VIAGGIO NELL’ISOLA GALLEGGIANTE #5

DIARIO DI GIORNATE DI PROVA DI RICCARDO III. SUITE D’UN MARIAGE 
A CURA DI ANDREA ANSALDO
PH. VALENTINA MESSINA

18 Novembre 2018

Una giornata piovosa e fredda si abbatte sulla chiesa di S. Maria Alemmana il giorno dello spettacolo.
Arrivo nella tarda mattinata, in pieno fermento per far sì che tutto vada bene. Conoscendo ormai Riccardo III. Suite d’un mariage non riesco a trovare una location migliore per portarlo in scena. La chiesa è a tre navate, divise da robusti colonnati culminanti in degli splendidi capitelli tuscanici. Gli archi a sesto acuto conferiscono ancor più slancio alla struttura già alta di suo, ma che al contempo sembra pesante e immutabile grazie alla spessa muratura in pietra. Un ambiente solenne e decadente, pienamente capace di richiamare suggestioni d’antichità. Le precedenti repliche a cui ho assistito (in video) avvenivano una a Capo Rasocolmo, davanti a uno splendido strapiombo sul mare, l’altra sulla scalinata che conduce al portale neoclassico della chiesa del Carmelo a Delia (CL). Entrambe splendide location che grazie alla luce mutevole vestivano di nuovi sensi la performance en plein air degli attori. Stare in questa chiesa, invece, è come essere avvolti da un pesante manto di pietra e legno, che esclude qualunque fattore esterno.
Come ho detto, un ambiente solenne e decadente, ma anche freddo e impassibile.

Oggi ci sono tutti, comprese persone non nominate in precedenza. Come Elena Zeta, elemento della compagnia che si presta generosamente a dare una mano in ogni circostanza; Giuseppe Contarini, il fotografo di scena, e Valentina Messina, un’altra tirocinante anch’essa fotografa proveniente da un’Accademia di Belle Arti.

Vengo affiancato prima a Valeria Mendolia, per aiutarla a creare ordine sulla piantina dei posti, poi a Elena, in biglietteria.
Scopro che una delle spettatrici di stasera è la mia ex docente di storia dell’arte del liceo. Se dovessi evocare un’immagine per descrivere il piacere che ho provato a questa notizia sarebbe quella dell’emoji sorridente con due cuori a sostituzione degli occhi. Inoltre tra gli spettatori c’è un’altra mia vecchia conoscenza, il prof. Campione, mio docente, sempre di storia dell’arte, all’università, con il quale ho sostenuto uno dei miei migliori esami. Senza divagare ulteriormente, posso dire che la giornata si è svolta in modo un po’ frenetico. Tutti avevano le loro mansioni, e tutti le eseguivano diligentemente, in nome della buona riuscita dello spettacolo.

Quando la gente inizia ad arrivare è il momento di indossare il proprio sorriso migliore e ostentare sicurezza come se si fosse dei veterani dell’accoglienza in sala. Onestamente, è stato un compito che mi ha fatto sentire a mio agio, credibile com’ero grazie al completo nero e la spilletta di QA in bella vista sul colletto della camicia. A un certo punto, vengono chiuse le porte e le luci si abbassano. Mi accomodo anch’io in uno dei pochi posti rimasti liberi. Lo spettacolo inizia con il rintocco di una campana. Al termine, solo un lungo applauso.

Mi è stato impossibile guardare Riccardo III. Suite d’un mariage con il distacco che provavo a mantenere durante le prove, non solo per lo spettacolo in sé, ma anche per la splendida cornice di location e pubblico. Mi sono anche divertito a guardare le facce degli spettatori. Non conoscendo specificatamente le loro emozioni, che comunque posso immaginare, vi era un comune denominatore condiviso da chiunque fosse in sala: la massima e completa educazione nei confronti del lavoro altrui. Non ricordo nessuno intento a guardare notifiche sullo smartphone, non ricordo nemmeno che qualcuno si sia alzato o abbia parlato. Oggi la campana di vetro di cui ho parlato ieri si è allargata per includere chiunque fosse in sala. Eravamo tutti dentro lo spettacolo, educatamente e dignitosamente.
Divento ancor più consapevole (come se non fosse già ovvio) che guardare un’opera teatrale NON è come andare al cinema. Il teatro ti obbliga al silenzio, ti lascia quasi intimorito, perché sai che davanti a te delle persone in carne e ossa stanno lavorando al meglio delle loro capacità. Al contrario, raramente mi sono trovato a poter guardare un film al cinema senza aver attorno elementi di disturbo, per non parlare degli scenari da incubo che si creano durante le proiezioni di film nelle scuole. Chiaramente queste considerazioni sono figlie di una generalizzazione, ma sussiste il fatto che raramente ho usufruito di un’opera d’arte insieme a così tanti spettatori consapevoli ed educati a “osservare”. Quelle rare volte che è capitato al cinema ero uno dei pochissimi spettatori in sala. Meglio ancora quando sono stato completamente solo. Personalmente, andare al cinema mi porta a sperare di assistere a una sorta di proiezione “privata”, un incontro a due tra me e il film, cosicché io possa applaudire, se il film è meritevole, senza apparire come un imbecille che batte le mani davanti a uno schermo. Purtroppo, al cinema non si applaude mai davanti a un bel film. Invece assistere a Riccardo III. Suite d’un mariage insieme a questo pubblico è stato un piacere, non solo per la loro completa immersione nel contesto, ma anche per la loro (e anche mia) consapevolezza di essere spettatori mossi da qualcosa in più che semplice voglia d’intrattenimento.

 

*N. B.= Le foto della Chiesa di S. Maria Alemanna sono state scattate da un telefono a fini di documentazione e non fanno parte del lavoro artistico di Valentina Messina.