ALCHIMIA TRA DIVERSITÀ

INTERVISTA A S. BOSCO (STALKER TEATRO)  PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022
a cura di Giulia Cavallaro

In occasione del terzo appuntamento del Cortile Teatro Festival 2022 presso il Lido Horcynus Orca, ho avuto modo di intervistare Stefano Bosco, il project manager di Stalker Teatro, che, insieme alla compagnia, ha realizzato Steli, una urban performance interattiva.
Stalker Teatro nasce dall’esperienza negli ospedali psichiatrici e nelle carceri a Torino, per poi espandersi al pubblico di tutto il mondo con l’obiettivo di fare collaborare persone diverse tra loro per realizzare qualcosa insieme.

Come nasce Stalker Teatro?
Nasce con Stalker, un film del 1979 di Andrej Tarkovskij, un regista russo; abbiamo preso ispirazione da lì per dare il via alla nostra esperienza. Stalker nel film è una guida che accompagna le persone in un posto sconosciuto, potenzialmente pericoloso, ma anche potenzialmente magico. Ho cominciato la mia esperienza, ispirato da questo film, nell’ospedale psichiatrico più grande d’Italia, lavorando con gli ospiti e gli operatori dei servizi di salute mentale. Erano gli anni Ottanta, alla vigilia della legge Basaglia, che ha chiuso formalmente i manicomi per trasformarli fortunatamente in luoghi che sono parte del resto della società. In quegli anni abbiamo cominciato a lavorare in una dimensione distopica – che adesso forse è paragonabile al carcere, dove tra l’altro lavoriamo, una dimensione in cui c’è l’Istituzione assoluta che distrugge qualsiasi tipo di relazione e in cui tutto è impersonale e disumano. Stalker parte proprio da là, orientandosi verso la marginalità, la diversità e la difficoltà.

Da dove nasce il vostro desiderio di produrre qualcosa di interattivo con il pubblico fuori dagli ospedali psichiatrici e le carceri?
È assolutamente in continuità. Da subito la nostra era un’operazione ibrida perché nei luoghi delle nostre performance invitavamo i nostri amici e gli abitanti del territorio, quindi sin dall’inizio abbiamo cercato di creare una comunità in cui c’erano persone estremamente diverse. C’era il desiderio di andare a incontrare le persone per costruire una relazione concreta e creativa.

Come nasce Steli?
Steli nasce nel 2014 ed è la nostra ultima creatura. In particolare, nasce da Reaction, un ciclo di lavoro che abbiamo costruito a partire da alcune opere d’arte custodite nella collezione permanente del Castello di Rivoli, il primo Museo d’Arte Contemporanea in Italia. Rivoli è in provincia di Torino e per noi è la culla delle arti visive contemporanee e del nostro background espressivo. Abbiamo avuto l’onore di lavorare con Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio e Mario Merz, che sono maestri dell’arte povera – un movimento nato in Piemonte e in Lombardia che è diventato famoso in tutto il mondo. Noi siamo figli di quell’estetica e Steli nasce dalle opere custodite a Rivoli, da cui per reazione abbiamo costruito delle performance principalmente interattive. Ad esempio, nel caso di Steli, il punto di partenza potrebbero essere alcuni minimalisti – come Donald Judd, che fa delle installazioni coloratissime, strette e lunghe che ricordano i nostri steli. Steli ha avuto particolare successo ed è stata premiata anche all’estero; siamo stati un po’ ovunque, dalla Sud Corea, alla Russia, alla Cina e in giro per il Mediterraneo. Si tratta di un lavoro molto semplice, ma anche molto potente, sia nell’immaginario visivo e musicale che nell’ambito delle relazioni, permettendo la creazione di una comunità al di là delle parole, delle provenienze o di tutti quei codici stringenti che limitano le relazioni.

A proposito delle vostre performance all’estero, ha notato qualcosa di differente nella fruizione del pubblico della vostra opera rispetto all’Italia?
Ogni micro-comunità ha le sue caratteristiche. Questa sera è stato bellissimo perché c’era una folla di ragazzini incontenibili. La differenza non sta nella nazione o nella cultura, ma in ogni comunità, che ha il suo modo di ritrovarsi ed esprimersi reagendo a questa proposta. Le considerazioni in merito alla latitudine dei vari popoli restano in superficie. Di fatto, l’alchimia è sempre legata al particolare momento e alla situazione che si crea. Ad esempio, se ci sono tanti bambini si vede subito perché alla fine l’installazione risulta bassa; stasera, infatti, era un po’ bassa. Se si è in un contesto di addetti ai lavori, invece, si vede sicuramente che, ad esempio, c’è uno stelo blu tra gli arancioni.

Avete parlato anche di ‘luogo’ e ‘abitabilità’ alla fine della performance. Qual è il vostro concetto di luogo?
Quello che cerchiamo di fare è costruire una comunità creativa, in cui le persone, di solito estremamente diverse, si trovano insieme e realizzano qualcosa. Per raggiungere questo obiettivo, i linguaggi preverbali sono quelli più comodi perché ci permettono di abbattere varie barriere di ordine culturale; in particolare, le arti visive, che sono la nostra passione, ci hanno fornito numerose soluzioni. Noi cerchiamo di costruire dei luoghi in cui le persone possano stare insieme in modo creativo e inclusivo utilizzando come mezzo le arti contemporanee. Ci appassiona creare contesti inclusivi attraverso linguaggi innovativi, utilizzando il luogo e la comunità – due parole che comunicano. Un luogo, ad esempio, può essere la periferia; noi lavoriamo spesso ai margini dei centri culturali, ma non solo. I luoghi sono tanti e sono diversi.

 

STELI
concept Gabriele Boccacini
original score Riccardo Ruggeri, Simone Bosco
performers Stefano Bosco, Dario Prazzoli, Sara Ghirlanda, Silvia Sabatino
production Stalker Teatro

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL di Messina
Diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena