UN SILENZIO ASSORDANTE
#SETTE: DIARIO DI UNA SETTIMANA DI PROVE
di Sara C.
GIORNO 1 – «A me capita spesso di guardarmi allo specchio»
Guardare uno spettacolo è un’esperienza a cui ho avuto modo di partecipare numerose volte, tuttavia ho avuto la possibilità di assistere alle prove di uno spettacolo prima del suo debutto solo grazie a SETTE. A seguito del rientro a Messina della compagnia teatrale QA-QuasiAnonimaProduzioni, noi ragazze dell’Osservatorio Critico abbiamo avuto la possibilità di seguire le prove del nuovo spettacolo della regista e drammaturga Auretta Sterrantino: SETTE. Una volta entrate in una sala del Teatro Vittorio Emanuele, abbiamo preso posto in un angolo. E davanti a un progetto così ampio, ho iniziato a sentirmi tanto piccola. Tuttavia, ho deciso di affidarmi completamente a quest’esperienza che presto ero certa mi avrebbe travolto dentro di sé. Ho chiuso gli occhi e ho fatto un lungo respiro. Subito mi sono sentita immersa nella città di Tebe, di fronte alle sette porte. Così ho riaperto gli occhi: davanti a me Eteocle e Polinice, rispettivamente Giulia e Carlotta Messina. Movimenti decisi ed energici creavano un clima pieno di tensione. Nella mia testa milioni di domande si sovrapponevano, veloci. Il silenzio che mi circondava era solo apparente, perché dentro di me sentivo un enorme frastuono. Come possono due fratelli, due uomini legati dallo stesso sangue, giungere a una morte così crudele? Certo, entrambi hanno motivazioni ben legittime, ma come possono riuscire a trovare soluzione nel conflitto? Dunque ho iniziato a cercare delle risposte che potessero colmare i vuoti che pian piano si stavano creando dentro di me. E stare semplicemente in silenzio a osservare con attenzione la creazione di un progetto nei suoi minimi dettagli mi ha permesso di accorgermi che mi capita spesso di trovarmi di fronte a numerose domande. È come guardarsi allo specchio e iniziare a vedere particolari di sé di cui non ci si era mai accorti prima. Quindi ci si chiede se ci siano sempre stati e soprattutto il perché non siano stati notati fino a quel momento. Così ci si inizia a porre delle domande per cercare di trovare delle risposte.
A me capita spesso di guardarmi allo specchio. Ma di tutte quelle domande che sento risuonare di continuo nella mia mente, forse non ho mai trovato davvero una risposta che potesse soddisfarmi a pieno.
GIORNO 2 – «Loop di interrogativi»
Costantemente in cerca di una risposta, che però non riesco a trovare, decido di rifugiarmi nel mio silenzio, ancora una volta. Quel silenzio che, in realtà, mi parla tanto. E, tornata in sala prove, i miei occhi fanno su e giù veloci, curiosi. Cercano di seguire ogni singolo movimento e di coglierne ogni minimo significato. Movimenti che avviluppano la mia mente, rapidi. La comprimono, la stringono e tutto ad un tratto la lasciano, al culmine del dolore. Ma in quegli stessi movimenti un po’ mi nascondo, come se in qualche modo riuscissi a trovare riparo in quel loop di interrogativi che, gravosi, non mi abbandonano. A quei movimenti mi affido, da loro mi faccio trasportare. E non so di preciso dove andrò, né tanto meno se andrò da qualche parte. Ma a starmi accanto c’è sempre il mio silenzio, che in qualche modo riesce ad ascoltarmi.
Intanto sento qualcosa sfiorarmi: forse pian piano sta nascendo quell’atmosfera, quasi magica, che stavo aspettando. Mi ha toccato appena, come una carezza, poi è svanita. Ma è come se mi avesse avvisato che presto sarebbe tornata. Però non sarò io a cercarla, aspetterò solo che sia lei a presentarsi da me, quando sarà il momento giusto. Per ora mi limito a osservare, senza essere ‘invadente’ e a parlare con me stessa. E più penso, più mi pongo altre domande. Ma ancora le parole nella mia mente si sovrastano a vicenda e non riescono a trovare quell’ordine che tanto cercano, e sperano, di raggiungere.
GIORNO 3 – «Quei sette rintocchi che ‘bussano’ al mio cuore»
Ancora una volta seduta, in silenzio. Lo stesso silenzio che segue l’abbraccio di una persona che sai di non rivedere più. Strano. Mi guardo attorno e osservo come pian piano tutto si costruisce intorno a me. Sento un’atmosfera diversa, sento che quella magia pian piano sta crescendo e penso a come sarà la sala al buio, il giorno dello spettacolo, che ormai è vicino. Intanto mi godo ancora il momento, come quando aspetti una notizia e vuoi viverne in fondo l’attesa. Certo, ancora quelle parole che corrono instancabilmente nella mia testa forse non hanno trovato il loro giusto ordine. Ma starò lì ad aspettare, tutto il tempo che la mia mente ritiene sia necessario. Così chiudo di nuovo gli occhi, per qualche secondo. Sento nello stomaco una strana sensazione, quasi di impazienza, mista a sgomento. Non nego il fatto che a volte mi senta smarrita, ma quell’incertezza, che a volte mi tormenta, forse per insicurezza, viene colmata dalla consapevolezza di star attraversando un percorso di crescita. Quindi non mi abbatto e continuo a essere perseverante, come ho sempre cercato di fare. Dunque riapro gli occhi, risoluta, e di fronte a me vedo ancora Eteocle e Polinice, Giulia e Carlotta. Il mio silenzio è ora interrotto dalle sette campane, quei sette rintocchi che ‘bussano’ al mio cuore, come chiedendomi il permesso per entrare. Forse ancora non ho trovato una risposta ma ho come la sensazione di esserci molto vicina.
GIORNO 4 – «Essersi ‘sporcati’ di piccole macchie d’inchiostro»
Mai avrei pensato che il momento delle prove sarebbe finito così velocemente. È come quando, finita una gara, ripensi a tutti gli ostacoli che hai superato con tanta fatica e non riesci ancora a realizzare che sei già arrivato al traguardo.
Mi trovo ancora seduta, ma questa volta su quelle poltrone rosse che tanto mi mancavano. Le luci di sala sono spente e le mie orecchie sono come immerse in una melodia quasi malinconica. Per l’ultima volta riapro gli occhi e trovo davanti a me i due fratelli. Ora non vedo più Giulia e Carlotta ma solo Eteocle e Polinice che con un semplice sguardo mi portano via con loro. Mi sento trascinata da quelle forti emozioni suscitate da movenze che vanno oltre la semplice parola. Così mi guardo intorno. Sento di essere travolta come in un’altra dimensione, più grande di me. Ed è proprio adesso che mi accorgo che forse non è necessario avere sempre una ‘risposta giusta’. Forse è bene semplicemente lasciarsi trasportare dalle domande, dai dubbi, dalle mille parole che corrono veloci nella mia testa. E va bene così.
Aver visto lo spettacolo, dopo aver avuto la possibilità di assistere alle prove, è stata per me un’emozione nuova. Non significa, infatti, sedersi a teatro e sentirsi carta bianca di fronte a un nuovo progetto. Significa essersi ‘sporcati’ di piccole macchie d’inchiostro che, seppur indefinite, hanno trasmesso un input. Non significa essere del tutto consapevoli di ciò che si andrà a vedere. Significa avere un punto di vista differente. E averne avuto l’opportunità è stata un’occasione di cui sarò sempre grata.
*Foto del debutto alla Sala Laudamo (2023), ph. F. Crisafulli