LA WUNDERKAMMER DI QA CONQUISTA IL SUO PUBBLICO

UN FARO ACCESO SU POE CHE DIVENTA UN FARO ACCESO IN OGNUNO DI NOI GRAZIE AGLI OTTO ARTISTI IN SCENA

Domenica scorsa QA-QuasiAnonimaProduzioni ha aperto la IV stagione di “Atto Unico. Scene di Vita, Vite di scena” con “Wunderkammer. Suggestioni Poe-tiche”, spettacolo in prima assoluta, scritto e diretto da Auretta Sterrantino.

Il sipario si è spalancato su buio e silenzio svelando una scena ampia ed essenziale, sviluppata su due piani freddi di grigio e argento. Una sorta di cimitero di lapidi chiuso in un frondoso bosco in una fredda notte d’autunno che le luci con le loro atmosfere hanno saputo ricreare.
Otto figure sulla scena che sin dall’inizio aprono tanti punti di domanda. Uno di loro bevendo, guadagna il proscenio e apre  lo spettacolo con “La canzone delle cose morte” di Petrolini. Un Poe rivissuto attraverso la sua vita, i suoi racconti e il rapporto immaginato che tra essi può stabilirsi. Un ipotetico Poe bloccato nell’ultima notte della sua vita, mentre vaga indossando abiti non suoi, ritrovandosi nello stesso bosco in cui ha seppellito Ulalume, in quella stessa notte di ottobre, “la notte immemorabile delle immemorabili notti”. Un Poe spezzato, frantumato tra William e Wilson (dal personaggio dell’omonimo racconto “William Wilson”) che rappresentano due dei suoi molteplici aspetti: quello dedito alla perversione, che ha accettato la sua primaria inclinazione, e quello che invece la affoga nell’alcool, continuando a vagheggiare la sua ricerca poetica e soffrendo per le critiche che gli vengono opposte. Insieme a William e Wilson ci sono due figure femminili: Ulalume, amante perduta cui Poe ha dedicato un lungo componimento in versi, e Ligeia, protagonista dell’omonimo racconto, moglie persa prematuramente. Un incontro scontro tra vita, passato, presente, poetica e creazione che svela ossessioni e pulsioni profonde mostrando con quale facilità si possa in fondo essere vittime di se stessi senza riuscire a comprenderlo fino alla fine.

In scena i personaggi si muovono ora come coro ora come individui, recitando un testo dal chiaro impianto poetico, alla ricerca di quella musicalità del verso tanto cara a Poe. Una ricerca di suono che viene completata dalla presenza della band La Casa delle Candele di Carta, che ha accompagnato l’intero spettacolo senza soluzione di continuità, lavorando su sonorità particolari, in grado di dilatare tempi e spazi e serrare nelle ossessioni e nelle paure tanto care a Poe. La band -composta da Vincenzo Quadarella (voce), Filippo La Marca (pianoforte e synth), Daniele Testa (viola e violino) e Umberto Ferro (chitarra) – è diventata con il suo cantante la terza faccia di Poe, quella che ha spalancato le porte alla percezione e si è lasciata andare a ogni sentire. Così ognuno dei nove brani, che faranno parte di un concept di prossima uscita, eseguiti durante lo spettacolo ha richiamato altrettanti racconti inghiottendo in essi William e le sue allucinazioni: “Una discesa nel Maëlstrom”, “Eleonore”, “Ligeia”, “L’uomo della folla”, “La maschera della morte rossa”, “Il pozzo e il pendolo”, “Il crollo della casa degli Usher”, “Il cuore rivelatore” e l’inedito “Il guardiano del Faro”.

In scena Oreste De Pasquale nei panni di William ha dato vita a un personaggio complesso e allucinato, alterato nei sensi ma assolutamente presente a se stesso, fermo sull’orizzonte degli eventi, la Ligeia di Claudia Zappia, severa e profetica, ha lasciato spazio anche alla fragilità di una donna innamorata e delusa, Ulalume di Loredana Bruno ha mostrato l’amore maturo, quello che ama l’essenza del proprio compagno e non teme di esprimere la propria carica erotica, Wilson di William Caruso, ha tirato fuori il lato spietato dell’uomo e poi all’improvviso la sua fragilità nel comprendere di non essere in grado di decidere per sé.

Insieme alla ricerca su parola, verso, musica e musicalità, lo spettacolo si colloca in linea di continuità sulla ricerca del movimento nei lavori di Auretta Sterrantino. Movimento e azioni sceniche utilizzati come ulteriore linguaggio, in un teatro che tenta di sfruttare ogni elemento come portatore di senso, sempre, e mai come accessorio.

L’allestimento è stato curato da Valeria Mendolia, il disegno luci è stato realizzato da Stefano Barbagallo, assistente alla regia Elena Zeta. Costumi e elementi di scena sono stati messi a disposizione dal Teatro Vittorio Emanuele, che quest’anno patrocina l’intera rassegna.

Prossimo appuntamento domenica 18 dicembre alle 18 con Opera Corsara, regia di Roberto Bonaventura, omaggio al Maestro Orazio Corsaro.