L’IMPORTANZA DELL’AVER NULLA DA FARE

INTERVISTA A G. LA FAUCI E L. MININNO PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2021
a cura di Andrea Ansaldo e Francisca M.

Al termine dello spettacolo Beckett on Tourette, ultimo appuntamento del Cortile Teatro Festival andato in scena il 20 settembre, abbiamo avuto modo di porre alcune domande a Lucilla Mininno, regista e interprete, e Giovanni La Fauci, interprete e musicista.

 Come è maturata in lei la decisione di occuparsi di drammaturgia?
LM: Ho sempre scritto. Tanti anni fa persi un amico e scrissi un monologo pensando a lui, poi divenne uno spettacolo teatrale. Mi è piaciuto e l’ho fatto. Fa parte di quelle cose che hai nel DNA e che poi l’occasione ti fa tirare fuori.

Che legame c’è tra Beckett e la sindrome di Tourette?
LM: L’ispirazione è nata da un film ambientato in un museo d’arte contemporanea, che tratta di un’intervista continuamente interrotta da una persona con la sindrome di Tourette. La cosa che ci ha fatto associare Beckett e la sindrome di Tourette a questo periodo è l’assurdità del momento; per noi la sindrome di Tourette è un archetipo di questa disfunzione e il legame con Beckett per noi è fortissimo, poiché nel mondo dello spettacolo è considerato l’espressione massima del dilemma contemporaneo della mancanza di risposte.

Da dove nasce la decisione di ambientare lo spettacolo in uno studio televisivo?
LM: È nato tutto quando abbiamo visto la scena dell’intervista. C’è venuta in mente la figura della presentatrice e a seguito di questo c’è stato il periodo di chiusura durante il quale la televisione, gli schermi hanno giocato un ruolo fondamentale.
GL: Il set ripreso diventa la messinscena dell’esistenza quotidiana, tutto mediato da una ripresa che è controllata e il nostro obiettivo era di giocare sul controllo materializzato dall’intervento umano. La sindrome di Tourette è un disturbo neurologico che non permette a chi ne è affetto di controllare degli impulsi. Chi soffre della sindrome autenticamente vuole dire delle cose però se entra nella riflessione di ciò che ha detto perde l’impulso originario ed è lì che noi parliamo con Beckett, perché l’assurdo è il cuore dell’esistenza, anche se noi trasformiamo tutto in un’azione cosciente.

Rifacendoci a una delle domande poste nello spettacolo, cosa è successo dagli anni ’80 ad oggi?
GL: Si sono persi dei pezzi di memoria, una sorta di Alzheimer collettivo. Abbiamo perso frammenti di ricordi, di storia, che è tutto ciò su cui noi fondiamo la nostra esistenza. Se perdiamo il legame con la Storia strappiamo il tessuto che ci ha sempre tenuto insieme. Quello che succede con i media odierni è una dirompente distruzione delle nostre memorie operative, anche quelle a lungo termine, soprattutto quelle a lungo termine. Tant’è che non ricordiamo, non sappiamo nemmeno cos’è la Costituzione, cosa dice, quando invece abbiamo l’obbligo di ascoltarla, di ricordare che c’è stata gente che si è fatta ammazzare pur di raggiungere quell’obbiettivo civile e difendere tutte le possibilità.

I media negli anni ’80 hanno portato alla ribalta tante figure che ormai hanno raggiunto lo status di nuovi miti e, forti della loro riconoscibilità, hanno quasi soppiantato i vecchi. Ne abbiamo in qualche modo giovato di questo rinnovamento, col senno di poi?
GL: Secondo me non è una questione da porre in termini valoriali. Gli anni ’80 sono il seguito dei ’60 e dei ’70, ossia un ventennio in cui le libertà civili si sono portate a casa. Negli anni ’80 abbiamo avuto il collasso di queste lotte, la consapevolezza di aver perso la possibilità. I linguaggi degli anni ’80, performativi, musicali, tornano all’effimero e a una ostentata esibizione. I testi di quegli anni parlano di roba tosta, di drammi esistenziali di chi implode in sé stesso perché non trova il proprio nesso con la collettività, quel nesso fondamentale per creare società. Nasce e si materializza l’individualismo nelle sue forme più estreme, nel fatto di lavorare sul corpo, sulla propria immagine pur di costruire un tema individuale. Ricordate Alberto Camerini? Riproponeva temi, a mio giudizio anche filosofici, con una leggerezza tipica del tempo. Anche lo sviluppo e l’incremento di certe droghe e sostanze psicotrope ti portavano verso il ricongiungimento con uno stato subcosciente in cui l’istinto, l’impulsività, diventava la regola.
LM: Bisogna tornare a un po’ di rigore, secondo noi. Qualunque cosa si facesse prima era comunque fatta bene, adesso non andiamo più a fondo.
GL: Non si perde più tempo, ma invece bisogna perderlo. Bisogna saper aspettare.
LM: Bisogna saper aspettare. Mia madre mi teneva chiusa fino alle 4 e stavo da sola, mi annoiavo. Ma in quella noia sono nate le prime cose scritte. Adesso non ci si annoia più.
GL: Adesso il tempo è saturo. Non hai nulla da fare e guardi il telefono. Bisogna sempre avere qualcosa da fare, ma non è vero. Abbi nulla da fare.

 

BECKETT ON TOURETTE
con Giovanni La Fauci e Lucilla Mininno
e Francesco Zecca nel ruolo sospeso di Tizio E.
regia Lucilla Mininno
scenografia Giovanni La Fauci e Simone Di Blasi
costumi Giovanni La Fauci e Lucilla Mininno
musiche Giovanni La Fauci, Simone Di Blasi, Claudio La Rosa, Giovanni Brancati
records, mix & master Delek Studio
audio Giovanni Brancati e Claudio La Rosa
luci Stefano Barbagallo
trucco Ivana Mirenda
realizzazione costumi Sartoria Santi Macchia
Un ringraziamento per le loro voci e domande a Cristina Cellini, Jonny Costantino, Elettra Giuffrè, Francesco Godina, Fabiana Iacozzilli, Paola Landini, Claudio La Rosa. Un ringraziamento speciale al Professor Roberto Zaccaria e alla Costituzione Italiana.
VRAB pictures
Visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancio

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena