PER TRE ORE, ‘PURO OCCHIO DEL MONDO’ #2

RITENTARE
#MINIMAMENTEBLU: RIFLESSIONI SULLE PROVE A CURA DELL’OSSERVATORIO CRITICO

di Maria Cristina Cannavò

Stavo.
Stavo in attesa.
Stavo in attesa di qualcosa.
Di qualcosa che volevo diventasse anche mio.
Così mi disposi ad affrontare un’esperienza del tutto inedita per me: entrare in una sala prove e assistere tacitamente a un frammento d’arte nel suo farsi. Nel suo dispiegarsi ad occhi poco esperti, indegni, come i miei. Poco esperti ma desiderosi di abbracciare un misterioso disegno. Mai avrei pensato che una sala prove potesse essere fruibile da me, per cui la prima sensazione che ho avuto è stata quella di una profonda inadeguatezza, mista a una profonda gratitudine per ciò che stavo per ricevere. Ma percepivo anche un senso di impotenza: sapevo di non riuscire in alcun modo a contraccambiare.
Così mi presentai, a mani vuote, anzi con la sola mia nudità, bianca, su cui almeno poter scrivere, col nero dei miei pensieri, delle mie suggestioni.
In bianco e nero vedevo l’ambiente nel quale mi ero introdotta, sentendomi piccola piccola: nere le pareti, il soffitto, i pochi oggetti che occupavano lo spazio, il pavimento. Persino il perimetro a T simulante la piattaforma su cui Sibilla avrebbe volteggiato leggiadra, eterea, il giorno dello spettacolo. Candidi i volti che scorgevo, specchi rilucenti di anime vive e vivificanti. Un binomio fatto di autentica complementarità, su un sostrato melodico a un tempo soave e scuotente, una sinfonia e una cavalcata wagneriana.
Ero in attesa che la sintesi si concretizzasse davanti ai miei occhi sull’ara celebrativa. Non volevo pertanto vagare con la testa, per non perdermi alcun messaggio – magari anche criptato – che avrei di certo dovuto decodificare per renderlo mio. Ma il processo si è presentato più ostico del previsto, quanto fugace. Sillabe armoniche sugli armonici gesti di Sibilla parevano voler essere sfuggevoli ai miei occhi, inafferrabili, ma soprattutto non cristallizzabili in una visione unitaria e univoca. Ecco ciò che mi impediva di assaporare appieno il momento: la volontà di ricondurre tutto a quell’uno di quasi plotiniana memoria, aggirando la fisiologica e precedente fase della sua emanazione. Una propagazione sempre nuova e insolita, non liquidabile semplicisticamente.
Fare un passo indietro era ciò che faceva al mio caso in quel preciso istante. Per cui ho deciso di fare silenzio nel mio intimo, liberando i sensi, epurandoli da ciò che di materiale, di esperienziale, potesse risultare nocivo.
Sgombrare.
Fare tabula rasa.
Stagliarsi in una dimensione panica.

 

MINIMA MENTE BLU
Accordi sintetici per una nudità d’essenza
II studio su V. Kandinskij e A. Schönberg
I capitolo della Trilogia sull’Arte
con Giulia Messina
regia e drammaturgia Auretta Sterrantino
musiche e progetto audio Vincenzo Quadarella
disegno luci Stefano Barbagallo
assistente alla regia Elena Zeta
ufficio stampa e comunicazione Marta Cutugno
produzione QA-QuasiAnonimaProduzioni / Nutrimenti Terrestri

Ph. Giuseppe Contarini – Fotoinscena