VIAGGIO NELL’ISOLA GALLEGGIANTE #4
DIARIO DI GIORNATE DI PROVA DI RICCARDO III. SUITE D’UN MARIAGE
A CURA DI ANDREA ANSALDO
PH. VALENTINA MESSINA
17 Novembre 2018
Il giorno dopo è dedicato alla prova generale e il lavoro non è ancora terminato.
Senza scendere troppo nei dettagli, c’è da risolvere un nodo cruciale all’interno della sequenza finale. Questo porta alla luce un altro problema nell’ambito dell’allestimento e nell’attuazione di un’opera: l’ambiente teatrale. Quanto un’opera può venir influenzata dal contesto in cui andrà in scena? O ancora, può (o deve) un’opera mutare di senso per far fronte a delle difficoltà pratiche? Non conoscendo le risposte a queste domande mi limito a vedere come la direzione intende procedere. La soluzione finale è più semplice di quanto potessi prevedere, risultando però non meno efficace rispetto a quella vista nelle sessioni di prove precedenti.
Come ho detto, questo è il giorno prima dello spettacolo, l’ultima filata possibile. La concentrazione non può che essere massima, anche perché è prevista la presenza di un membro della stampa. Vengo fatto sedere a ridosso dello spazio scenico a fare da pubblico e, probabilmente, anche per testare le mie attitudini da spettatore.
Prima che inizi lo spettacolo vero e proprio, Michele e Giulia fanno il riscaldamento delle vocali, che a me sembra tanto una specie di canto primitivo, un rito pagano che precede la cerimonia finale.
Una cosa che noto, stando a pochi passi dagli attori, è che il teatro educa lo spettatore ad apprezzare gesti che altrimenti verrebbero sottovalutati, portando la mente a non concentrarsi solo su musica e parole. Questo è, a mio avviso, uno dei principali limiti dello spettatore (e anche dell’autore) odierno, il quale tende a dimenticare l’importanza che può venir attribuita a gesti apparentemente poco rilevanti, abituato com’è al moderno iperdinamismo del linguaggio cinematografico e televisivo, capace di sovrastimolare l’utente di informazioni audiovisive. È come se non si riuscisse più ad apprezzare la silente cifra narrativa e di significato che può nascondersi dietro un movimento.
In ogni caso, basta avvicinarsi allo spazio scenico per assistere a uno spettacolo diverso. Uno spettacolo vivido e fisico, palpabile. La filata inizia e finisce nel silenzio e nella quasi immobilità dei pochi presenti.
Oggi ho visto uno spettacolo diverso dal precedente, e non mi riferisco solo alla brevissima distanza tra me e i due interpreti. Oggi lo spazio scenico aveva dei confini ben più netti rispetto a ieri, come se stessi osservando l’opera dall’esterno di una campana di vetro. Giulia e Michele erano imperturbabilmente calati nei ruoli di Lady Anna e Riccardo III, ben più di quanto mi sarei aspettato. Giulia, però, mi aveva avvertito: «Il vero spettacolo comincia oggi». Col senno di poi è facile darle ragione, dopotutto la prova generale si chiama così per un motivo. Infatti, la sensazione di essere davanti a un diamante grezzo viene sostituita dalla consapevolezza di avere davanti un ulteriore aspetto dell’evoluzione che uno spettacolo deve avere per poter affrontare ogni replica. Alla fine la mole di lavoro e la tensione per il giorno successivo si fa sentire, ma la cosa non mi sorprende dal momento che anche gli attori sono esseri umani, con il loro carico emotivo e la loro fatica. La cosa più bella, però, resta la consapevolezza di tutte le persone in sala che domani lo sforzo sarà massimo, in nome della buona riuscita dello spettacolo.