EREBO

il lungo addio

Regia e Drammaturgia: Auretta Sterrantino
Musiche originali (eseguite dal vivo): Filippo La Marca, Vincenzo Quadarella
Realizzazione scene e costumi e trucco: Valeria Mendolia

con
(in ordine di apparizione)

Anime Morte:
Oreste De Pasquale (Aiace, Atreo, Orfeo, Ulisse del Ritorno)
Giada Vadalà (Tecmessa, Galatea, Deianira, Euridice)
Livio Bisignano (Messaggero, Eteocle, Narciso)
William Caruso (Ade, Ulisse del Viaggio)
Loredana Bruno: Penelope
Giulia De Luca: Persefone

Musicisti: Filippo La Marca, Daniele Testa

Nuovo esperimento di tragedia plasmata su un modello classico, Erebo usa tutte le arti performative per esprimere l’inesauribile ansia di ricerca che è insita nell’uomo e che è profondamente fissata nel mito classico.

Il testo, originale rielaborazione di autori classici e moderni, tutti legati a tematiche mitiche, tende a una linea drammaturgica unitaria. Il punto di partenza è un’immaginifica discesa di Penelope negli oscuri recessi della terra, nel regno di Persefone, ove dimorano le Anime Morte. Esse costituiscono il fulcro dell’azione, e consentono, con il loro continuo mutare passando da un destino a un altro, di attraversare miti molto diversi, ma tuttavia intimamente connessi da una coerenza di fondo che si esplica principalmente nel modo di agire e nella determinazione con la quale ciascuno ha avuto la capacità di scegliere in vita. Il viaggio proposto, un viaggio nel profondo, dunque, non ha come scopo precipuo quello di trovare qualcuno (come accade per Odisseo quando scende negli Inferi), si tratta piuttosto di un viaggio metaforico (Dante docet) alla ricerca di ciò che l’Uomo ha perduto, un viaggio fatto di tappe progressive che conducono da un addio all’altro, fino a giungere all’epilogo finale.

La chiave di lettura si presenta come un interessante continuo ribaltamento del mito. Tale ribaltamento, specchiandosi in sé stesso, fornisce di sé due immagini opposte che tuttavia si integrano, consentendo così non solo uno studio sul doppio, ma anche un’insolita inversione dei topoi letterari classici.
La rottura dello schema dell’attesa, nel suo farsi e disfarsi, mostra come l’uomo sia perennemente condannato alla ricerca di qualcosa; una ricerca ossessiva perché solo di rado riesce a trovare soddisfazione. Essa infatti non tende al sé, ovvero alla sostanza delle cose, ma a “qualcosa di altro” e si esprime, ad esempio, attraverso il viaggio senza meta, l’amore per l’altro che porta alla consunzione di entrambi o, peggio, attraverso la brama di potere.

La figura di Penelope si trova in netta contrapposizione con quella di Persefone. Questa, privata di ogni possibilità di una vita di luci e colori, è chiusa in un grumo di pathos, che lascia esplodere attraverso il proprio corpo e dando voce alle Anime Morte. Penelope e Persefone sono due opposti che si scontrano in una lotta impari. In una notte senza fine durante la quale si schiudono tante storie che confluiscono in un unico ineluttabile finale.

Le musiche originali, eseguite dal vivo, e i brani editi e inediti, riproposti come cori classici, hanno un legame dichiarato con i miti trattati e diventano parte integrante della linea drammaturgica. La musica ha il potere di ricreare sulla scena paesaggi interiori, che aprono all’esterno un mondo arcano e misterioso, quale quello in cui si muove l’intera pièce.