemici; nel fare questo, le due attrici sono rivolte verso il pubblico, facendo entrare ancora di più lo spettatore dentro il conflitto. La guerra è appena iniziata, «Marcia, avanza, imbraccia e danza, punta, mira, carica e tira», queste le parole che vengono dette dai protagonisti mentre lentamente avanzano in proscenio e ciò ci fa capire che entrambi si stanno preparando ad attaccare l’altro.
Sicuramente una suggestione fondamentale è data dallo spazio scenico nel quale le due attrici si muovono e che, essendo quadrato ricorda un ring, diviso in varie sezioni che permettono loro, nelle scene iniziali, di collocarsi l’una nella parte opposta rispetto all’altra, senza sfiorarsi né toccarsi, fino a quando non viene messo in scena l’incontro tra i due fratelli, quando Polinice entra di soppiatto nel palazzo di Tebe e da quel momento fino alla fine, si vedono, parlano, discutono, lottano, si sfiorano, toccano, abbracciano, dando spazio a un elemento che prima non era presente in scena ovvero quello del contatto fisico, del contatto umano.
Interessanti sono anche le musiche realizzate da Vincenzo Quadarella, che si sposano perfettamente con le scene che sono state rappresentate permettendo allo spettatore di addentrarsi ancora di più nelle vicende dei fratelli tebani. Per esempio quando Polinice entra di soppiatto nel palazzo di Tebe e i due fratelli si incontrano e discutono, la musica è tagliente, assomiglia a un boato e aiuta ancora di più a sottolineare la discussione violenta che in quel momento sta avendo luogo. Inoltre viene usato un suono di campane che, come le lancette di un orologio, scandisce le sette ore in cui i due fratelli si parlano prima che all’alba inizi la guerra: lo spettatore conta il tempo in cui si stanno svolgendo i fatti, infatti al rintocco delle campane il dialogo finisce, lasciando spazio all’altro momento che sta per avere inizio, proprio come avviene nella boxe, dove al suono della campanella il round di prima termina, dando inizio a un altro.
È interessante vedere come sia stato realizzato uno studio dettagliato sui movimenti e i gesti dei due personaggi: a partire da quello delle mani fino ad arrivare ai movimenti del corpo e dei piedi, come quando all’inizio dello spettacolo, per simulare l’attacco di Polinice a Eteocle e viceversa, le attrici marciano insieme, compiendo gli stessi gesti; oppure quando entrambi, allo stesso momento, in alcune parti dello spettacolo, dal momento in cui si incontrano al palazzo di Tebe in poi, contemporaneamente l’uno davanti all’altro poggiano una gamba mezza piagata e l’altra tesa, la testa inchinata e la mano destra che copre il viso, come a salutarsi.
Ciò che ho apprezzato di più di questo studio di movimenti e gesti è stato il momento in cui le attrici, nella parte centrale dello spettacolo, ci mostrano un possibile combattimento (poiché il combattimento vero e proprio si consumerà il giorno dopo all’alba) che dovrà avvenire tra i sei guerrieri di Tebe con Eteocle e i sei di Argo con Polinice. A ciascuno scontro dei guerrieri, presso ognuna delle porte, corrisponde, infatti, una collocazione diversa delle due attrici nello spazio scenico, che si trovano sempre l’una all’opposto dell’altra: in ogni porta avviene un combattimento che viene presentato dalle attrici, i loro gesti infatti ricordano l’uso di armi come la spada, la lancia, ma anche dello scudo per proteggersi dai colpi dell’altro.
Arrivati alla settima porta, dove a scontrarsi saranno Eteocle e Polinice, i due ci fanno comprendere il loro legame e ci danno anche un’anticipazione di come la loro storia andrà a finire, in un dialogo in cui le attrici si alternano le battute: «Io, tu», «Re contro re», «Fratello contro fratello», «nemico contro nemico».  È arrivato il momento della battaglia, e anche se in realtà non hanno alcuna intenzione di uccidere l’altro, devono farlo.  Tutto questo potrebbe avere fine se Eteocle si decidesse a cedere il potere della città al fratello Polinice, come avrebbe potuto avere fine se Polinice non avesse deciso di prendere il potere con la forza. Ma visto che nessuno dei due fratelli ha intenzione di cedere, l’unico modo è combattere, proprio alla settima porta: «O vinci o muori», sono le parole che Polinice dice al fratello Eteocle.
