IL POTERE DELLE COSE SEMPLICI

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA SU OGNI BELLISSIMA COSA, CON CARLO DE RUGGIERI
di Giulia Cavallaro

Il 4 novembre, presso l’Enoteca Provinciale S. Placido Calonerò, all’interno della rassegna Nutrimentinperiferia, è andato in scena lo spettacolo Ogni bellissima cosa, scritto da Duncan Macmillan e Jonny Donahoe, tradotto e diretto da Monica Nappo e interpretato da Carlo De Ruggieri.
Il pubblico è disposto attorno alla scena: uno sgabello, sopra una boccia di vetro con dentro dei bigliettini; una cassapanca con su alcuni oggetti – libri, una pianola, un piccolo megafono –, un uomo.
A volte il potere delle cose semplici è il più forte.
Quando si arriva al proprio posto ci si trova già dentro lo spettacolo. Il protagonista si avvicina timidamente agli spettatori man mano che prendono posto e consegna dei bigliettini numerati con su scritte delle parole o delle frasi. Un semplice meccanismo che viene subito spiegato dall’uomo: ognuno dovrà leggere il contenuto del proprio biglietto quando sentirà chiamare il numero corrispondente. Fa subito un esempio: «Uno» dice, e una signora dalle prime file risponde «Gelato»; un gioco semplice che tiene il pubblico sulle spine e fa aprire le orecchie anche ai più sordi, creando una dinamica di attesa simile alla tombola natalizia. E dopo aver conquistato istantaneamente lo spettatore, il protagonista lo fa entrare nella sua storia e nella sua vita, iniziando a scoprire la tenda che nasconde tutto il dolore che si porta dietro.
Quell’elenco di parole – «2 – I gavettoni», «3 – Stare sveglio fino a tardi e poter guardare la Tv», «4 – Il colore giallo» – è stato scritto da un bambino di appena sette anni che si trova faccia a faccia con il tentato suicidio della madre. Lo spettacolo trascina in un turbinio di gioie e dolori, morte e vita.
Il 9 novembre del 1978 un piccolo essere umano nella sala d’aspetto di un ospedale decide di fare la sua parte, trovandosi inerme di fronte a una cosa tanto grande come la morte, che fino a quel momento aveva incontrato soltanto quando era arrivata per il suo cane Narcolessi.
L’interattività dello spettacolo non si ferma al ‘gioco’ dei bigliettini: alcuni ‘prescelti’ dal pubblico diventano le pedine, i personaggi, lo strumento del protagonista, che se ne serve – suggerendo battute e movimenti – diventando un perfetto burattinaio e tenendo sempre le fila del gioco. E non si tratta di un semplice espediente per dare colore allo spettacolo che, considerata la bravura dell’attore, potrebbe andare avanti anche senza l’aiuto del pubblico; si tratta piuttosto di una ulteriore prova dell’interprete, che deve riuscire a leggere il suo pubblico, sempre diverso di volta in volta.
La scelta di rendere il pubblico parte attiva riesce a esorcizzare e alleggerire il tono dello spettacolo anche di fronte a scenari drammatici, che vengono stemperati talvolta da gaffe degli spettatori, talvolta da risate generali per una situazione assurda, pur lasciando l’amaro in bocca. Non a caso la prima ‘marionetta’ direttamente presa dal pubblico è un signore che interpreta il veterinario che – resosi conto che ormai non c’è più nulla da fare se non «l’iniezione letale» sul povero Narcolessi – tenta con il suo ago-penna di operare sul cane-giacca; l’uomo però non riesce subito a distinguere la zampa della povera bestia-giacca, come fa prontamente notare il protagonista. E non appena il pubblico si libera in una timida risata, vengono subito riprese le redini sottolineando la drammaticità del momento, facendolo però diventare quasi comico.
Il protagonista salta avanti e indietro nella sua vita, diventando narratore della sua stessa storia, che si tiene insieme grazie al filo rosso dell’elenco. E come naturalmente succede con l’incedere della vita, le priorità cambiano e anche il tenore delle cose bellissime cambia. Come se fosse un diario segreto, l’elenco riflette perfettamente le fasi della vita dell’uomo, che continua ad arricchirlo; e allora ascoltiamo «1006 – Le sorprese» o ancora «1857 – Organizzare una dichiarazione d’amore» non appena incontra Silvia, la figura cardine del suo nuovo inizio, incontrata tra gli scaffali polverosi della biblioteca universitaria.
E quando il protagonista, un tipo molto chiuso in sé stesso, non sa come esprimere quello che succede attorno a lui, si serve della musica, che nello spettacolo vede alternarsi sonorità jazz e brani che intervengono lì dove la parola viene meno. La musica diventa il tramite con cui riesce a leggere l’umore del padre, con cui la maggior parte della comunicazione è non detta, tenendosi ben lontano dal suo studio quando sente come se «tutti gli strumenti stessero cadendo per terra». Si fa specchio dell’anima dei personaggi anche quando, ad esempio, Silvia incontra per la prima volta i genitori del giovane e ognuno di loro canta una canzone: da Frank Sinatra a Wake me up before you go-go fino anche a Daniel Johnston con la sua Some Things Last A Long Time.
La sua storia viene delineata dai brani musicali e dalle bellissime cose e con queste termina: un uomo seduto su uno sgabello che, come di consueto, dopo aver messo su un vinile, ascolta «il fruscio e lo scricchiolio» della puntina sul disco e si mette a leggere le note di copertina diventa la milionesima «bellissima cosa».
Uno spettacolo che termina nell’oscurità della sala di un’enoteca: sono bastate le ordinarie lampade e una luce arancione sul finale per creare un ambiente raccolto e famigliare; nessun gioco di luci per una pièce che arriva già da sola al cuore del pubblico. Una storia delicata senza troppi orpelli: solo un uomo, uno sgabello, dei bigliettini numerati e il pubblico.

 

OGNI BELLISSIMA COSA
di Duncan Macmillan e Jonny Donahoe
traduzione e regia di Monica Nappo
con Carlo De Ruggieri
produzione Nutrimenti Terrestri

visto all’Enoteca Provinciale San Placido Calonerò
durante NUTRIMENTINPERIFERIA
il 4 novembre 2022