DAI GIULLARI DEL TRECENTO A SEPILLO DA YPSIGRO

INTERVISTA A G. VIGNIERI DELLA COMPAGNIA I TROVATORI PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022  (PROMONTORIO NORD) – MESSINA
a cura di Giulia Cavallaro e Sara C.

In occasione dello spettacolo La Pupara, andato in scena il 12 agosto alla Tenuta Rasocolmo per la rassegna Promontorio Nord, abbiamo avuto modo di porre alcune domande all’attore e drammaturgo Giuseppe Vignieri.

Com’è nata la vostra compagnia?
La compagnia è nata nel 2013 a livello amatoriale, quando ancora eravamo solo un gruppo di ragazzi appassionati di teatro e di attività che coinvolgessero l’attività teatrale, ma si è consolidata con uno spettacolo che ho scritto in quell’anno. Dal 2013 al 2016 ci siamo fermati, ma nel 2016 abbiamo fatto riconoscere l’associazione e questa è diventata effettivamente una compagnia nel momento in cui è nato il progetto teatrale I racconti di Sepillo. Con questa compagnia, formata da circa dieci elementi, siamo partiti dall’idea di poter proporre delle attività che potessero far crescere il nostro territorio, Castelbuono, attraverso attività teatrali che coinvolgessero tutto: non solo spettacoli, ma anche rassegne. Nasce quindi nel 2013 attraverso questa idea, ma al livello giuridico viene riconosciuta solo nel 2016.

Com’è nata l’idea del progetto I racconti di Sepillo di narrare le storie scegliendo proprio la forma del racconto? E come mai per La Pupara avete adottato un tono satirico?
La forma del racconto attinge un po’ alle nostre radici siciliane, in particolare al cunto siciliano (nonostante a livello teatrale e strutturale, del cunto ci sia poco). L’idea de I racconti di Sepillo nasce nel momento in cui io, essendo un attore e un amante delle giullarate e dei giullari, mi sono avvicinato a questa importante figura di cui si conosce molto poco rispetto a quello che ha fatto, e ci sono arrivato tramite Dario Fo: mi è piaciuto tantissimo il suo metodo di narrazione e così è nata la mia curiosità nei confronti di questa figura e di come si sia evoluta nella storia. L’idea è nata proprio dal connubio di questi piccoli elementi: la giullarata, il giullare, il Medioevo e la tipologia teatrale che veniva rappresentata da questi personaggi nelle strade. C’è, però, una grande differenza tra giullare e buffone: molte volte associamo il giullare a colui che stava nelle corti, ma nelle corti c’erano i buffoni; i primi erano gli artisti di strada, gli emarginati che arrivavano nelle piazze con la satira divertendosi e cercando di aprire gli occhi al popolo sottomesso dalle autorità. I racconti di Sepillo nasce proprio con uno spettacolo che nel 2013 diede il via all’associazione I Trovatori: da questo spettacolo, attraverso delle ricerche ho creato Sepillo, ispirandomi alla storia di come è nato il giullare (un racconto di Dario Fo nel Mistero Buffo) e ho inventato questa storia, da cui è nato uno spettacolo che si intitola La luce del potere. Nel 2016 ho conosciuto un ragazzo, Giuseppe Aiosi, che aveva un gruppo di musicisti con i quali venivano messi in scena brani musicali medievali con strumenti medievali. Così è nata l’idea di riprendere il mio personaggio, Sepillo da Ypsigro, e mettere insieme la musica dei menestrelli e il giullare che narra questi spettacoli. La struttura di questa particolare tipologia di spettacoli (una cassa di legno, semplici stoffe e dei costumi) nasce proprio dall’idea che queste figure andavano dal pubblico, arrivavano nelle piazze e coinvolgevano le persone: con una semplice cassa è possibile fare teatro e musica, in modo tale che lo spettacolo, oltre a imporsi sulla scena, si possa imporre anche sullo spettatore, perché quello che facciamo è trattare con leggerezza e comicità temi molto grandi e alle volte fastidiosi, come per La Pupara la lotta alla mafia. Inoltre noi siciliani abbiamo proprio questa prerogativa del voler cuntare storie e leggende, quindi sono partito anche da lì.

Perché avete scelto Ypsigro come ambientazione del vostro ciclo di spettacoli?
‘Ypsigro’ è l’antico nome di Castelbuono. Noi siamo originari di lì, anche se io vivo a Palermo. Solitamente i giullari tendevano ad attribuirsi nomi scurrili e associarli al loro paese di origine: Cielo D’Alcamo, che in realtà è Ciullo D’Alcamo, viene dal verbo ciullare, che in siciliano significa ‘rubare’, ed è stato modificato nella storia per poter essere più appropriato e poter essere studiato nelle scuole. Quando ho creato il mio personaggio, poiché non potevo utilizzare nomi scurrili, ho anagrammato ‘Sepillo’, da cui esce fuori un termine scurrile, e ho aggiunto Ypsigro per Castelbuono, per dare un tocco favolistico dal passato.

