FRUTTA MARCIA

L’OSSERVATORIO CRITICO DI QA PER IL CORTILE TEATRO FESTIVAL 2022 MESSINA
di Giulia Cavallaro e Francisca M.

Solo un tavolo con sopra tre sedie capovolte e un’altra, in fondo.
Una famiglia: padre, madre e figlio; tanti segreti, tanti sotterfugi.
Il giovane su una sedia, due dita a mo’ di pistola, una madre straziata che urla e lo ferma e il suo corpo a terra, ancora vivo.
Così si apre Semper Fidelis, uno spettacolo scritto e diretto da Saverio Tavano che, dopo essere stato posticipato due volte per il meteo avverso, è riuscito finalmente ad andare in scena il 5 settembre nello spazio dell’Area Iris per il Cortile Teatro Festival 2022.
Una famiglia apparentemente normale la cui quotidianità viene completamente stravolta dal gesto estremo del figlio che, per fortuna o sfortuna, non ottiene il risultato sperato. È un frutto marcio, di cui ormai non si può più prendere niente. Ci è chiaro quando il padre, Vincenzo Tripodo, seduto a tavola con la moglie a cenare, paragona la diversa natura umana con la frutta: qualcuno è un cachi, qualcun altro un kiwi, ma il vero problema si pone quando questi cominciano a marcire. Se c’è più buono che marcio si butta tutto il frutto? Ovviamente no, si mangia per quel che si può. E se il frutto è più marcio che buono? Non si fa nulla, si butta per non rischiare di intossicarsi. Un discorso che sembra parlare della natura bacata di un figlio che non rispecchia i canoni prefissati o di una moglie, interpretata da Margherita Smedile, che si limita a essere un cachi.
Un figlio mimo, «mimmo», con la faccia ricoperta di bianco, che pare essere l’unico a non volere mentire, nonostante la finzione faccia parte del suo mestiere. La tavola, infatti, completamente vuota, viene riempita da pietanze immaginarie, piatti immaginari, un cellulare che non esiste, e la famiglia mangia bocconi inesistenti. La madre frena il giovane, che utilizza come pretesto per il suo tentato suicidio il tradimento della fidanzata. Una ragazza che a quanto pare amava la violenza, che in scena sfocia in un utilizzo un po’ brusco e imbarazzante del tavolo da pranzo: il figlio, interpretato da Francesco Gallelli, lasciando immaginare che il mobile sia la ragazza, inscena un rude atto sessuale.
Tutto ciò nasconde una realtà ben più oscura: il capofamiglia, parte delle forze armate, inizia a ricevere delle telefonate dal suo colonnello, che gli chiede dove fosse il 14 febbraio di qualche anno prima. L’uomo era dove non doveva essere, a torturare un ragazzo che per errore era finito tra le sue grinfie; si credeva avesse ucciso il fratello di un suo collega, ma in realtà era avvenuto uno scambio di persona. Veniamo a conoscenza della tortura tramite il figlio che, rimasto in mutande, comincia a mimare il ragazzo che, cercando inutilmente di sottrarsi alla violenza, si dimena e che, una volta morto, verrà buttato in mare dai due criminali.
La rabbia del figlio nei confronti del padre fa ipotizzare che fosse quello il motivo del tentato suicidio, un segno per volersi distaccare da una realtà che non gli apparteneva, che lo disgustava. Nel frattempo, la moglie si limita a essere mero strumento: è lei a far squillare il telefono ed è lei a orientare un proiettore alternatamente sul giovane e sul padre durante lo scontro tra i due. Del resto, che spessore potrebbe avere una donna-cachi? Nonostante ciò, però, sembra tentare a tutti i costi di tenere insieme la famiglia, insabbiando i sotterfugi del marito e tentando di proteggere il figlio, alzando a tratti la voce come a voler mostrare un carattere forte che però non sembra appartenerle.
Rimane poco da fare, la verità è venuta a galla. Ecco che il padre esce di scena, dopo avere detto «nei secoli fedele», motto delle forze armate, e inaspettatamente sentiamo da dietro le quinte uno sparo.
Il figlio, che tanto voleva distaccarsi da una figura paterna in cui non si rispecchiava, si toglie il cerone dalla faccia, strofinandola con la maglietta, e sembra diventare esattamente come il padre.
La pièce di Tavano si chiude, però, con la speranza che il futuro per la madre e il figlio possa essere migliore, venuta meno la figura paterna, presenza pesante nella vita della famiglia.
I temi affrontati da Semper Fidelis sono temi discussi continuamente, provocatori, ma una volta accostati risultano confusionari e il discorso fatto dalla famiglia appare slegato.
Una cosa, però, ci è chiara: chi nasce kiwi non può morire patata o mela o carota.

 

SEMPER FIDELIS
Saverio Tavano

con Margherita Smedile, Vincenzo Tripodo, Francesco Gallelli
testo e regia Saverio Tavano
assistenti Francesco Gallelli, Luca Napoli, Francesco Palmiero
responsabile di produzione Luca Michienzi
produzione Compagnia Teatro del Carro
co-finanziato da Regione Calabria e MIC

visto al CORTILE TEATRO FESTIVAL di Messina
diretto da Roberto Zorn Bonaventura
Castello di Sancho