#ATUPERTU: GLI ATTORI DI OPERA CORSARA

INTERVISTA A MONIA ALFIERI

Lavoro con Roberto da molto tempo, ma sicuramente questo spettacolo rappresenta qualcosa di unico, per l’emozione continua che mi attraversa nel mettere in scena uno spettacolo dedicato ad Orazio. Lui mi ha davvero fatto scoprire la musica, la bellezza e la meraviglia sonora che accompagna la vita. Nessuno meglio di Roberto può tradurre in scena Orazio, il suo pensiero e la sua opera, non solo musicale, e regalarne una piccola parte a chi vorrà condividere con noi questa esperienza.

Il filo conduttore che lega testo, attori , musicisti e tutti noi, che lavoriamo a questo spettacolo, è senza dubbio Orazio…parliamo di lui, della sua musica, del suo essere maestro, amico e compagno di lavoro, in ogni battuta, movimento o nota musicale.

INTERVISTA A GIONNI BONCODDO

Orazio non ha mai amato i ruoli,  le certezze, le fissità – Orazio Corsaro è stato per me, e lo è ancora, la cometa di Halley – cometa dal particolare valore trascendentale.

Far parte di uno spettacolo dedicato alla sua figura vuol dire fare il punto su alcune sue intuizioni letterarie e musicali di alto e assoluto livello culturale – Intuizioni letterarie e musicali che suggeriscono ulteriori percorsi di crescita  culturale.

Nello spettacolo di Roberto Bonaventura non ho un personaggio da interpretare, ho solo da – ESSERE O NON ESSERE – e quindi non so francamente se sia meglio soffrire oltraggi di fortuna, sassi e dardi, o prendere le armi contro queste guai ed opporvisi –Morire? Dormire? Sognare, forse…

Quando circa dieci anni fa mi sono sentito andare giù, Orazio Corsaro, è arrivato, suonando, meravigliosamente, la sua fisarmonica per me – e io ho provato tanto Amore per lui, Orazio Corsaro aveva un’anima dolce, mi ha rivelato i colori quando non ne vedevo nessuno, mi ha dato speranza quando non riuscivo a credere di farcela. Vorrei che arrivasse al pubblico tutto il suo fascino e la sua bellezza.

INTERVISTA A GIANLUCA CESALE

L’incontro con Orazio senza dubbio è stato fondamentale per me, come attore e come uomo. Nella  carriera di un attore cercare buoni insegnanti è fondamentale. Trovare Maestri è fortuna. Non c’è nessun merito, c’è solo fortuna se lungo il tuo cammino incontri un artista come Orazio che decide di fare un pezzo di strada con te. Dal primo giorno di prove con lui ho capito di avere di fronte una forza della natura e, negli anni, credo di aver intuito cosa può aver provato Bruscolotti a giocare con Diego Armando Maradona. Ho cercato di ascoltarlo, di seguirlo, non tanto per scelta cosciente, ma perché non ne potevo fare a meno. Stare con lui in scena mi rassicurava, mi dava forza. Sinceramente sento che le parole non bastano per spiegare cosa significava essere insieme a lui, in scena e fuori dalla scena. Posso forse semplicemente dire che stavamo davvero bene, ci divertivamo sempre. Far parte di uno spettacolo dedicato alla sua figura non è una scelta. È così, e non può essere altrimenti. È solo un altro modo per stare ancora insieme in scena.
Credo che il personaggio all’interno di uno spettacolo non esista. Esiste l’attore. Il personaggio è parole, parole, parole… L’attore è la parola che diventa vita. C’è un espressione interessante nella nostra lingua che forse mi aiuta a spiegare meglio: prendere corpo. Nello studio di un personaggio bisogna fare attenzione al punto in cui l’equilibrio diventa disequilibrio, perdita, perché c’è un punto in cui tu diventi lui… poi però ce n’è un altro, successivo, in cui lui diventa te. Un punto in cui non parli, sei parlato (non capisco cosa voglia dire…). Bene. L’emozione che provo ogni volta che affronto un personaggio conta solo per me. Non deve interessare al pubblico, che non è venuto a teatro a vedere le mie emozioni, ma a provare le proprie. L’attore non recita per sé, non è il fine, è il mezzo. L’attore non esprime. Vive. Giocando. Prendendosi gioco di se stesso. L’attore e il personaggio giocano a fare il parassita l’uno dell’altro durante le prove di uno spettacolo, ma alla fine, a volte anche dopo molte repliche, forse, si fermano. Diventano una cosa sola. La differenza sostanziale tra un attore e un pazzo è che l’attore può essere un pazzo pur restando un attore, ma un pazzo se anche fosse attore resterebbe un pazzo.

È difficile dire cosa vorrei che il pubblico provasse. Se proprio devo esprimere un desiderio mi piacerebbe che avessero paura. Una paura che li svegliasse. Una paura che li facesse ritornare a vivere. Che li facesse tornare a uscire di casa, tra gli altri esseri umani, a riempire le strade, le piazze, i teatri. La paura di essersi persi qualcosa correndo sempre e solo appresso alla carriera, ai soldi, alle “cose”. Mi piacerebbe essere capace di accendere dentro di loro una piccola scintilla; che tornassero a casa cambiati, diversi, pieni di dubbi. Ma so che non è mai facile. Mi piacerebbe trasmettere attraverso il mio lavoro la voglia di vivere. È troppo, e lo so. Eppure ogni volta che avviene sento di aver fatto il mio dovere di artista.