FORTUNA TRAGICA
UNA CAMERA DELLE MERAVIGLIE TEATRALE E AUTENTICA DEDICATA A EDGAR ALLAN POE
Riflessioni critiche su “Wunderkammer”, spettacolo inaugurale della quarta edizione di “Atto Unico. Scene di Vita. Vite di Scena”: rassegna teatrale autoprodotta a Messina da QA-QuasiAnonimaProduzioni
Vincenza Di Vita
Stupore, fascino e curiosità sono i tre sentimenti che travolgono immediatamente lo spettatore di Wunderkammer. Auretta Sterrantino, regista e autrice del testo drammaturgico che reca l’avvio alla quarta edizione di “Atto Unico. Scene di Vita. Vite di Scena”, lo scorso 4 dicembre, presenta una opera teatrale che non può essere definibile, secondo parametri convenzionali. La tradizione – tradita e tradotta – è però presente nella cura dei movimenti coreografici, nei cori rigorosamente accurati e animati dagli attori in scena, nello sviluppo del dramma, compiuta dedica creativa alla tragedia classica. “Post-punk music hall tragedy” è la definizione più appropriata, che qui chi scrive crede di potere assegnare, per descrivere una così complessa operazione artistica.
Il sottotitolo dello spettacolo è “Suggestioni Poe-tiche”, si tratta di due termini piuttosto illuminanti ed entrambi plurali, così da identificare delle emozioni molteplici, come varie sono e necessitano di essere le impressioni di un pubblico, ci si augura sempre più, consapevole e curioso. Il primo vocabolo è identificabile in sinonimi quali “consiglio”, “ammonimento”, sia che lo si faccia derivare dal latino “suggestio”, sia se il “suggestion” derivi dalla lingua inglese o francese, in cui trascrizione e valore sono i medesimi esistenti. Anche per il nostro italiano corrente “suggestione” è un sostantivo femminile, derivante dall’oratoria, il cui significato primario è quel fenomeno interiore da cui ha origine un convincimento per suggerimento emotivo, non troppo oggettivo e razionale, ma non sempre necessariamente imposto. “Poe-tiche” si riferisce all’autore e maestro a cui è dedicato questo primo spettacolo della rassegna: Edgar Allan Poe.
Ognuno degli spettacoli in programma è infatti un omaggio a una eccellenza, così è stato anche nel caso del secondo lavoro diretto da Roberto Bonaventura e andato in scena lo scorso 18 dicembre, dal titolo Opera corsara, dedicato al maestro, compositore e studioso di tradizioni musicali popolari Orazio Corsaro. Così sarà anche per il terzo appuntamento, programmato per il prossimo 22 gennaio, di e con Antonio Calenda e rivolto direttamente al teatro, dal titolo Tutto il mondo è palcoscenico.
Riprendendo l’abbinamento tra lo scrittore Poe e “Tiche”, inevitabile è una riflessione, non solo e banalmente sulle “poetiche”, ma anche sulla fortuna: la “Tyche” greca, personaggio mitologico. Indubbiamente il pensiero va allo s-fortunato autore statunitense, noto per i suoi elaborati sulla letteratura noir, il giallo e l’orrore, ma anche purtroppo per le vicende della sua vita, finita tristemente, anche in seguito alle dipendenze maturate in età adulta. Una decisiva descrizione è quindi inserita già nelle indicazioni per così dire “onomastiche” di quanto lo spettatore andrà a vedere: una camera delle meraviglie ovvero suggerimenti e ammonimenti sulla fortuna di Edgar Allan Poe. Ora sebbene questo potrebbe implicare un giudizio o preconcetti alla visione, quanto accompagna lo spettatore è invece un inaspettato viaggio di raffinata bellezza, animato da musica, canto, scrittura ed emozioni autentiche. Ed è la stessa Sterrantino a dichiarare che «il primo spettacolo non poteva che portare questo titolo. Apre la porta su tutte le altre stanze ma soprattutto apre la porta sul mondo articolato e controverso di Edgar Allan Poe. Una “wunderkammer” in sé e per sé. Un microcosmo popolato di paure, tensioni, pulsioni, emozioni, inclinazioni, follie, perversioni, un microcosmo che incrocia la vita e la “fortuna” di Edgar Allan Poe con la sua produzione letteraria e poetica e le sue teorie sulla composizione».
Gli attori si caratterizzano per essere avvinti da una dualità non solo speculare, ma anche molteplice, al di là del genere sessuale che li caratterizza, anch’esso in maniera duplice: Oreste De Pasquale/ William, bravo e folle interprete, recita con singolare e autentica profondità, immedesimandosi in un protagonista di non semplice interpretazione; il suo alter ego William Caruso/ Wilson, giovane attore messinese, mostra una bella fisicità e apprezzabile presenza scenica. Claudia Zappia/ Ligeia, esperta attrice dalla vocalità ineccepibile ben si destreggia in coppia con Loredana Bruno/ Ulalume. De Pasquale è monologante nella partecipazione, a cui fanno da cornice erotismo e sensualità, nei quali si collocano le esatte movenze coreografiche e i canti sulle musiche della band in scena.
La Casa delle Candele di Carta (qui l’intervista) è il gruppo musicale che compartecipa allo spettacolo, i suoi elementi sono quattro, numero affatto casuale naturalmente: Vincenzo Quadarella, voce, testi e musica; Filippo La Marca, arrangiamenti, piano e moog; Daniele Testa, viola e violino; Umberto Ferro, chitarre. I brani cantati ed eseguiti dal vivo non costituiscono mai un tappeto sonoro su cui si adagiano le azioni sceniche ma entrano continuamente in dialogo con gli attori, mostrando una sapiente e attenta cura nella direzione generale della intera operazione sia del dramma sia della composizione musicale, parti di una medesima combinazione artistica e contenutistica. Non è quindi un caso che i nomi dei pezzi cantati siano tratti da titoli di opere di Poe, pertanto ispirati dalle loro trame, ma con una interpretazione decisamente contemporanea e orecchiabile, a tal punto che viene voglia di ballare su alcuni e si sta a stento seduti sulle poltrone del teatro Savio di Messina.
Le luci di Stefano Barbagallo e l’allestimento curato da Valeria Mendolia rivelano una interessante indagine introspettiva, l’alternarsi di ombre a buio, raramente lascia spazio a un piazzato, i controluce e le posizioni di attori e musicisti sono consonanti con la disposizione registica nella sua totalità. Tale cura pone la sua attenzione paradigmatica al centro della scena, dove il capro espiatorio Poe è innalzato e sprofondato insieme con gli astanti, continuamente chiamati a interrogarsi su quanto avviene; cullati dalle note e scossi da curiosità e tragedie umane irrisolte e pertanto vive e veritiere e a teatro (finalmente!).
Foto di Stefania MAZZARA