UN MONDO DI PLASTICA E FINZIONE

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022 – MESSINA
di Giulia Cavallaro

«Io ai miei oggetti ci voglio proprio bene».
Calimba Di Luna, giovane e bella donna, accumulatrice compulsiva. È lei la protagonista di Vivere!, lo spettacolo scritto da Anna Piscopo e Lamberto Carrozzi, andato in scena l’8 agosto presso l’Area Iris di Ganzirri per il Cortile Teatro Festival 2022.
La scena si svolge nell’habitat naturale della giovane (interpretata dalla stessa Piscopo): la sua disordinata e caotica casa. L’avevano avvertita più e più volte e ora rischia lo sfratto per le proteste dei condomini; ma Calimba ha una sua via di fuga: si rifugia nelle sue dirette Instagram che, giorno dopo giorno, le hanno fatto conoscere il Papi. La pièce comincia poco prima del loro primo appuntamento, e lei è impaziente: le sue «patate senza glutine e senza lattosio» sono pronte, tutto sembra filare liscio, ma non sa che si porranno numerosi ostacoli prima che possa raggiungere l’ipotetico amore della sua vita− la lettera di sfratto, ad esempio, o la richiesta di partecipare a un programma televisivo sui senza dimora.
La protagonista ci risulta da subito un po’ esuberante: indossa un reggiseno di pizzo rosa, una vestaglia paillettata, una culotte e, per completare il look, un paio di ingombranti tacchi, anch’essi rosa, e dei paraorecchie magenta acceso. Un abbigliamento ridicolo che potrebbe ricordare la vecchia imbellettata pirandelliana che dietro alla maschera vive una realtà tremendamente dolorosa.
Calimba si nasconde dietro al suo fare comico, tra una battuta e l’altra, celando un disagio molto più grande: vive da sola, spende la sua intera vita in solitudine e non ha nessuno a cui affidarsi. Si nasconde dietro ai social per creare un alter ego illusorio, fingendo di avere una vita movimentata e dinamica. Ma la realtà è ben diversa: la giovane non esce mai di casa e vive sepolta tra i suoi oggetti, a cui è morbosamente attaccata.
Andando avanti con il monologo sono chiare anche le cicatrici e le motivazioni di questo enorme disagio: abbandonata dai suoi genitori davanti alla sua scuola elementare, è stata avvicinata da una suora che intendeva insegnarle le «preghiere per adulti». Un’innocente bambina che non potrà più guardare il mondo con gli occhi illusi di quando si è piccoli, a cui non resta che chiudersi in se stessa e utilizzare i suoi oggetti come scudo.
La patina comica di cui si riveste lo spettacolo rivela un lato amaro, soprattutto verso il finale, quando lo spettatore mette insieme i pezzi ormai rotti di una vita distrutta. Si rende conto che la giovane sembra abbia due vite: la maschera che indossa sui social e il vero volto di una donna che è frutto di tutto ciò che ha vissuto. La stessa patina finta riveste la scena: è tutto prevalentemente rosa, dagli oggetti di scena al suo vestiario, fino anche alle luci che oscillano prevalentemente tra i toni rosei e i violacei.
Ma ecco che arriva finalmente il Papi, a bordo del suo carro armato, pronto a portare con sé la ragazza. Si dà il caso che l’uomo sia vedovo di ben tre mogli e si capisce che non abbia proprio dei bei piani per la povera Calimba: dice infatti di volerla portare con sé in un autolavaggio, affinché possa filmarla mentre approfitta di lei. Inizialmente le sue intenzioni non sono chiare alla giovane, che decide di assecondarlo perché troppo impaurita dall’idea di perdere l’unico che potrebbe amarla. È però terrorizzata e si blocca all’idea di dovere lasciare il suo porto sicuro, la sua casa, per raggiungere l’uomo e, per giustificare a se stessa questa paura, si racconta che in realtà il Papi potrebbe essere un mezzo utilizzato dai condomini per farla uscire di casa e poterla finalmente sfrattare. Giustifica la sua incapacità a uscire di casa rifugiandosi in un’idea che si è messa in testa da sola. Sul finale bussano alla sua porta: la polizia, l’ASL, i condomini, tutti le stanno alle calcagna. Nonostante un’apparente apertura verso il Papi, ritorna alla convinzione di potersi fidare solo di se stessa e, dopo avere rifiutato le sue avances, capisce che l’unica via sia dare fuoco a tutto.
Non può fidarsi di nessuno e non c’è più alcuno disposto ad aiutarla, quindi, non essendoci una reale soluzione, decide di levarsi di torno, nascondendosi dietro all’idea di un mondo che non la può capire e convincendosi che il problema stia negli altri; dà fuoco a tutto: ai suoi oggetti, alla sua casa, al condominio intero e persino a se stessa. Lo spettacolo si chiude infatti con la sua veglia funebre, scappata da una vita vuota che non è mai riuscita a guardare in faccia.
Il titolo stesso, Vivere!, risulta una contraddizione rispetto alla reale vita della protagonista: intrappolata tra dirette su Instagram e oggetti, si è scordata come si vive veramente e non è più in grado di farlo. La pièce vede alternarsi momenti comici ad altri in cui la ragazza svela sempre di più cosa si cela sotto le paillettes che ricoprono la sua vita, rivelandone problemi e criticità. L’unica soluzione? Che non resti più nessuno: brucia con lei tutto il suo mondo, fatto di plastica e tanta finzione.

 

VIVERE!
di Piscopo/Carrozzi
con Anna Piscopo
co-produzione Bam Teatro e Nutrimenti Terrestri
in collaborazione con Beat 72

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL di Messina
Diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena