II EDIZIONE – 2014/15

A distanza di un anno, QA trova la forza di riproporre in città la seconda edizione di Atto Unico. Scene di Vita, Vite di Scena. Ancora dieci spettacoli, 10 debutti di cui 8 prime nazionali, una regionale e il ritorno di un grande drammaturgo messinese, con un testo finora mai rappresentato in città, per un cartellone ancora una volta interamente autoprodotto. Insieme le forze dell’eccellenza messinese ed artisti emergenti del panorama italiano, in un’offerta variegata ma tuttavia coerente e, soprattutto, in linea di continuità con la scorsa edizione. Tornano infatti testi di nuova drammaturgia e omaggi a grandi intellettuali del panorama letterario e teatrale, regie forti, capaci di lasciare il segno, nel bene e nel male. Dieci spettacoli che, partendo dalla riflessione su finzione e realtà e sul senso del disagio emerso con forza dalle pièces della scorsa stagione, si rivelano accomunati ancora una volta da una forte spinta alla ricerca di un senso più profondo dell’esistenza e della realtà. Una ricerca che si configura ora come denuncia, ora come fotografia di spaccati di vita possibili, ora come viaggio verso orizzonti ancora inesplorati che spingono dentro l’io e ancora oltre le colonne d’Ercole. Due gli spazi eletti come sede della rassegna: la Chiesa di S. Maria Alemanna, ricca di suggestioni per la sua particolare bellezza, la sua architettura, i suoi toni caldi e dorati, e l’altrettanto suggestivo teatro Annibale Maria di Francia.

La prima messinscena è necessaria. ASINI TUTTI è uno spettacolo necessario, perché non si può più evitare di fermarci a riflettere ignorando la storia e ignorando il fatto che la nostra partecipazione attiva alla vita associata è determinante rispetto alla qualità della nostra esistenza.

La seconda tappa RATPUS si nutre di un linguaggio originale per mettere in scena la solitudine di una donna improvvisamente sola e povera, posta di fronte a scelte obbligate, difficili, non sempre condivisibili. Un monologo che, in un intenso crescendo, conduce a un imprevisto epilogo finale, un riscatto senza gloria, raccontando le conseguenze della disperazione. Un tema scottante per i nostri tempi bui, in cui sempre più spesso si sentono storie di vita spezzata, distrutta. Storie di povertà. Storie di gesti incommentabili.

Il terzo appuntamento, EREBO. Il lungo addio, è l’evoluzione di un lungo studio sul mito e sul doppio. Un viaggio negli Inferi alla ricerca di ciò che sembra “perduto”. Una rivisitazione del modello classico di tragedia, tra testi di autori antichi e moderni che convivono con brani originali. Tutto chiuso in un percorso coerente che ruota intorno alla rottura dei topoi letterari. Un atto di coraggio per uno spettacolo coraggioso, perché Erebo tenta di declinare, attraverso voci discordanti e mezzi espressivi complementari, tematiche apparentemente distanti dal nostro tempo. Doppiamente coraggioso perché si tratta di una sfida a tutti gli effetti che coinvolge un nutrito cast di artisti, in un periodo in cui le politiche culturali costringono spesso a portare in scena monologhi.

TUTTO T’ORNA è un anfratto lirico in un cartellone di prosa, l’unico spettacolo prettamente musicale, che riflette sulla bellezza in modo quasi filosofico e profondo. Un concerto sì, ma fortemente “di parola”, dal momento che i testi dei brani hanno una grande forza e attorno a essi ruota tutto l’armonia degli archi, del piano e della chitarra. Il concerto di un cantautore di nuova generazione, Fabio Cinti, per il quale hanno scritto Franco Battiato e Pasquale Panella, e che ha collaborato con Morgan e Paolo Benvegnù. Si tratta di una rilettura cameristica di brani scelti dai suoi tre album, arrangiati per pianoforte, quartetto d’archi e chitarra. Un lavoro allo stesso tempo delicato e d’impatto, caratterizzato dalla forza evocativa dei testi e reso più denso dall’interpretazione e la rielaborazione di alcune tra le più belle canzoni e arie di questo secolo.

La quinta pièce, è SIRA  un dialogo duro, dai ritmi incalzanti anche nel silenzio. Un incontro spietato perché dannatamente vero (o comunque “verosimile”). Spietato nella parola, lucida e diretta, affilata come una lama. Ritmica. Senza alcuna paura degli spazi di silenzio, colmi di senso. Un ritratto delle dinamiche sociali e familiari in contesti difficili. Uno studio sull’uomo e le sue reazioni al dolore, alla perdita. Un grande climax ascendente che mette a confronto due mondi, due generazioni, due uomini diversi, distanti. Entrambi contemporaneamente vittima e carnefice. Entrambi di fronte a una scelta difficile dalla quale dipende la vita dell’altro.

La sesta messinscena CONTROLUCE. I suoni dell’ombra nasce per la presentazione di un concept album attraverso uno spettacolo che fonde canzone, musica dal vivo e performance teatrale secondo il format degli ESOSCHELETRI. Sulla scena un cast di oltre 20 persone tra performer e musicisti. Un dialogo tra luci e ombre tutto imperniato sul mito e sul suo ribaltamento. Una tappa particolare per un’esperienza totale, la tappa degli ossimori e delle sinestesie. Uno spettacolo inatteso che diventa un’esperienza sensoriale. Una performance che prevede un coinvolgimento totale appunto, stimolando fortemente alla riflessione in modo inusuale.

Il settimo spettacolo , IL DUBBIO. QUI. INTORNO. è uno studio su Samuel Beckett. In scena i suoi personaggi surreali e il dubbio che tutto ci appartenga, ma che tutto intorno sia vuoto. Una domanda su tutte: “Qui, dove siamo noi, c’è ancora vita?”. È la tappa del dubito ergo sum (?). Definizione di sospesi per uno spettacolo che ci proietta oltre un baratro di verità (?) possibili in grado di scoprire molte criticità, precipitandoci in una dimensione di attesa. E lì sta a noi iniziare la fase successiva: la ricerca attraverso il dubbio.

L’ottava pièce, VOLEVO ESSERE BRAVA, è un obiettivo puntato sulla contemporaneità. Uno spettacolo che ci consente di entrare nella vita di molte donne, denunciando senza remore ma con lucida ironia, una preoccupante deriva dei costumi. Al centro dello spettacolo il desiderio comune a ogni donna: avere un corpo “giusto”, perfetto, armonioso, magro, sempre giovane. Nel mirino, con schiacciante ironia, il corpo delle donne, analizzato alla luce della cultura capitalista ormai globalizzata, fatta di diete, bisturi, botulino, e ritocchi invasivi. Uno spettacolo che non risparmia nessuno, anzi nessuna.

La nona messinscena, LA CITTÀ INVISIBILE. Omaggio a Italo Calvino, si pone di nuovo sulle tracce di uno dei più grandi scrittori del ‘900 proprio a 30 anni dalla sua scomparsa. Il risultato è, sulla scia de Le città invisibili, un viaggio fantastico-allegorico puntellato di personaggi “mitici” incastonati in scenari impossibili. È in un certo senso metafisica. Un connubio fra la genialità di un grande scrittore del nostro ‘900 e la società che ci circonda, per una sintesi che con “leggerezza” è in grado di porci di fronte a situazioni reali di fronte alle quali spesso preferiamo chiudere gli occhi. Tutto senza perdere mai il contatto con i problemi reali e assai concreti del nostro vivere quotidiano.

Chiude la rassegna un ultimo debutto, ADOLPHE. The importance of being… Liberamente tratto dalla pièce francese Le prénom – da cui il noto film Cena tra amici – lo spettacolo si presenta come una commedia amara, un impietoso ritratto dei rapporti tra “affini” (amici e parenti) nella società dei nostri tempi, massacrando in particolare gli intellettuali medio-borghesi. Una riscrittura con forti tratti di originalità rispetto al testo di partenza.

Dieci storie che costringono a guardarsi dentro, imponendo uno sforzo di autocritica e un nuovo modo di confrontarsi con gli altri.

Un percorso che saprà trascinare lo spettatore in mondi altri, nei quali sarà più facile piangere, ridere, sognare.

Anche quest’anno a teatro.

Anche quest’anno ATTO UNICO.

Il Direttore Artistico
Auretta Sterrantino