IL GRANDE MECCANISMO

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022 – MESSINA
CRONACHE DAL BACKSTAGE DI LE MILLE BOLLE BLU, DI E CON FILIPPO LUNA
di Andrea Ansaldo, Giulia Cavallaro e Francisca M.

 

Una parola per Le mille bolle blu?
FILIPPO LUNA:
Mi verrebbe da dire ‘emozionante’, ma forse è un aggettivo più immediato. ‘Viscerale’ forse è la definizione più giusta.

Spesso non si pensa a cosa ci sia dietro uno spettacolo. Non è solo creazione della performance in sé, ma della preparazione necessaria affinché quella performance sia portata in scena per il pubblico. Il Cortile è una macchina sempre in movimento anche perché, nonostante il nome, non si svolge unicamente nel suddetto cortile Calapaj-D’Alcontres, ma anche in altri due spazi: l’area Iris e il lido Horcynus Orca. Tre location che vengono occupate alternativamente, che devono essere allestite di volta in volta e nel giro di una giornata. Un gran lavoro.

Com’è per lei tornare al Cortile?
F.L.:
È bello tornare. A Messina lo spettacolo torna per la quarta volta: è stato fatto nella Sala Laudamo nel 2011, poi al Clan degli Attori e al MuMe, sempre per il Cortile Teatro Festival. È bello tornare in un posto perché è una sorta di conferma del rapporto che si è creato e della stima che si è intrecciata con le persone che organizzano, con la città e col suo pubblico.

Noi, per Le mille bolle blu abbiamo potuto seguire l’attore, i tecnici e gli amici del Cortile Teatro Festival da vicino.
Abbiamo visto cosa c’è dietro a uno spettacolo: il trambusto, le prove delle luci, l’adattare il tutto al luogo. Abbiamo anche potuto parlare con Filippo Luna, non solo per intervistarlo, ma anche per scambiare qualche battuta. Nonostante questo spettacolo esista da oltre dieci anni, abbiamo visto Luna ripercorrere alcuni passi del monologo durante il pomeriggio e fare esercizi di memoria.

Tre parole per descrivere l’essere attore di teatro?
F.L.: 
Coraggiosi, temerari e testardi, ma poi ci potrebbero essere tante altre parole.

All’inizio la scena era vuota e si doveva montare la pedana del palco. Poi tutto piano piano ha preso vita: prima la base, poi la sedia da barbiere, la prova dei microfoni. Uno dei momenti più critici è stato appendere la grande foto che si vede in fondo alla scena al lampadario presente sopra il palco. Ecco che, però, quando a teatro c’è qualcosa da risolvere, non contano più i ruoli e tutti si prodigano a trovare una soluzione. Alla fine, infatti, la foto è stata appesa e non è crollata. Partecipare al backstage de Le mille bolle blu ci ha permesso di comprendere ancora di più il lavoro tecnico che c’è dietro a ogni spettacolo. Quello che sembra una grande ruota è in realtà l’insieme di mille piccoli ingranaggi: le luci, che possono essere le amiche più fedeli ma anche quelle più seccanti, i microfoni che sono spesso strumenti capricciosi. Arrivare con anticipo agli spettacoli dà anche l’occasione di notare che ogni sera, per evitare incidenti di percorso, le batterie dei microfoni vengono cambiate, le luci smontate, rimontate, controllate, sistemate e poi finalmente provate. Ogni compagnia e ogni attore vuole colori e intensità diverse, perché un luogo chiuso ai lati e aperto solo sopra, come quello che è il palazzo del Cortile, in un pomeriggio può diventare qualunque cosa e qualunque luogo si desideri. La verità è che il teatro è una macchina, è ingegneria, problem solving. L’arte è fatica, è sudore, e assistere alla macchina in movimento che poi restituisce allo spettatore il prodotto finito è sempre affascinante. Certo, parlare di ingegneria e freddi meccanismi sembra spoetizzante nei confronti di un’arte antica come il teatro, quindi potremmo dire che se il teatro è una macchina è una di quelle che ha raggiunto la singolarità. Una macchina capace di emozionarsi, appassionarsi, esperire e autoconservarsi, con il fine ultimo di esprimersi di fronte all’unico destinatario: il pubblico. Una macchina immortale, o quantomeno estremamente longeva, che vive grazie ai suoi ingranaggi nascosti e ai suoi friutori. Ogni minuscola rotellina fa girare il grande meccanismo, in una continua e inarrestabile collaborazione.
Peccato per le zanzare, che ci hanno ucciso, però abbiamo resistito eroicamente.

Un invito per i giovani che si avvicinano per la prima volta al teatro?
F.L.: 
È un discorso complicato. È chiaro che si potrebbe semplicemente invitare ad andare a teatro, ma è un invito che rischierebbe di cadere nel vuoto. Vi dico invece di pretendere il teatro. Bisognerebbe pretenderlo a scuola e nella vita sociale di tutti i giorni. Il teatro tra l’altro, ai miei tempi, negli anni della scuola era una scusa per marinarla, quindi era difficile apprezzarne il valore. Se però si riesce a incontrare le persone giuste e il teatro giusto che fa scattare la molla, diventa una cosa di cui non si può più fare a meno. L’invito è di provare a scoprirlo senza dare giudizi; nel dubbio, magari, si incastrano la passione e l’amore.