IL MECCANISMO MORTALE DELL’APPARENZA

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022 – MESSINA
a cura di Maria Cristina Cannavò e Giulia C.

L’8 agosto per il Cortile Teatro Festival è andato in scena lo spettacolo Vivere! nato dalla nuova collaborazione di Lamberto Carrozzi e Anna Piscopo.
Calimba Di Luna, giovane donna dallo stile di vita stravagante quanto tristemente monotono, vive in un appartamento immersa in una solitudine soffocante ma ai suoi occhi solo apparente. Sono, infatti, i cari e fedeli oggetti di cui si circonda, tenuti alla rinfusa per casa, a tenerle calda compagnia; gli stessi che, insieme a un’igiene del tutto assente, le costano un continuo chiacchiericcio da parte del vicinato, il quale non aspetta altro che il momento propizio per cacciarla dall’appartamento maleodorante in cui vive da anni. Eppure Calimba sembra infischiarsene, dando prova di una non indifferente forza d’animo e di una certa disinvoltura. Questo lo dimostra in particolar modo quando, con sfacciataggine e presunta dignità, tiene quotidianamente le proprie dirette Instagram rispondendo prontamente all’avversione dei followers. La vita della donna non è mai stata semplice: abbandonata dai genitori e allevata da una suora depravata che ha sconvolto la sua innocenza di bambina, Calimba ha trascorso i propri giorni fino all’età adulta in mezzo a delusioni e sofferenze. L’unica salvezza che sembra prospettarsi all’orizzonte è il Papi, un ammiratore conosciuto online. Così finalmente riuscirà ad aprire gli occhi? La paura del nuovo inibisce il salto di qualità che la nostra accumulatrice potrebbe fare, favorendo unicamente l’autodistruzione.
La scena con la quale lo spettacolo si apre rivela molto sul carattere della protagonista e sul contenuto della storia che proprio lei racconterà ‘a tu per tu’ al pubblico: Calimba è al centro della scena mentre fuma una sigaretta, immersa in una luce rosa, ingombrante alla vista; indossa un paio di shorts neri attillati, in contrasto con i suoi capelli biondi spettinati e la giacca di palliettes blu, e un reggiseno sportivo rosa abbinato a eccentriche scarpe con il tacco. Ci viene presentato a tutti gli effetti come un personaggio bizzarro e irriverente. Alle sue spalle una cesta da bucato contenente una caterva di vestiti eleganti che forse non indosserà mai; un cavalletto nero per registrare video destinati a finti followers disposti solo a scriverle offese gratuite e, infine, una poltroncina rosa che non ospiterà mai nessuno se non i suoi sfoghi. Calimba, tuttavia, non è debole, si mostra agli occhi dei followers e dei suoi condomini un’attaccante sicura e spavalda che non soffre o teme nulla, neppure l’insolente indiscrezione di tutti coloro i quali la vedono solo, dal suo punto di vista, come un fenomeno da baraccone. Non bisogna però lasciarsi ingannare da quella sicurezza artificiosa che la protagonista costruisce per mezzo della sua sprezzante e sfrontata comicità, manifestata sin dalle prime battute. Infatti, proprio come dimostrerà in un’intervista immaginaria in un programma tv architettata dalla sua fantasia, Calimba vuol far credere a tutti di essere una ‘vittima eroina’ che per fin troppo tempo è stata lapidata da un sistema duro e ingiusto. Tra pianti e ricordi interrotti, la donna non fa altro che sottolineare assiduamente tutte le conseguenze nocive che gli altri hanno avuto su di lei. Giustificando tutte le sue decisioni, anche quando sono sbagliate e immorali, delinea i contorni di un personaggio corroso dall’autocommiserazione e da un fasullo vittimismo. L’irriverenza, unita al tagliente umorismo del suo racconto, viene accentuata dalle luci in scena: tonalità accese e vivaci di blu, rosa e viola suggeriscono sin dall’inizio l’esuberanza di Calimba e ricreano l’atmosfera perfetta per accogliere le sue scelte estreme e la finzione con la quale la donna troppo a lungo si è protetta e confortata. La musica assordante che ascolta, immersa nella sua vasca da bagno, non è altro che l’ennesima prova della sua finzione: serve, infatti, a colmare il vuoto della solitudine silenziosa che la circonda. Le lacrime di mascara che al termine dello spettacolo le rigano il volto non la salveranno dalla trappola illusoria ricoperta di rosa, tulle e paliettes da lei stessa architettata a dovere e da lei stessa distrutta in una nube di fumo. Per lei rimarranno sempre e solo gli altri il problema di quella desolante condizione.
La parabola biografica che la finzione offre al pubblico rende ben chiara la condizione di Calimba: questa si trova scissa in due e in continua contraddizione tra ciò che dovrebbe essere per divenire membro benaccetto del condominio e della società (ad esempio avere un fidanzato che la passi a prendere in macchina per uscire, scegliere l’abito perfetto per un appuntamento galante oppure semplicemente avere un lavoro) e ciò che fattivamente sceglie di essere. Risulta evidente lo scarto abissale tra realtà e finzione che raggiunge il suo culmine durante il giorno dello sfratto: la donna mette in scena il proprio funerale, tanto patetico nella misura in cui incenerisce sé stessa e gli oggetti che aveva sempre preferito alle persone per la loro remissività e compagnia. È questa la scelta di Calimba. L’atto estremo di mettersi da parte e di sedersi tristemente su quella cesta ormai svuotata dell’unica speranza che aveva, uscire con il Papi, non vogliono essere un indietreggiamento da donna sconfitta, inadeguata rispetto a un mondo che non l’aveva compresa, bensì un’audace e dissacrante attestazione di coerenza e irreprensibilità.

VIVERE!
di Piscopo/Carrozzi
con Anna Piscopo
co-produzione Bam Teatro e Nutrimenti Terrestri
in collaborazione con Beat 72

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL di Messina
Diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho

Ph. Giuseppe Contarini –  Fotoinscena