#ATUPERTU: GLI ATTORI DI CAINO

INTERVISTA A LIVIO BISIGNANO

“Caino. Homo Necans” è il nuovo lavoro di QA-QuasiAnonimaProduzioni, scritto e diretto da Auretta Sterrantino, che mi ha scelto per interpretare il personaggio di Abele.
Come in tutti i lavori di Qa, la messinscena è complessa e consta di profonda connessione alle musiche e ai movimenti, studiati e mai lasciati al caso. L’insieme dei riti e la scena, quasi “zen” sembrano suggerire un respiro quasi “orientaleggiante” .
La preparazione dello spettacolo ha richiesto una partecipazione notevole da parte degli attori, anche perché si tratta di un testo a due. La fase di prove a tavolino è durata a lungo, analizzando ogni singola battuta in tutte le sue sfaccettature, per darci la possibilità di cogliere più sfumature possibili, e prepararci al lavoro in piedi con la giusta consapevolezza.

Abele è un personaggio granitico, forse meno complesso e sofferto di quello di Caino, ma un personaggio che gradualmente si apre alle sue paure. Abele non vuole specchiarsi in suo fratello Caino, perché sa che potrebbe vedere molto di sé, cose che non vorrebbe assolutamente guardare. D’altronde lui vive per la Luce e non è fatto per l’Ombra. Abele crede nella sua Fede ciecamente, in modo irremovibile, sembra quasi che non si ponga mai delle domande, potremmo forse definirlo un “bigotto”. Questo aspetto, per me che di certo bigotto non sono, è stato difficile da ricercare e trovare, e ho dovuto scavare nel fondo, anche per trovare un’ arroganza che allo stesso modo non mi appartiene. Ma il lavoro dell’attore consiste proprio in questo, nel ricreare sensazioni ed emozioni anche molto distanti da noi, grazie anche all’aiuto della preziosa guida del regista e del lavoro degli altri attori, in questo caso di Oreste De Pasquale, col quale ho lavorato ormai in molte occasioni.

L’affiatamento col gruppo è palpabile, vantaggio dell’aver collaborato insieme per la creazione di diversi spettacoli, e questo affiatamento porta inevitabilmente a una crescita di tutti i componenti che ne fanno parte, che imparano a conoscere i punti di forza gli uni degli altri, sia a livello artistico che individuale. Purtroppo fare teatro in questa città è sempre più difficile, non solo banalmente per i gravi problemi economici che la affliggono, ma perché manca anche la volontà di mettere da parte rancori e rivalità per potersi spalleggiare vicendevolmente e superare in questo modo la profonda crisi che la attraversa»

INTERVISTA A ORESTE DE PASQUALE

Può sembrare banale, anche perché è una cosa che ripeto praticamente per ogni nuova produzione, ma ad oggi credo che questo sia lo spettacolo più complesso che mi sia capitato di mettere in scena. È banale ma è così, perché così il teatro è ricerca affannosa, e tanto più si va avanti, quanto più complesso si fa scavare e approfondire. Complesso e gratificante. Questo dovrebbe valere sempre, ma vale ancora di più per gli spettacoli di Auretta. Nonostante il testo, a una prima lettura, possa sembrare più semplice di altri, il lavoro di lettura a tavolino e studio è stato più lungo del solito stavolta. Questo a causa della complessità psicologica dei due personaggi, della continua evoluzione e involuzione del loro carattere, dei repentini cambiamenti degli equilibri. Parlando nello specifico del mio Caino, si tratta di un’anima tormentata, sempre in bilico tra l’amore e l’odio nei confronti del fratello Abele e di ciò che ai suoi occhi rappresenta, almeno fino a un certo punto: l’assoluta perfezione alla quale aspirare. Caino vorrebbe essere come il fratello ma in cuor suo sa di non potercisi nemmeno avvicinare, lo imita e lo disprezza, lo accarezza e lo colpisce. Fa le sue offerte a Dio sapendo già che non verranno accettate, tende la mano al cielo e poi la serra a pugno. È un continuo turbinio di emozioni, dolci e violente. Amore e odio, appunto. Qui sta la difficoltà maggiore, affrontare questo tumulto senza soluzione di continuità, mantenendo al tempo stesso coerenza e controllo. Forse tutto questo rispecchia, con le dovute proporzioni ovviamente, la “schizofrenia” del modo di lavorare di Auretta, che se da un lato è molto rigoroso, dall’altro lascia parecchia libertà agli attori, prende spunto da ciò che gli attori propongono per poi adattarlo alla propria visione d’insieme. E in fondo probabilmente è lo specchio del modo di essere di QA, rigore e apertura a tutti gli stimoli esterni. Mi ritengo davvero fortunato ad aver trovato una compagnia come QuasiAnonima, fatta di professionisti di alto livello, dai quali imparare qualcosa ogni giorno, e fatta anche di amici, coi quali condividere un rapporto che va oltre quello strettamente lavorativo. In una città come Messina, in cui il lavoro in questo settore è sempre difficile, una sfida quotidiana contro mille avversità, avere una compagnia del genere alle spalle rappresenta un sostegno senza il quale, quasi certamente, mi sarei trasferito altrove già da tempo. E questa sarebbe stata una dura sconfitta personale.

 

Livio