L’alba è ormai giunta, infatti la scena viene illuminata dai proiettori con luci tenui, simili ai raggi del sole, inoltre i fratelli dicono di sentire cantare l’allodola, e questo fa capire allo spettatore che il sole sta per sorgere, i fatti si stanno per compiere, anche se entrambi i personaggi non vogliono ma devono: «Siamo nemici adesso». La regista e drammaturga Auretta Sterrantino ha scelto di non mostrare allo spettatore i due fratelli nel momento in cui si uccidono a vicenda, ma solo mentre combattono, anche se in realtà il combattimento non ci viene presentato come comunemente potremmo immaginare, ma si tratta di un combattimento che man mano diventa un cercare l’altro, quasi  fosse diventata una danza di gesti: i due fratelli infatti, nella parte finale dello spettacolo, si abbracciano, si sostengono, si aiutano a vicenda, si danno consigli su come combattere. Sono gli stessi personaggi a fare intuire di essere morti, dicendo insieme le seguenti frasi: «Questa terra, polvere, cenere e Terra accolga noi Eteocle e Polinice, fratelli, figli di Edipo […]  la settima porta potrebbe parlare del nostro valore […] Adesso nel fitto reticolato che tesse luci e ombre distese le membra cerchiamo riparo lottando l’uno contro l’altro». Al termine dello spettacolo, lo spettatore rimane incantato e si domanda se i personaggi che all’inizio si erano presentati come Eteocle e Polinice siano le loro ombre o le loro anime o loro in carne e ossa.
SETTE è stato sicuramente un’interessante scoperta, un grande viaggio, ma soprattutto un salto nel vuoto alla ricerca di un mondo, quello del teatro, che per me è sempre stato ignoto; è stato slancio assoluto e soprattutto grande emozione. Mai avrei immaginato di provare così tanto trasporto nel vedere uno spettacolo teatrale, non mi era mai successo di percepire i miei sentimenti un tutt’uno con quelli dei personaggi in scena. Con SETTE invece è successo, ed è stata una grande emozione, perché è riuscito a sbloccare una parte di me stessa che neanche io conoscevo, un trasporto emotivo mai provato fino ad ora: i miei sentimenti, sempre più vivi, erano un intrecciarsi di rabbia, disprezzo, malinconia e nostalgia perché durante lo spettacolo, soprattutto alla fine, sembra che i fratelli ricordino la propria infanzia e insieme quell’ingenuità e semplicità che non ritornerà più.

SETTE
[studio a partire da Sette contro Tebe di Eschilo]
testo originale, regia e drammaturgia Auretta Sterrantino
musiche originali e progetto audio Vincenzo Quadarella
con Giulia Messina e Carlotta Maria Messina
assistente alla regia Elena Zeta
ufficio stampa e comunicazione Marta Cutugno
produzione QA-QuasiAnonimaProduzioni / Nutrimenti Terrestri
in collaborazione con il Teatro Vittorio Emanuele (ME)
Ph. Fabio Crisafulli

Spettacolo nato all’interno del progetto internazionale “Varcare la Soglia
Università di Malaga (Spagna), Facoltà di Filosofia e Lettere, Dipartimento di Filologia Classica, Prof.ssa responsabile: Marta González González
Università di Messina (Italia), DICAM (Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne), Facoltà di Scienze storiche, Area. Storia delle religioni, Prof.ssa responsabile:  Mariangela Monaca

Spettacolo costruito durante una residenza all’Università di Malaga (Spagna), Facoltà di Filosofia e Lettere, Dipartimento di Filologia Classica, Prof.ssa responsabile: Marta González González

visto alla Sala Laudamo del Teatro Vittorio Emanuele di Messina
il 28 e il 29 novembre 2023