Quali elementi del vostro spettacolo riprendono le giullarate del Trecento e quali sono innovativi?
Gli elementi ripresi dal passato sono i costumi, gli strumenti musicali che suoniamo e il minimalismo: abbiamo pochissimo in scena, tendiamo a non usare elementi nuovi o comunque a non contestualizzare gli spettacoli in un periodo definito; sulla scena si vedrà, ad esempio, il legno, difficilmente si troverà una chitarra normale e sarà impossibile trovare un telefonino. Cerchiamo di rimanere minimalisti negli spettacoli anche, ad esempio, utilizzando le stoffe: io con una stoffa cambio personaggio, non è una cosa innovativa, ma potrei utilizzare qualsiasi altra cosa, invece utilizzo solo stoffe.
Di innovativo c’è più che altro il tipo di recitazione e la musica: attraverso gli strumenti cerchiamo di dare delle sonorità medievali tipiche dello strumento in sé, però cerchiamo di renderla contemporanea e orecchiabile. Anche le tematiche sono attuali: solitamente cerchiamo di partire da leggende o racconti – anche immaginari – e attualizzarle tramite tematiche dei giorni nostri.

In cosa consiste il processo di creazione dei vostri spettacoli?
Il primo passo è individuare il testo e l’argomento che vogliamo trattare; successivamente c’è una lunghissima ricerca sui racconti popolari e le leggende per poi attualizzarle, cercando di arrivare agli argomenti che vogliamo trattare. C’è anche una ricerca musicale per le sonorità e la linea musicale che vogliamo dare a tutto lo spettacolo. Infine, per la messa in scena cerchiamo di alleggerire e aggiungere elementi tipici del giullare e del saltimbanco che, parlando in maniera molto pesante, trattavano argomenti importanti a livello sociale e di costume alleggerendo però il tutto con le battute o con il coinvolgimento del pubblico (cosa che anche noi cerchiamo di fare). Ci sono punti in cui dobbiamo lavorare per creare un effetto scenico volto a suscitare una determinata emozione e punti in cui Sepillo deve andare dal pubblico per alleggerire l’atmosfera.

Com’è stato per voi lavorare sulle musiche dello spettacolo? E come avete ragionato sulla scelta degli strumenti musicali da portare in scena?
Non c’è stata una vera e propria scelta perché Giuseppe Aiosi è un chitarrista e maestro di chitarra. Aveva tre strumenti medievali: il liuto, il chitarrino delle Cantigas e il chitarrino di Mendel; su questi ha costruito la musica, aggiungendo degli altri strumenti di supporto che potessero aiutarci nella ritmica e nell’accompagnamento. Abbiamo utilizzato, ad esempio, tamburelli, tammorre e tamburi, che richiamano delle sonorità attuali, ma ricreano anche i suoni di cui era fatto il Medioevo. Inoltre ne La Pupara siamo riusciti a trovare uno xilofono in legno, portando in scena uno strumento antico, che a oggi si trova solo in plastica o con i tasti in ferro, con cui Giuseppe ha creato delle melodie.

Chi è la ‘Pupara’ e chi sono i ‘pupi’ che governa?
La Pupara nello spettacolo nasce come simbolo della mafia: tecnicamente è colei che detiene il potere, di cui fa uno strumento per sottomettere in maniera minacciosa, cruda e dura i pupi, che sono tutti quei soggetti che per debolezza, avidità e sete di potere pensano di potere comandare e sottomettere gli altri. In realtà sono succubi di questa entità che attraverso le sue azioni manovra tutti questi deboli che tentano di sentirsi forti attraverso le armi, la minaccia e la corruzione. Loro si sentono protetti dalla Pupara che, nonostante nello spettacolo sia la mafia, è simbolo di questo tipo di esercizio di potere che ormai è una piaga in tutti i Paesi. I pupi che si lasciano sottomettere forse siamo tutti, anche coloro che accettano queste azioni e questo atteggiamento in silenzio, non interessandosi alla situazione finché non vengono toccati personalmente. Nel momento in cui, però, ci si presenta la Pupara – nel caso specifico il sindaco – e bussa alla porta, si è obbligati a fare una scelta che contiene il modo in cui si reagisce e ci si comporta di fronte a questo sistema.

LA PUPARA
I Trovatori
drammaturgia Giuseppe Vignieri
regia Giuseppe Vignieri
musiche Giuseppe Aiosi
con Giuseppe Aiosi e Giuseppe Vignieri

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL di Messina
Diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena